Francia – A Bordeaux, la capitale mondiale del vino

Francia – Dove nascono i migliori vini rossi al mondo

Questo itinerario non presenta nessuna punta eclatante, ma si compone di una serie di perle che inanellate una dopo l’altra in un filo conduttore permettono di assemblare una collana davvero piacevole costituita da natura, cultura ed enogastronomia.

La Francia, come anche l’Italia e la Spagna, rappresenta una meta vicina, ricca di spunti e di scoperte. Rimango sempre più affascinato dall’atmosfera che si percepisce nelle cittadine francesi e dalla pace che ispirano i vasti panorami di campagna. L’itinerario che sto per descrivere non presenta nessuna punta eclatante o particolarmente spettacolare, ma si compone di una serie di perle che infilate una dopo l’altra in un filo conduttore coerente permettono di assemblare una collana davvero piacevole, costituita da natura, cultura ed enogastronomia. La meta del viaggio è la regione di Bordeaux con la sua straordinaria tradizione enologica. Il nostro intento non era però quello di girare per cantine, bensì alla scoperta di un territorio che dà origine ai migliori vini al mondo. Anche lungo la strada di andata e ritorno dal Ticino, grazie alla guida sicura della Michelin Verde, abbiamo scoperto alcune chicche.

Borghi medievali lungo il tragitto
Ed iniziamo allora da una di queste scoperte: Le Puy-en-Velay, a circa sei ore d’auto dal Ticino. Situata nel fertile bacino bagnato dalla Loira, la città è famosa per i suoi picchi di origine vulcanica (i puys) che sorgono dalla pianura e dai quali si godono splendidi panorami. Il sobrio centro storico, caratterizzato da austeri edifici in granito e lava, è dominato dalla splendida cattedrale romanica (XI e XII secolo) di influenza araba. Costituiva una tappa, come altri edifici religiosi che incontreremo successivamente, sul cammino dei fedeli in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela. Sin dal XVII secolo Le Puy-en-Velay è nota anche per i suoi pizzi al tombolo. In campo gastronomico sono rinomate le sue lenticchie, che si possono gustare nel ristorante con alloggio di Francois Gagnaire, cuoco stellato Michelin.
Prima di raggiungere il Bordolese zigzaghiamo tra l’Auvergne e il Périgord alla scoperta di due altri borghi medievali: Conques e Rocamadour. Oltre tre ore di automobile su strade secondarie ci separano dalla prima meta, situata in una valle sperduta. Tanto che ci chiediamo se valesse davvero la pena di allungare il percorso. Un dubbio che scompare immediatamente quando ci troviamo davanti uno splendido borgo con i suoi edifici dorati dai raggi del sole. Qui il tempo sembra essersi fermato e si può immaginare lo stupore dei pellegrini in cammino per Santiago di fronte a questa piccola perla costruita a forma di conchiglia (da qui il nome). Forse per la sua posizione discosta il villaggio è poco compromesso dal turismo, sebbene la sua chiesa dell’XI secolo offra uno splendido portale romanico e un tesoro di oreficeria religiosa tra i più importanti di Francia.
In posizione spettacolare, situato sulle falesie della gola scavata dal piccolo fiume Alzou, sorge il borgo di Rocamadour, dominato dal suo castello, che si erge a 125 metri dal fondovalle e con il quale è collegato da un ascensore. A metà montagna, tra l’abitato e il castello, sorge la città religiosa del XII secolo, importante meta di pellegrinaggio nel passato. Lungo il fiume si allinea invece una pittoresca confusione di vecchie case, vie a gradini, torri, piccole piazze a terrazza, chiese e cappelle. Data la sua posizione vicina all’autostrada che collega Parigi a Toulouse e avendo fatto molte concessioni al turismo Rocamadour non ha la magia di Conques. Non si lasci il villaggio prima di aver assaggiato il torrone locale (nougat): una vera leccornia!

Da Sauternes verso Bordeaux
In serata – siamo al secondo giorno di viaggio – giungiamo a Sauternes. Poche case, strette attorno a una chiesetta, sorgono all’interno di un’enorme estensione di vigneti. Il villaggio che dà il suo nome al vino bianco più famoso al mondo: Château d’Yquem Sauternes. Solo le cantine di una zona molto ristretta hanno però diritto a stampare sull’etichetta la prestigiosa denominazione.
In autunno in questa vallata, attraversata dal fiume Ciron (affluente della Garonne), quando la temperatura cala si formano le prime nebbie e l’umidità si posa sui grappoli. Nel corso della giornata, quando l’aria si riscalda, dalle bucce umide dell’uva spunta un fungo chiamato Botrytis cinerea, che ha la proprietà di togliere l’acqua dagli acini e di incrementarne così il contenuto di fruttosio e di glicerina, facendo raggrinzire e marcire i grappoli. È a questo punto che si vinifica. Secondo una leggenda il marchese Romain-Bertrand de Lur-Saluces scoprì questo fenomeno quando, a causa di un contrattempo, fu costretto a prolungare un viaggio in Russia. Tornato al Château d’Yquem provò ugualmente a vinificare e … nacque il Sauternes.
Non più di 50 chilometri di territorio completamente vignato lungo il fiume Garonne ci separano da Bordeuax. Ma in queste zone (Première Côte de Bordeaux e Entre Deux Mer) non si producono i grandi vini della regione. Le percorriamo zigzagando per la campagna alla scoperta di testimonianze del passato: pittoreschi villaggi, sontuosi castelli, chiesette romaniche e monasteri immersi nei vigneti. La prima tappa è il borgo medievale di Saint-Macaire, un villaggio da cartolina ma molto vissuto e non ancora trasformato in museo all’aperto. A Verdeleais, lungo la Garonne, visitiamo la tomba del celebre pittore Toulouse-Lautrec e saliamo su una collina con una vista sterminata sui vigneti. Non molto distante sorge l’idilliaco Château de la Brède, residenza del barone di Montesquieu (1689-1755), uno dei padri della democrazia moderna. Fa parte di un’immensa tenuta, gestita dal filosofo francese, che oltre ad essere stato presidente del parlamento di Bordeaux produceva vino e lo vendeva agli Inglesi. Nella regione dell’Entre-deux-Mers visitiamo tre graziose chiesette romaniche tra i vigneti (Ste-Croix-du-Mont, Huax e St-Genès-de-Lombaud), con le campane incorporate nella facciata, e le affascinanti rovine dell’abbazia benedettina Sauve-Majeure, che fu fondata nel 1079 da San Gerardo e vanta un passato di grande prestigio. In serata raggiungiamo Bordeaux.

Bordeaux, tra passato e futuro
È amore a prima vista. Bordeaux appare austera, ma anche vivace e dinamica. Il suo centro storico, che si può piacevolmente visitare a piedi, è caratterizzato soprattutto da un’architettura settecentesca, di cui conserva oltre 5mila palazzi in pietra di un caldo color ocra. L’unità stilistica la si nota soprattutto lungo la piacevole passeggiata che costeggia la “rive gauche” della Garonne, il fiume che pochi chilometri più avanti si getta in un’insenatura del mare. Ed è proprio il collegamento con l’Oceano Atlantico uno dei fattori del successo economico di Bordeaux, oltre naturalmente il privilegio di essere la capitale della regione vinicola più prestigiosa al mondo. Ma la città vecchia, animata da numerose piazzette su cui si affacciano i tipici “café” alla francese, è ricca anche di testimonianze architettoniche medievali. Tra gli edifici religiosi il più imponente è certamente la cattedrale, caratteristica per il suo campanile (flèche) separato dal corpo principale, ciò che la accomuna alla vicina basilica St-Michel. Tra i palazzi pubblici spiccano il Grand Théâtre, orgoglio cittadino, che domina Place de la Comédie, e la Borsa, che caratterizza l’omonima piazza in riva al fiume e si specchia sdoppiandosi in un’originale fontana concepita da Michel Courajoud. Quest’opera sembra voler evidenziare quanto questa città intenda valorizzare il proprio passato, ma anche volgere lo sguardo verso il futuro. Lo dimostra pure la presenza di altri interessanti interventi architettonici moderni come il Tribunal de grande instance costruito nel 1998 dall’architetto Richard Rogers, autore del Centre Pompidou a Parigi, e il Quartier Mériadeck che ospita gli edifici dell’amministrazione regionale progettati negli anni Settanta con interessanti proposte architettoniche. Molti di questi palazzi avrebbero ormai bisogno di qualche intervento di manutenzione.
Per chi ama lo shopping consigliamo di percorrere le piacevoli vie pedonali Rue Ste-Catherine e il Cours de l’Intendance che sfociano entrambe in Place de la Comédie. Chi invece è appassionato di vino si stupirà di trovare a Bordeaux meno Winebar con i grandi vini francesi di quanti non ne troverebbe in qualsiasi altra capitale europea.

Itinerario

1° giorno
Locarno-Le Puy-en-Velay (612 km)

2° giorno
Le Puy-en-Velay-Conques-Rocamadour-Sauternes (586 km)

3° giorno
Sauternes-La Brède-Bordeaux (107 km)

4° giorno
Bordeaux

5° giorno
Bordeaux-Arcachon-Pyla sur Mer (80 km)

6° giorno
Bordeaux-Haut Médoc-Libourne (140 km)

7° giorno
Libourne-Pétrus-St. Émilion (70 km)

8° giorno
St. Émilion-Périgord Noir-Sarlat (150 km)

9° giorno
Sarlat-Locarno (924 km)

Bibliografia
Francia Guida Michelin, Milano 1997
Francia Touring Club Italiano, Milano 1994
Francia Sud-Ovest La Guida Verde Michelin, Milano 2008

Francia – Dove nascono i migliori vini rossi al mondo

Francia – A Bordeaux, la capitale mondiale del vino

Un itinerario tra mare e colline, nelle regioni dell’Haut-Médoc, del Pomerol e del Saint Èmilion, alla scoperta di un territorio che dà origine ai migliori vini al mondo e ad altre prelibatezze per il palato come gli allevamenti di ostriche nel Bassin d’Arcachon con la duna più grande d’Europa.

Prosegue il nostro itinerario nella regione di Bordeaux con la sua straordinaria tradizione enologica. Il nostro intento non era però quello di girare per cantine, bensì alla scoperta di un territorio che dà origine ai migliori vini del mondo e ad altre prelibatezze per il palato. Anche lungo la strada del ritorno in Ticino, grazie alla guida sicura della Michelin Verde, abbiamo scoperto luoghi romantici e meravigliosi nel Périgord lungo le rive della Dordogna.

Nella patria delle ostriche
Il mattino del quinto giorno di viaggio lasciamo a malincuore – perché l’abbiamo molto amata – Bordeaux per dirigerci verso il Bassin d’Arcachon e verso l’Oceano Atlantico. Il bacino è un’insenatura lungo l’oceanica Costa d’Argento che si estende verso la Spagna, una laguna pescosa con l’acqua dolce del fiume Eyre e il sale delle maree. Simbolo di questo bacino è la cosiddetta Pinasse, un’imbarcazione dai colori vivaci a chiglia piatta costruita in legno di pino (da qui il nome). Pittoresche anche le variopinte capanne dei pescatori che si affacciano sullo specchio d’acqua. Ma il Bassin, sin dal tempo dei romani, è famoso per le sue ostriche. Fino a metà Ottocento erano selvatiche, in seguito iniziarono a scarseggiare e si dovettero allora escogitare metodi di allevamento. Si depositano così nell’acqua mattoni rivestiti di calce, sui quali si insediano le larve delle ostriche. Attraverso numerosi interventi manuali i molluschi vengono trattati per tre anni prima di finire sui tavoli dei più rinomati ristoranti di Francia. Il procedimento è bene illustrato alla “Maison de l’huître” nel villaggio di Guyan-Mestras, la capitale delle ostriche.

Tra mare, pinete e dune di sabbia
La regione del Bassin d’Arcachon offre innumerevoli possibilità di svago a contatto con la natura: passeggiate, gite in canoa, un centro ornitologico. Ma per chi non ha troppo tempo a disposizione l’attrazione più spettacolare è certamente rappresentata dalla Dune du Pilat. Lunga 2,7 chilometri, larga 500 metri e alta 105 è la più elevata d’Europa. È situata tra l’oceano (a ovest) e una fitta pineta (a est). Una passeggiata lungo la cresta della duna, accompagnati dal rumore del vento e delle onde che si infrangono sulla spiaggia, offre un’indimenticabile vista sull’Atlantico, sul mare di sabbia e sulla foresta, in un tripudio di colori.
Prima di lasciare questa splendida regione vale la pena di visitare Arcachon, una località balneare di fine Ottocento. Voluta da due astuti banchieri (i fratelli Pereire) fu concepita ex novo, grazie al prolungamento della ferrovia da La Teste, ex luogo di villeggiatura dei bordolesi, fino alla nuova Arcachon, dove vennero create moderne infrastrutture e costruite villette ai bordi del bosco e non lontano dal mare. Qui si veniva non tanto per la tintarella e i bagni di mare quanto per l’aria salubre. Da quando Napoleone III vi fece visita diventò una località alla moda frequentata da nobili, uomini d’affari, letterati, artisti e musicisti di grido come Toulouse-Lautrec, Sartre, Debussy, Alexandre Dumas, Cocteau e molti altri. Sulla collina, una sorta di Beverly Hills alla francese, rimangono molte di quelle costruzioni di fine Ottocento-inizio Novecento. Parecchie sono state restaurate, altre sono chiuse, ma passeggiando per le “Allée” (così si chiamano le strade) sembra di tornare indietro negli anni e di rivivere il tempo della Belle époque.

I sontuosi châteaux dell’Haut-Médoc
Il nostro viaggio volge al termine, ma i prossimi due giorni, il sesto e il settimo, sono dedicati alla scoperta delle regioni da cui provengono i vini rossi più prestigiosi del mondo: Haut-Médoc, Pomerol e Saint-Èmillion.
Iniziamo dall’Haut-Médoc, una regione che si estende sulla sponda destra della Gironde, un’insenatura del mare, dove i fiumi Dordonne e Garonne si incontrano prima di sfociare nell’oceano. Poco oltre la confluenza dei due fiumi, in direzione del mare, alla fine del Seicento fu costruito Fort Médoc (si può visitare), che faceva parte di un sistema di difesa per impedire alla flotta inglese di raggiungere Bordeaux.
La tradizione viticola della regione risale ai tempi del re Sole. È questa la patria per eccellenza dei Grands Crus Classés, voluti da Napoleone III nel 1855 in occasione dell’esposizione universale di Parigi per mettere il più possibile in luce i prodotti francesi di qualità. Si distinsero così diversi livelli: dal premier fino al cinquième grand cru. Questa classificazione, che fu decisa dai commercianti e non da un giudice super partes, detta legge ancora oggi. Percorrendo la strada statale D2 si attraversano immense e armoniose distese di vigneti suddivisi in sei giurisdizioni comunali: Margaux, Moulis, Listrac, Saint-Julien, Pauillac e Saint-Estephe. I vigneti più pregiati sorgono lungo pendii rivolti verso la Gironde e hanno la caratteristica di immagazzinare il calore durante il giorno per poi restituirlo durante le ore notturne. Nella regione, che fornisce solo l’8 per cento dei vini del bordolese, si coltivano i vitigni Merlot, Cabernet-Sauvignon, Cabernet Franc, Petit Verdot e Malbec. Da un’assemblaggio di queste uve nascono bottiglie prestigiose vendute a prezzi vertiginosi. Per visitare gli châteaux più rinomati, quasi tutti ottocenteschi e frutto della cosiddetta “aristocratie du bouchon”, è necessario prenotare con molto anticipo. Ma ci si può fare un’idea del loro valore economico e del business che si nasconde dietro edifici tanto sontuosi anche vedendoli dall’esterno. Vale pertanto la pena di soffermarsi, viaggiando da sud a nord, davanti a Château Siran appartenuto agli avi del pittore Toulouse-Lautrec, all’armonioso Château Margaux, a Château Beychevelle, al maestoso Château Lafite-Rothschild e al curioso Château Cos-d’Estournel dalla silhouette orientale.
Lasciamo l’Haut-Médoc attraversando la Gironde in traghetto da Lamarque verso Blaye per dirigerci, sempre tra paesaggi vignati, ma di prestigio minore, verso altre mecche del vino: Pomerol e St-Èmilion.

Nella patria di Petrus
Qui il clima meno marittimo e più continentale rispetto al Médoc, quindi più fresco andando verso l’autunno, fa sì che il Cabernet Sauvignon incontri sovente difficoltà a maturare completamente: ecco quindi che il taglio viene maggiormente caratterizzato dal Merlot, integrato dal Cabernet Franc: è questo che fa la differenza rispetto al Médoc. A nord-est della graziosa cittadina di Libourne, con la sua bella piazza centrale, si trova la piccolissima regione del Pomerol, dove viene prodotto forse il più grande vino rosso al mondo, il Petrus (100% Merlot). La sua cantina è anonima e non segnalata, ma costituisce una mecca per gli amanti del vino. A sud-est di Libourne si estende invece la regione del Sain Èmilion, dove è piacevole perdersi per le stradine tra i vigneti alla ricerca di graziose chiesette romaniche (Montagne, St-Georges, St-Christophe-des-Bardes, St-Hippolyte) e di castelli più antichi di quelli dell’Haut-Médoc, come per esempio Château de Pressac dove venne firmato il trattato che mise fine alla guerra dei Cent’anni. Tra queste vigne gloriose scorgiamo anche un segno del Ticino, tracciato dalla penna dell’architetto Mario Botta: lo splendido Château Faugères che dialoga magistralmente con il paesaggio circostante.
Questa regione non soddisfa però solo le papille gustative ma anche il “plaisir des yeux” , come dicono i francesi. Saint-Èmilion è infatti uno splendido borgo medievale costruito con una pietra dorata, ricco di graziose piazzette e sinuose viuzze e iscritto nella lista dei Patrimoni mondiali dell’Unesco. Di particolare interesse l’Èglise monolithe, una chiesa benedettina a tre navate che a partire dal IX secolo fu scavata nella roccia: quindi più opera scultorea che creazione architettonica. Unica in Europa per le sue dimensioni: 38 metri di lunghezza, 20 di larghezza e 11 di altezza.

Nel Périgord Noir lungo la Dordogne
Eccoci giunti all’ultimo giorno di visite, prima del viaggio di rientro. Ci spostiamo verso est per circa 100 chilometri per visitare un’incantevole e romantica regione – il sud del Périgord Noir – risalendo il fiume Dordogne lungo un’opulenta valle dominata da una schiera di roccaforti. Il percorso del fiume si snoda tra campi fioriti delimitati da pioppi. Il paesaggio è incantevole, fiabesco. La prima tappa è il Castello di Milandes, dove visse a lungo la nota e provocante artista Joséphine Baker (1906-1975). Un percorso museografico racconta la sua vita avventurosa. Più avanti i castelli di Beynac e di Castelnaud (archetipo del castello medievale dei libri di storia), situati uno in faccia all’altro, ci ricordano le interminabili battaglie tra Francesi e Inglesi nel XIII e nel IVX secolo. Da Domne, un incantevole villaggio che domina una collina, la vista abbraccia tutta la valle della Dordogna segnata dal fiume che si snoda tra i campi disseminati di villaggi e fattorie. Forse il più incantevole di questi borghi è La Roque-Gageac, aggrappato a una falesia con le case dai colori caldi della pietra allineate lungo la Dordogne. Sulla cresta della falesia si può passeggiare lungo i viali dei Giardini di Marqueyssac per raggiungere un belvedere che domina la valle a picco sopra il villaggio La Roque-Gageac. Beynac-et-Cazenac è un altro borgo abbarbicato su un’altra impressionante falesia. Ultima meta, dulcis in fundo, è Sarlat-la-Caneda, una romantica cittadina medievale costruita con una pietra color ocra biondo, in cui è piacevole perdersi per le strette viuzze che sfociano in graziose piazzette. Il borgo, spesso utilizzato come set cinematografico, è stato scelto nel 1962 dal Governo francese come intervento pilota di salvaguardia dei nuclei storici di valore.

Itinerario

1° giorno
Locarno-Le Puy-en-Velay (612 km)

2° giorno
Le Puy-en-Velay-Conques-Rocamadour-Sauternes (586 km)

3° giorno
Sauternes-La Brède-Bordeaux (107 km)

4° giorno
Bordeaux

5° giorno
Bordeaux-Arcachon-Pyla sur Mer (80 km)

6° giorno
Bordeaux-Haut Médoc-Libourne (140 km)

7° giorno
Libourne-Pétrus-St. Émilion (70 km)

8° giorno
St. Émilion-Périgord Noir-Sarlat (150 km)

9° giorno
Sarlat-Locarno (924 km)

Bibliografia
Francia Guida Michelin, Milano 1997
Francia Touring Club Italiano, Milano 1994
Francia Sud-Ovest La Guida Verde Michelin, Milano 2008

Francia – Nel Languedoc-Roussillon vicino alla frontiera spagnola

Francia – Nelle terre dove si consumò la tragedia degli eretici catari
Francia – L’armonia di Toulouse tra passato e presente

Un viaggio nel cuore dei territori che diedero i natali o ospitarono personaggi chiave della cultura francese come Molière, Toulouse-Lautrec, Matisse e Gauguin. Alla scoperta di città che hanno saputo conciliare tradizione storica e sviluppo industriale. Sulla splendida Côte Vermeille che al tramonto si colora di rosso.

Lasciate alle spalle la Costa Azzurra e la Provenza, oltrepassato il Rodano, si prosegue verso sud lungo la costa mediterranea fino al confine con la Spagna catalana per scoprire un mondo meno turistico che vi sorprenderà. Ci troviamo nel Languedoc-Roussillon. Le rocche catare ricordano le sanguinose battaglie del medioevo, ma anche il tempo in cui la lingua d’oc univa la storia e la letteratura di questa terra per raccontare la sua leggenda. Fondata sull’antico latino del clero, ma più viva, più docile e galante, la lingua dei trovatori del XII secolo compì il miracolo di unificare le genti del Sud e di incantare le corti vicine con la sua poesia. La Languedoc ama tuttora conservare la sua eredità occitana, così come il Roussillon, possedimento spagnolo fino al trattato dei Pirenei (1659), mantiene forti accenti d’influenza catalana. Questa terra appassionata, bruciata dal sole e ricca di tradizioni, ha fatto parte della Catalogna per secoli. Francese sulla carta resta profondamente catalana nell’animo, con la sua lingua, con le sue fiestas in cui la sangria scorre a fiumi e con la sua danza folcloristica chiamata sardana.
Il Languedoc-Roussillon offre una ricchezza immensa di natura, storia, arte e cultura, ma anche le grandiose officine che hanno visto nascere il supersonico Concorde e i modernissimi Airbus. Per visitare tutte le città e i luoghi degni di nota ci vorrebbero settimane. Il nostro itinerario, che si articola su nove giorni, è frutto di scelte impietose, dettate da interessi storici – castelli e conventi che furono protagonisti della tragica vicenda della corrente cattolica dissidente dei Catari – e artistici per quanto riguarda le città.

Albi, città natale di Toulouse-Lautrec
La terra si tinge di rosso, man mano che ci si avvicina ad Albi, dello stesso colore dei mattoni con cui sono costruiti i monumenti e le case di questa città, come quelli della vicina Toulouse, che dista una settantina di chilometri. Su uno sperone di roccia che domina il fiume Tarn svetta maestosa la cattedrale di Santa Cecilia. È circondata da verdi poggi che creano un suggestivo contrasto con il vermiglio dei mattoni. A vederla da lontano ricorda una fortezza vittoriosa a testimonianza dello spietato potere della Chiesa che tra il XII e il XIII secolo annientò il movimento eretico dei catari, chiamati anche albigesi perché ebbero le loro origini in questa città. Capolavoro del gotico meridionale è considerata una delle cattedrali architettonicamente più importanti di Francia. Massiccia e severa all’esterno, internamente è ingentilita da un recinto marmoreo che delimita il coro, così abilmente scolpito nel calcare bianco da apparire come un ricamo.
Sulla stessa piazza si affaccia l’ex sede arcivescovile, un maestoso palazzo seicentesco che ospita la più ricca collezione al mondo di opere di Toulouse-Lautrec. Il pittore del Moulin Rouge, narratore sagace, brillante e quasi impertinente d’un preciso contesto storico, cioè l’alba della Bella Èpoque, nacque ad Albi nel 1864 da una ricca famiglia nobile. Fragile, sgraziato, minato dal nanismo morì a 37 anni alcolizzato e malato di sifilide. Pittore alieno dai falsi pudori e da ogni moralismo, incompreso dalla famiglia che gli chiedeva di firmarsi con uno pseudonimo, ebbe un’esistenza infelice nonostante il successo della sua opera. Le sue composizioni sono animate da facoltosi signori e prostitute d’alto rango: al centro si trova spesso una donna con i capelli tinti di biondo o di rosso, uno sguardo invitante, il trucco pesante, l’aria sfrontata; gli uomini sono in seconda fila: buoni, s’intuisce, solo per il loro denaro.

Toulouse, patria del Concorde, ma…
Toulouse è una città affascinante e per me è stata una scoperta. Si racconta che la “ville rose” sia rosa all’alba, dorata a mezzogiorno e fiammeggiante al tramonto, una magia prodotta dalle tonalità che assumono i mattoni d’argilla del fiume Garonna con cui sono costruiti i palazzi, i muri, le splendide chiese del settimo centro urbano di Francia. Nonostante abbia una popolazione di oltre mezzo milione di abitanti e sia sede dell’industria aeronautica francese ed europea si offre al visitatore con un’atmosfera rilassata e simpatica che lo fa sentire a proprio agio. Passeggiando per le antiche vie del centro storico si percepisce una vitalità moderna e al tempo stesso la tradizione di questa città che fu capitale dell’antico Languedoc e vide nascere all’inizio del XIV secolo la più antica società letteraria europea per perorare la causa della langue d’oc, la lingua della Francia meridionale. Il papato considerava Toulouse una roccaforte per consolidare il suo potere temporale, per riconquistare la Spagna sottraendola ai musulmani e per estirpare l’eresia catara. Nel XVI secolo la città conobbe un momento di splendore perché depositaria del segreto dell’ “oro blu”, un colore ottenuto dal pastel, una pianta il cui fogliame macerato e lavorato dava una tintura azzurra indelebile. Un secolo più tardi un visionario costruì il Canal du Midi per collegare Toulouse al Mediterraneo. Nell’ottocento arrivò il collegamento con l’Atlantico tramite il Canal de la Garonne. Anche la storia dell’aviazione deve molto a questa città, oggi capitale europea dell’aeronautica con gli enormi stabilimenti, ogni anno visitati da centinaia di migliaia di persone, dove vengono costruiti i prestigiosi Airbus.
La maestosa cattedrale di St. Sternin, la più grande chiesa romanica d’Europa, sta a testimoniare l’importanza attribuita dal papato a Toulouse. Costruita tra la fine del XI e la metà del XIII secolo costituiva una tappa d’obbligo per i pellegrini che seguivano il cammino verso Santiago di Compostela. Sostavano qui per venerare l’inestimabile raccolta di reliquie di santi ospitate nel deambulatorio.
Precorre invece di quasi due secoli la costruzione delle volte acute proposte dal tardo gotico la soluzione escogitata dall’architetto nel convento dei Jacobins per unire due chiese con un’ardita volta a nervature composta da 22 archi radiali.
Da non perdere inoltre la ricca collezione di sculture e capitelli romanici del XII esposte nel Musée des Augustins.

Dalla Pézenas, di Molière…
Passeggiando per le vie lunghe e strette di Pézenas si incontrano dimore signorili e residenze seicentesche adorne di eleganti balconi in ferro battuto ed elaborati portali che riportano indietro nel tempo. La cittadina ha mantenuto la sua struttura antica. Place Gambetta non è probabilmente cambiata molto rispetto al seicento, quando il grande commediografo francese Jean-Baptiste Poquelin detto Molière (1622-1673) si sedeva nella bottega del barbiere Gély per ascoltare le chiacchiere dei clienti e trarne ispirazione per le sue pièce, che proponevano una critica feroce alla morale dell’epoca, mettendo in luce gli aspetti comici della vita mondana del tempo. Attento osservatore della realtà, Molière può essere considerato un precursore del teatro moderno. Nel palazzo Peyrat viene proposto uno spettacolo con filmati tridimensionali che percorre le tappe principali della vita del grande commediografo, partendo dall’infanzia quando il nonno materno gli trasmise la passione per il teatro, passando per i momenti difficili della carriera per giungere al trionfo dell’attore-autore, grande conoscitore dei gusti del pubblico e apprezzato dal sovrano Luigi XIV.

…alla Collioure di Matisse e Derein
La Côte Vermeille deve il suo nome al colore rosso-rosato che assume al tramonto. Inoltrandosi nella campagna ai piedi dei Pirenei tra vigneti e coltivazioni di mandorli e fichi si può salire verso un’emozionante “Haute corniche”. Larga poco più di un’automobile costeggia il mare, evidenziandone tutta la gamma dei blu, e offre indimenticabili vedute sulla costa scogliosa e sui suoi villaggi. Quando si scende e si percorre la litoranea quelle borgate che si affacciano sul mare perdono lo charme che avevano osservati dall’alto, salvo Collioure. Questa affascinante cittadina si affaccia su due porticcioli separati dal castello del XIII secolo e offre un piacevole lungomare che porta a una seicentesca chiesina fortificata da cui si dipartono viuzze dai balconi fioriti e pittoresche scalinate su cui si annidano i caffè all’aperto. “Nessun cielo di Francia è più bello di quello di Collioure. Mi basta aprire le imposte della mia stanza per avere davanti a me tutti i colori del Mediterraneo”. Così scriveva Henri Matisse (1869-1954) nell’estate del 1905 al collega pittore André Derain (1880-1954) per convincerlo “che un soggiorno qui è assolutamente necessario per il suo lavoro”. Derain lo raggiungerà e quell’estate i due colleghi lavoreranno fianco a fianco davanti al mare di Collioure: il colore deflagrerà violento dalle loro tele per dare vita al “fauvisme”, un movimento senza regole e senza divieti, ribelle e anarchico, rivoluzionario, che contrapponeva la verità dell’emozione alla consueta verità della visione. La violenza di quella luce del sud cancellava la profondità, appiattiva i volumi, sopprimeva le ombre e, soprattutto esaltava i colori facendoli esplodere sulla tela “come cartucce di dinamite”.

Itinerario

1° giorno
Locarno-Castillon du Gard (646 km)

2° giorno
Castillon du Gard-Albi

3° giorno
Albi-Tolosa-Carcassone (135 km)

4° giorno
Carcassone-Fontfroide-St. André de Roquelongue (70 km)

5° giorno (Castelli Catari)
St. André de Roquelongue-Termes- Ch. Aguilar-Ch. Queribus-Ch. Peyrepertuse-Cucugnan (130 km)

6° giorno (Conventi)
Cucugnan-St. Antoine-Serratone-St. Michel-Moltig (135 km)

7° giorno (La Côte Vermeille)
Moltig-Collioure (150 km)

8° giorno
Collioure-Pézenas-Salon de Provence (326 km)

9° giorno
Salon de Provence-Locarno (635 km)