Egitto – Al sud, tra Nilo e deserto

Egitto – La città di Luxor, l’antica Tebe
Egitto – Un’autostrada del turismo
Egitto – I diversi volti dell’Islam

I templi dell’epoca tarda (300-30 a.C.) di Aswan, Kom Ombo,Idfu e Esna. La diga degli anni Sessanta che ha cambiato la vita del paese. La spettacolare Abu Simbel, salvata dalle acque del Lago Nasser grazie all’intervento dell’Unesco

Quando si pensa alla civiltà egiziana ci si dimentica spesso che ci si riferisce a un periodo lunghissimo che va dal 3000 a.C., quando nasce la prima dinastia faraonica, fino al 30 a.C., quando l’Egitto diventa una provincia romana. Un periodo quindi di quasi tremila anni, che ha conosciuto alti e bassi. I momenti migliori hanno sempre coinciso con un forte potere centrale, quelli difficili sono invece stati caratterizzati da divisioni politiche e sociali del paese. Un altro elemento fondamentale per comprendere questa straordinaria civiltà è il ruolo del Nilo, che quando nel corso dell’estate straripava ricopriva le rive, su un’estensione di alcuni chilometri, depositando un prezioso limo che rendeva fertilissima la terra. La grande ricchezza di questo paese, stretto tra due deserti, era legata al suo fiume, sulle cui sponde pulsava la vita allora, come avviene ancora oggi.
Il nostro itinerario segue dunque il tragitto del Nilo, ma a ritroso nel tempo. Nel senso che partiamo dall’epoca tarda faraonica cioè dal 300 a.C. al 30 a.C., quando il paese aveva trovato una difficile convivenza tra la civiltà egizia e quella greca, e giungiamo al periodo aureo toccato durante la XVIII dinastia (1540-1292 a.C.) e l’inizio della XIX (1292-1186 a.C.). La visita dello straordinario museo egizio del Cairo e delle piramidi è prevista per un altro viaggio, che contemplerà anche il deserto e la mediterranea Alessandria fondata da Alessandro Magno.
Non si tratta quindi dell’itinerario classico, sia per quanto riguarda il tragitto, sia il mezzo di trasporto: l’automobile invece della crociera in nave sul Nilo. Il nostro percorso scorre da sud a nord, da Aswan – con una puntatina in aereo nell’estremo sud, nel deserto nubiano, per visitare Abu Simbel – a Luxor, per raggiungere più a nord anche gli splendidi templi di Abydos e Dendera.
La prima tappa del viaggio è Aswan, che raggiungiamo in aereo da Milano, facendo scalo al Cairo. Qui visitiamo il Tempio di File e poi verso nord quelli di Kom Ombo, Idfu e Esna. Si tratta di monumenti risalenti all’epoca tolemaica (300 a.C. – 30 a.C.) frutto di un’interazione tra due grandi culture: quella egizia e quella greca. Come scrive Ernst H. Gombrich nella sua storia dell’arte “i maestri greci andarono alla scuola degli egizi, e noi tutti siamo allievi dei greci. Per questo l’arte egizia assume per noi un’importanza incalcolabile”.

I Greci in Egitto
Dopo oltre due millenni di storia sul trono dei faraoni, a partire dal VII secolo a.C., sedettero sovrani stranieri, che in molti casi cercarono di rispettare la cultura egizia. È quanto accadde alla dinastia dei tolomei (300 – 30 a.C.), che salì al potere dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno e la sua incoronazione a faraone. Alla morte del grande condottiero, uno dei suoi amici più fedeli, il greco Tolomeo si proclamò re d’Egitto e fondò una dinastia che sarebbe durata tre secoli donando al paese una tarda fioritura anche nel mondo dell’arte e dell’architettura. Il tempio di File ad Aswan e quelli di Kom Ombo, Idfu e Isna, che si incontrano in quest’ordine lungo la strada che sale a nord verso Luxor, appartengono a quest’epoca.
Dedicato alla dea Iside il Tempio di File si trova su una suggestiva isola sul Nilo, che si raggiunge in barca. Per evitare che venisse sommerso dalle acque dopo la costruzione della grande diga costruita da Nasser negli anni Sessanta fu letteralmente smontato in 42 mila blocchi numerizzati e rimontato. Questo intervento, realizzato con l’aiuto dell’Unesco, ha richiesto otto anni di lavoro.
Iniziato nel IV secolo a.C. il luogo di culto fu abbellito dagli ultimi faraoni e ultimato durante l’impero romano. Il suo grado di conservazione è eccezionale e ci propone alto e bassorilievi di grande pregio artistico dedicati alla leggenda di Iside, sorella e consorte di Osiride, che venne ucciso dal fratello ma fu riportato in vita grazie a un battito d’ali della dea trasformatasi in uccello. Dalla loro unione nacque Horus, a cui è dedicato il tempio di Idfu, che è giunto a noi quasi intatto permettendoci quindi di penetrare dentro i misteri di un luogo di culto egizio. Cosa assolutamente proibita alla gente del tempo, costretta a rimanere nel cortile esterno, quindi lontana dal sacrario che si trovava nella parte posteriore e custodiva la statua d’oro del dio a cui era dedicato il tempio.
A Kom Ombo, immerso in uno splendido paesaggio in riva al Nilo attorniato da verdissimi campi coltivati a granturco e canna da zucchero, mi hanno particolarmente colpito alcuni bassorilievi che illustrano l’elevato livello raggiunto dalle arti mediche all’epoca dei faraoni. I sacerdoti presenti nei templi, oltre che a celebrare gli dei, praticavano infatti anche la medicina e l’astrologia. Di enorme interesse anche il cosiddetto nilometro, un marchingegno che permetteva di misurare il livello del Nilo durante le piene e dal quale dipendeva l’ammontare della tasse: minori se l’acqua era poca, maggiori se era molta.

Con le dighe cambia la vita
A partire dall’inizio del Novecento le piene del Nilo sono controllate dalle dighe: la cosiddetta Diga Vecchia fu costruita dagli inglesi nel 1902, la più recente risale invece agli anni Sessanta. Un’opera voluta da Nasser che ha permesso di aumentare del 30 per cento la superficie delle terre coltivabili, di raddoppiare le risorse energetiche e di regolarizzare l’irrigazione, consentendo un notevole sviluppo delle risaie e stabilizzando le acque del fiume favorendo in tal modo la navigazione permanente. Tutti questi vantaggi hanno però comportato un prezzo elevato per le popolazioni che vivevano lungo le rive del Nilo a nord di Aswan nella regione dove oggi si trova il lago Nasser. Le acque hanno infatti sommerso i villaggi dove vivevano 100 mila nubiani costretti a trasferirsi in altre parti del paese e in particolare in nuovi villaggi costruiti appositamente dal governo a nord, nei pressi di Kom Ombo, ma lontani dal Nilo. Un interessante museo di recente inaugurazione ad Aswan, presenta la cultura nubiana e il suo sviluppo nei secoli. A livello paesaggistico il lago, circondato dalle dorate sabbie del deserto, non sembra opera dell’uomo, ma una magia della natura.

Aswan, ponte tra le culture
La più meridionale delle città egiziane, famosa per il suo granito rosa, anticamente occupava unicamente l’isola Elefantina situata nel mezzo del Nilo in uno splendido paesaggio caratterizzato dalle sabbie del deserto. Storicamente sede di un importante mercato, ha favorito gli scambi economici e culturali tra il mondo arabo e l’Africa nera. Situata nei pressi della prima cataratta, una sorta di cascata, ha svolto un importante ruolo strategico, perché permetteva agli eserciti dei faraoni di controllare gli afflussi dalla regione della Nubia e quindi dall’Africa. Oggi è una graziosa cittadina, dove si può passeggiare lungo il Nilo, sulla cosiddetta Corniche in ricordo dell’epoca coloniale, ben rappresentata anche dal prestigioso hotel Old Cataract, purtroppo attualmente in restauro. Il vasto suk (mercato) ha in parte perso la sua tipicità. Sebbene di forte impronta turistica non si può rinunciare a una gita in feluca, dove “l’ozio acquisisce tutta la sua nobiltà”, mentre le vele spinte dal vento inoltrano i passeggeri in un paesaggio desertico e silenzioso, che permette di viaggiare con il pensiero ai tempi dei faraoni.

Indimenticabile Abu Simbel
Abu Simbel è una delle mete più interessanti del viaggio. Non ci troviamo più di fronte a monumenti dell’epoca tolemaica, ma risalenti a mille anni prima. Questo luogo di culto è stato costruito da Ramsete II (1279-1213 a.C.), uno dei più grandi faraoni della storia. Situato alle porte dell’Africa nel deserto nubiano è completamente scavato in uno sperone di roccia per un’altezza di 33 metri e una larghezza di 38. Nonostante queste dimensioni gigantesche gli scultori hanno saputo creare un’opera perfetta.
Ramsete II fu un grande costruttore, un grande guerriero, ma anche un uomo di pace, perché concluse con gli Ittiti forse il primo trattato scritto di pace della storia, che prevede numerose clausole, tra cui addirittura alcune dedicate alle estradizioni.
Due sono i monumenti che si visitano ad Abu Simbel: il Grande tempio, dedicato da Ramsete II a sé stesso e il Tempio di Hathor, offerto invece alla sua sposa preferita, la regina Nefertari, che in lingua egiziana antica significa la più bella tra le belle. Secondo alcuni storici il faraone costruì questo edificio maestoso per dimostrare la sua potenza ai possibili invasori provenienti dall’Africa.
L’atmosfera che si respira nei due templi è molto diversa. Quello di dimensioni più ridotte, dedicato alla moglie, è decisamente più leggero. Le figure di donna slanciate ed eleganti dipinte sulle pareti danno effettivamente l’impressione di entrare in un universo femminile. Più imponente e molto più ampio è invece il tempio grande. Sulle pareti sono rappresentate scene della famosa battaglia di Qadesh combattuta da Ramsete II contro gli Ittiti. Curioso il modo utilizzato per rendere l’idea del movimento: lo sdoppiamento dell’immagine. Due giorni all’anno – probabilmente quello del compleanno e quello dell’incoronazione del faraone – i raggi del sole penetrano attraverso un’angusta finestra illuminando sull’altare le figure del re sole e di Ramsete II, che si trovano accanto agli dei Amon-Ra e Ptah.
Impressionante immaginare che questo monumento sia stato smontato in mille blocchi e rimontato 62 metri più in alto per evitare di soccombere sotto le acque del lago Nassar.

Bibliografia
Egitto La Guida Verde Michelin, Milano 2002
Egitto Touring Club Italiano, Milano 2007
Egitto Lonely Planet, Torino 2008
Egitto Polaris, Firenze 2004
Hermann A. Schlegl, L’Antico Egitto Il Mulino, Bologna 2005
Sergio Donadoni, L’uomo egiziano Editori Laterza, Bari 2003

Oman – Nel sultanato dove la natura regna sempre sovrana

Oman – Quattro giorni tra mare, deserto e montagne

Splendide spiagge di finissima sabbia bianca, un mare superbo, forti e castelli, i baluardi delle oasi, e nel deserto dune indimenticabili.

Quando dici a qualcuno che vai in Oman, o non conosce il paese, oppure nel migliore dei casi pensa che sia il luogo ideale per trascorrere una settimana al caldo durante l’inverno. E’ vero che questo paese ha splendide spiagge di sabbia bianca finissima e un mare superbo con fondali che sono il sogno di ogni sub, ma offre molto altro ancora. Potete scoprire forti e castelli situati in splendide oasi, moschee antiche e moderne, grotte, valli, montagne inserite in paesaggi lunari e le indimenticabili dune di uno dei deserti più impervi al mondo. Le infrastrutture alberghiere sono di ottimo livello, la gente è mite, cordiale e tollerante nei confronti dei costumi e delle tradizioni straniere, pur senza essere giustamente disposta a sacrificare la propria identità nazionale. “Sono giunto alla conclusione di respingere l’idea che il patrimonio culturale debba avere una posizione subordinata nel mondo moderno. Il nostro patrimonio nazionale è ricco e necessita unicamente di essere leggermente ritoccato per adattarlo alla realtà del giorno d’oggi in modo bilanciato, così che un elemento non prevalga sull’altro”. Sono parole del sultano Qabus, un principe illuminato che in 38 anni di governo ha cambiato i destini del suo paese, fino al 1970 ancora immerso nel Medioevo. Il monarca è stimato a livello internazionale e dal suo popolo. Il suo paese è tanto pulito, ordinato e sicuro che viene considerato la Svizzera della Penisola Arabica. L’Oman sta vivendo un rapido sviluppo economico, ma tutte le iniziative devono rispettare principi ecologici. Questi principi vengono applicati con tale scrupolo che l’Oman è stato il primo stato arabo ad essere premiato dall’Unesco “per gli sforzi internazionali compiuti in nome dell’ambiente”. “Il cambiamento è necessario – ha spiegato il sultano in un’intervista a “Repubblica” (27 maggio 1994). La vita dei miei sudditi aveva bisogno di essere semplificata e resa più confortevole, ma era importante non perdere il contatto con il passato, la cultura e la civiltà propria di queste terre e di questa gente. Così, per esempio, ci siamo preoccupati che le nuove costruzioni seguissero un criterio unico per dimensioni e colori delle facciate, in armonia con il clima e la tradizione”. Percorrendo l’Oman non troverete infatti quella pacchiana rincorsa al modo di vivere occidentale che incontrate invece in altri paesi del Golfo.
Circa l’80 per cento degli omaniti si riconosce nel gruppo musulmano degli ibaditi, che professa un islamismo rigoroso e severo. La legge stabilisce comunque la libertà di pensiero e di credo religioso. Il popolo, d’altra parte, è tendenzialmente pragmatico nell’interpretazione della religione, tollerante nei confronti di altri movimenti islamici e permette agli stranieri di seguire il proprio culto.

Muscat
Una città fedele a sé stessa, moderna ma ancora ‘antica’
La guida che mi aspetta all’aeroporto di Muscat, la capitale dell’Oman, indossa la tradizionale veste bianca degli uomini omaniti, la cosiddetta dishdasha. Mentre il taxi con aria condizionata sfreccia sull’autostrada a sei corsie verso il centro della capitale passiamo davanti ai lucenti palazzi della politica e della finanza del quartiere residenziale di Riwi. E’ la capitale del nuovo corso, moderna, efficiente, pulita come una città svizzera. Ma è a Mutrah, il quartiere del porto, che si incontra lo spirito antico della civiltà araba. Sulla splendida insenatura naturale, ricavata in un anfiteatro di rocce scure, si affacciano i due forti di Jalali e Mirani, che ricordano il periodo dell’occupazione portoghese durata 150 anni (dall’inizio del 1500 alla metà del 1600). E’ qui che potete immergervi nella piacevole atmosfera caotica del tradizionale mercato arabo (suk). Tra le solite botteghe di souvenir per turisti, tessuti, ferramenta, oro e argento trovate anche alcuni negozi di antiquariato. La contrattazione è d’obbligo, ma gli sconti concessi sono minimi.
Il mattino, non molto distante dal suk, non mancate di visitare l’animatissimo mercato del pesce, dove potrete ammirare anche alcuni splendidi esemplari di squali. Vi accorgerete allora che questa parte della città, nonostante sia la principale zona portuale della capitale, abbia più l’aspetto di un villaggio di pescatori. Ed è proprio questo il fascino di Muscat, di essere rimasta fedele a se stessa senza occidentalizzarsi.
Ma il cuore della città è costituito dal minuscolo quartiere cinto da mura e munito di porte che dà il nome alla capitale. Oggi ospita il palazzo del sultano, altri edifici governativi e alcuni musei, tra cui il modernissimo e didattico Bait al Baranda, che illustra la storia della città. Molto interessante l’ampia parte dedicata alla cosiddetta “rinascita”, cioè il periodo degli ultimi 38 anni del paese sotto la guida illuminata dal sultano Qabus.
Non si può lasciare Muscat senza aver visitato (aperta per i turisti dalle 9 alle 11) la nuovissima e imponente Grand Mosque, donata alla nazione dal sultano per il trentesimo anniversario del suo regno. E’ uno splendido esempio di architettura islamica moderna. I suoi interni sbalordiscono per la ricchezza delle decorazioni ispirate dalle varie regioni di diffusione della religione musulmana. Il tappeto persiano della sala principale è il più grande del mondo (70 metri per 60) ed è stato realizzato in quattro anni in Iran da 600 tessitrici.