Il Far West – Nelle terre degli indiani d’America

Il Far West – Quando la storia è scolpita nella montagna
Il Far West – A Yellowstone, nel parco delle meraviglie
Il Far West – Nelle terre dell’emarginazione degli indiani del nord America
Il Far West – Nella cittadina di Buffalo Bill si rivive il grande sogno Usa

Sulle tracce dei cow boys, del generale Custer e di Toro Seduto, dei Sioux e degli Cheyenne. A Wounded Knee “dove morì il sogno di un popolo”. Nelle sterminate praterie segnate dai solchi lasciati dalle carrozze delle carovane dei pionieri.

Attraverso il mitico Far West. Quello delle sterminate praterie, punteggiate di mandrie di bovini sorvegliate dai cowboys. Quello delle lunghe carovane che emigravano da est a ovest, spinte dalla speranza verso un futuro migliore. Quello delle tribù indiane dei Sioux e degli Cheyenne, che convissero pacificamente con l’uomo bianco fino a quando i visi pallidi non minarono nel profondo la loro vita e le loro tradizioni distruggendo gli equilibri naturali che garantivano cibo e attività vitali. Quello delle epiche e tristi battaglie tra il Settimo Cavalleggeri del generale Custer e i pellerossa guidati da Cavallo Pazzo e Toro Seduto. Quello dei rodei, che costituiscono ancora oggi una delle principali attrazioni non solo turistiche.
È attraverso questo West, caratterizzato da paesaggi indimenticabili, che si sviluppa il nostro itinerario. Un percorso che intreccia pagine di storia degli Stati Uniti, a noi note perché narrate in capolavori cinematografici dedicati alla drammatica lotta tra poveri per la sopravvivenza: da una parte gli indiani diseredati del loro territorio e dall’altra centinaia di migliaia di coloni alla ricerca della terra promessa.
Il nostro viaggio inizia da Denver, capitale dello stato del Colorado, collegata con voli aerei diretti da Londra e da altre capitali europee. Come molte altre cittadine che visiteremo in seguito è stata fondata nella seconda metà dell’Ottocento sulla spinta della corsa all’oro. Oggi conta circa mezzo milione di abitanti ed è una delle otto città americane con squadre che militano in serie A nei quattro sport nazionali: baseball, basket, hockey e football. Durante l’annuale National Stock Show&Rodeo, uno dei maggiori spettacoli del genere, riesce a unire la tradizione del West ai tempi moderni. Denver è oggi un centro specializzato in servizi e alta tecnologia e, dopo Washington, è la seconda città americana con vocazione amministrativa. Il suo Civic Center ospita un campidoglio molto simile, sebbene in versione ridotta, a quello della capitale. Propone due interessantissimi musei che introducono alle tematiche storiche del nostro viaggio. Il Denver Art Museum ha due splendide sedi: una realizzata dall’italiano Giò Ponti, ispirata a una fortezza, ed un’altra, recentissima, di Daniel Libeskind, che interpreta un fiore in titanio, granito e vetro. Espongono straordinarie collezioni di oggetti dei nativi americani ed una mostra di opere d’arte dedicate al periodo della conquista del West. Il Denver History Museum presenta invece, sotto un profilo meno artistico ma più storico-didattico, la vita dei cowboy, degli indiani e dei colonizzatori.
Lasciamo la città il mattino di buon’ora, perché la tappa che ci attende è lunga e impegnativa, per dirigerci dapprima verso le montagne che hanno reso celebre lo stato del Colorado, noto per le sue rinomate stazioni di sport invernali. Prima di giungere ad Aspen, la località più in voga, svoltiamo a destra verso il Rocky Mountain National Park, attraversato da una strada panoramica (Trail Ridge Road) di circa 80 chilometri, che sale fino a 3700 metri e attraversa un paesaggio montano con 100 vette sopra i 3000 metri. La strada, intervallata da idilliaci laghetti alpini, che si possono godere dai numerosi View Points, scende poi ripida verso le estese pianure del West, dove si trova Fort Laramie: il nostro primo importante incontro con la storia. Sede del mitico Settimo Cavalleggeri del generale Custer, il forte si compone di una dozzina di costruzioni sopravvissute al tempo, dove si possono visitare le residenze dei comandanti, degli ufficiali e dei soldati: qui tutto è rimasto intatto, manca solo il sibilo della trombetta che chiamava i militi all’adunata.
A pochi chilometri dal Forte si visitano due altri luoghi suggestivi, che riconducono il visitatore alla seconda metà dell’Ottocento, quando su quei territori scorrevano lunghissime carovane di coloni dirette verso la terra promessa dell’Oregon: 400 mila persone, tra il 1841 e il 1869, si avventurarono da est a ovest. “Quando Dio creò l’uomo – scrisse un pioniere sul suo diario – sembrò avesse pensato di farlo ad est per lasciarlo andare a ovest”. Dove la roccia diventa collina è possibile vedere ancora le “Oregon Trail Ruts”, cioè i solchi scavati dalle migliaia di carri che transitarono in quel luogo. Poco distante, noto come “Register Cliff”, si possono osservare un centinaio di firme incise nella morbida roccia dai coloni in viaggio. Distante un’ottantina di chilometri verso est, a Scott’s Bluff, si sale su una montagna rocciosa da cui si gode una spettacolare vista sulle sterminate e brulle pianure attraversate dalle carovane. Il silenzio del luogo fa galoppare l’immaginazione.
Il quarto giorno del nostro intenso itinerario è quasi interamente dedicato al dramma della civiltà indiana. Ci dirigiamo verso la Pine Ridge Reservation, una delle più vaste riserve indiane degli Stati Uniti. Ed abbiamo l’impressione di entrare in un altro mondo: case abbandonate, auto scassate. Non ci vuole molto per rendersi conto, come scrivono le guide turistiche, che questa è una delle zone più arretrate degli Stati Uniti. Un chiaro segno che il problema dell’integrazione dei nativi americani, a distanza di un secolo e mezzo dalla conquista del West, non è ancora stato risolto. A pochi chilometri da Pine Ridge si visita il luogo in cui avvenne il massacro di Wounded Knee, che pose la parola fine alla conquista del West. Il 29 dicembre del 1890 il Settimo Cavalleggeri intercettò un gruppo di indiani in fuga dalla riserva e accampati in una valle. Intimò loro di consegnare le armi, ma durante un’ispezione partì accidentalmente un colpo dal fucile di un indiano e si scatenò il finimondo: 250 nativi americani, comprese donne e bambini, vennero massacrati dall’artiglieria appostata sulle colline.
Le parole finali di questa triste vicenda vennero scritte molti anni dopo da Alce Nero, il grande uomo sacro dei Sioux. “Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, vedo ancora le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone serpeggiante. Nitidamente come li vidi con i miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, laggiù, nella neve insanguinata, rimasta sepolta sotto la tempesta. Laggiù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno”.

Itinerario
1° giorno Locarno – Milano Malpensa – Denver
2° giorno Visita di Denver
3° giorno Denver – Grand Lake (164 km) / Parco – Torrington (279 km) / Torrington – Fort Laramie (32 km) / Fort Laramie – Scotts Bluff (84 km)
4° giorno Scotts Bluff – Pine Ridge – Wounded Knee Massacre

Per saperne di più
Usa ovest La Guida Verde Michelin, Milano 2010
Wyoming Edimar Editrice, Milano 1995

Il Far West – Quando la storia è scolpita nella montagna

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Le “sacre” Black Hills, luogo simbolo dello scontro tra indiani e visi pallidi. Il Badlands National Park, con i suoi bizzarri pinnacoli, è una meraviglia della natura e forse la tappa più spettacolare del viaggio. I presidenti degli Stati Uniti e Cavallo Pazzo si affrontano, “immortalati” nella roccia.

Prosegue il nostro itinerario attraverso il mitico Far West, quello delle praterie sterminate, delle brulle pianure disseminate di bufali, dei territori abitati dalle tribù indiane minacciate dal progresso dell’uomo bianco, quello dei cercatori d’oro e delle loro squallide città, caratterizzate dai saloon e dai bordelli, quello dei giocatori d’azzardo, dei rodei e dei cow boy alla Buffalo Bill.
Ci inoltriamo nelle Black Hills, cuore autentico del Sud Dakota e luogo simbolo dello scontro tra pellerossa e visi pallidi. Questa terra, considerata luogo sacro e centro del mondo dai nativi americani, fu loro assegnata dal trattato di Laramie del 1868 con la garanzia che nessun uomo bianco l’avrebbe mai profanata. Ma solo 6 anni dopo, nel 1874, il governo di Washington non mantenne quella promessa e organizzò una spedizione condotta dal generale Custer, per esplorare le Black Hills. “Mi aspetto di visitare – scriveva Custer prima della partenza – una regione del paese non ancora vista da occhi umani ad eccezione degli indiani, che la descrivono come straboccante di selvaggina di ogni genere, ricca di interessi scientifici e di una bellezza insuperabile come scenario naturale”. Durante il suo viaggio il generale, oltre a tutto questo, scoprì anche la presenza di oro e la notizia rimbalzò immediatamente sulla stampa. Un giornale di Chicago scrisse: “Tutta la terra delle Black Hills è impregnata d’oro dalle radici d’erba in giù”. Questa informazione scatenò le brame dei cercatori del prezioso metallo, che si precipitarono in quelle terre tanto care agli indiani invadendone le dolci colline. Il governo americano dapprima cercò di scoraggiarli, ma nel 1875 rinunciò a far rispettare quanto promesso ai pellerossa nel trattato di Laramie. La vigorosa reazione indiana culminò nella battaglia di Little Big Horn, dove venne decimato il Settimo Cavalleggeri.
La parte più bella della regione è quella compresa nel “Custer State Park”, attraversato da due spettacolari strade panoramiche: Wild Loop Road (29 km) e Needles High Way Scenic Drive (23 km). Il paesaggio è caratterizzato da un altipiano intervallato da armoniose colline, dove pascolano placidamente numerosi bisonti, e da montagne rocciose composte di spettacolari guglie e pinnacoli. Oltre il Parco, le Black Hills giustificano il loro nome di “Colline nere” con una fitta vegetazione di boschi scuri. Uno dei panorami più idilliaci è certamente quello del Sylvan Lake situato nei pressi dell’ingresso nord del Parco.
Il nostro itinerario prosegue verso Badlands National Park, un’altra meraviglia paesaggistica: forse la più spettacolare di tutto il viaggio. Partendo dalla località Scenic si percorre dapprima la Sage Creek Road e quindi la Badlands Loop Road, dove le praterie lasciano spazio a scenografiche colline rocciose, che a seconda delle ore del giorno assumono i colori pastello di una variopinta tavolozza: varie tonalità di rosa e rosso, azzurrognolo, verderame, sabbie color castano, ossido di ferro arancione e cenere vulcanica bianca. Le forme di queste montagnette sono bizzarre: pinnacoli, guglie che sembrano spuntare come cactus dall’arido terreno, creste seghettate. E lo spettacolo si protrae per una sessantina di chilometri con numerosi View Points, dai quali partono passeggiate di ogni genere.
Il giorno seguente ci rituffiamo nella storia. Iniziamo da “Mount Rushmore National Park”, nelle Black Hills, dove batte il cuore dei patrioti a stelle e strisce. Dal 1927 al 1941 l’artista americano Gutzon Borglum, con l’aiuto di 400 minatori ed esperti di esplosivo, ha scolpito nella montagna i visi di quattro storici presidenti americani: George Washington, il primo inquilino della Casa Bianca, Thomas Jefferson, autore della Dichiarazione di indipendenza, Abraham Lincoln, che pose fine alla schiavitù e Theodore Roosevelt, promulgatore di riforme chiave di politica ambientale ed economica. Il luogo scelto per realizzare questa monumentale opera per celebrare lo stato americano non è davvero dei più appropriati se si pensa alla storia delle Black Hills e ai torti commessi da quello stesso stato nei confronti dei nativi americani. Per sottolinearlo, a mezz’ora di strada, “per far sapere all’uomo bianco che anche i pellerossa hanno i loro eroi”, nel 1948 i Sioux hanno incaricato l’artista di origine polacca Korczak Ziolkowski di scolpire, in un’altra montagna delle Black Hills, Cavallo Pazzo (il condottiero di Little Big Horn) in sella al suo cavallo con il dito puntato verso “la mia terra, dove sono sepolti i miei morti”. Ma se a Mount Rushmore la ‘scultura’ è stata realizzata in 14 anni, il “Crazy Horse Memorial” dei Sioux dopo 65 anni è riuscito a scolpire appena il volto del capo indiano, anche perché orgogliosamente non vengono accettati aiuti statali. Un chiaro segnale che il passato non è ancora stato dimenticato!
Nella vicina città di Rapid City, fondata come luogo base di approvvigionamento per i cercatori d’oro, si può visitare il modernissimo e molto didattico “Journey Museum”, dedicato alla vita delle tribù indiane delle Blck Hills e alla conquista del West, con una sezione sulla spedizione del generale Custer ed una sulla costruzione della ferrovia.
Proseguiamo verso il tipico villaggio di Deadwood, altra creazione del Gold Rush, ed alle sue porte, a Lead, ci fermiamo a un view point per osservare “Homestake Gold Mine”, una miniera d’oro aperta nel 1876 e rimasta in attività fino al 2001: impressionante il varco di 1300 metri di lunghezza, 400 di larghezza e 150 di profondità scavato dall’uomo alla ricerca del metallo prezioso. Sulla Main Street di Deadwood si allineavano ai tempi 53 saloon e 33 bordelli, dove i cercatori d’oro potevano spendere le loro fortune. Al numero 10 l’Old Style Saloon è rimasto intatto, sebbene restaurato. Fu in questo locale che avvenne l’assassinio di Wild Bill Hickok uno dei pistoleri più veloci di tutto il West. Sceriffo, scout dell’esercito e giocatore professionista si trasferì a Deadwood nel 1876. per spennare i cercatori d’oro. Solitamente non si sedeva mai con la schiena rivolta verso l’entrata, ma quella sera lo fece e venne freddato mentre giocava a poker e teneva in mano una doppia coppia nera di assi e di otto. Da allora quella venne definita “la mano del morto” e da alcuni anni nella cittadina ogni sera alle 20 l’assassinio viene rievocato con tanto di attori, che poi si trasferiscono nel luogo in cui fu processato il colpevole.
Circa quattro ore di automobile, su strade diritte come quelle che si vedono nei film “on the road” attraverso un paesaggio piano ma mai monotono, ci separano dal “Theodore Roosevelt National Park”, eremo di uno di quei quattro presidenti di cui abbiamo visto il viso scolpito nella roccia a Mount Rushmore. Il Parco è suddiviso in due parti, sud e nord, distanti un centinaio di chilometri l’una dall’altra ed entrambi attraversate da strade panoramiche. Il tormentato paesaggio è di una desolata bellezza. Altipiani verdi e praterie si alternano a dirupi scoscesi, gole vertiginose, trafori e merletti preziosi modellati nel corso dei secoli dal vento, dall’acqua e dal ghiaccio.
Proseguiamo e in cinque ore di viaggio raggiungiamo “Little Bighorn Battlefield National Monument”, il luogo in cui il generale Custer, alla testa del suo mitico Settimo Cavalleggeri, perse la vita in battaglia contro gli indiani riportando un’umiliante sconfitta: 272 militi rimasero sul campo. Sul luogo diversi pannelli illustrano le strategie militari delle casacche blu e dei pellerosse.
Proseguiamo per Cody, la città fondata nel 1895 da Buffalo Bill (la sua figura è illustrata nell’articolo in penultima pagina), l’uomo che creò ad arte il mito del Far West, con il suo spettacolo, che portò in giro per il mondo. La città, molto turistica, gli dedica uno splendido museo in cui si racconta come questo precursore delle più moderne teorie del marketing costruì il mito del lontano West. In un’altra parte del museo, immersi in un ambiente di luci soffuse con cantilene indiane in sottofondo, si viene invece sapientemente guidati nella realtà culturale dei Sioux e di altre tribù. Ma non solo, un’ampia sezione è dedicata alla presenza indiana nella cultura a stelle e strisce. A Cody si può anche visitare un tipico villaggio del West di fine Ottocento ricostruito con antichi edifici, provenienti da varie parti della regione, sul luogo in cui sorsero le prime abitazioni volute da Buffalo Bill. Last but non least, ogni sera in estate, a partire dalle 20 si può assistere a uno spettacolo di rodeo.

Itinerario
4° giorno (196 km) Pine Ridge – Red Cloud – Hot Springs e Visita Custer State Park
5° giorno Sylvan Lake – Crazy Horse Memorial (20 km) / Crazy Horse Memorial – Mount Rushmore (25 km) / Mount Rushmore – Rapid City (40 km) / Rapid City – Homestake Gold Mine (80 km) / Homestake Gold Mine – Deadwood (5 km)
6° giorno Deadwood – Badlands National Park (90 km)
e Visita Badlands National Park
7° giorno Cedar Pass – Medora (513 km) e Visita del parco
8° giorno Medora – North Unit Visitor Center (110 km) / Visita del parco / Nord Unit Visitor Center – Hardin (500 km)
9° giorno Hardin – Custer Battlefield (35 km) / Custer Battlefield – Cody (285 km)

Per saperne di più
North&South Dakota Edimar Editrice, Milano
Stati Uniti occidentali Lonely Planet, Torino