“Rima, dolce piano, luogo di sosta, paradiso del ciliegio!” Sono parole di Giuseppe Zoppi, tratte da “Il libro dell’alpe”, l’opera più nota di questo autore ticinese d’inizio Novecento, che forse qualche lettore ricorderà di avere studiato a scuola. Vi propongo oggi un itinerario circolare che da Broglio sale ai monti di Rima, che hanno ispirato questi versi a Zoppi, scende verso Prato-Sornico, per poi tornare a Broglio. Per percorrerlo calcolate al massimo quattro ore di cammino, più il tempo necessario per diverse soste. Per meglio apprezzare questo comodo e ombreggiato itinerario, vi consiglio di procurarvi (alla sede dell’ente turistico a Maggia o al negozio di artigianato Artis in piazza a Cevio) il pieghevole “Sentieri di pietra” dedicato a Broglio e a Prato-Sornico. Fa parte di una serie di una ventina di bellissimi prospetti che vi permetteranno di scoprire la Vallemaggia, soffermandovi davanti a luoghi e monumenti che senza le necessarie indicazioni difficilmente scoprireste e soprattutto apprezzereste.
Il nostro itinerario parte da Broglio, che raggiungete in circa tre quarti d’ora da Locarno. Raccolto attorno alla sua chiesa, che sulla facciata presenta un notevole San Cristoforo del Quattrocento, questo villaggio è circondato da una vasta campagna che era nota per i suoi gelsi. Furono piantati nel XIX secolo dalla famiglia Pometta. Le foglie servivano per nutrire i bachi allevati appositamente per ottenere la seta.
Imboccando il sentiero per i monti passate davanti alla casa dove nacque Giuseppe Zoppi (1896-1952), che ambientò in quei luoghi i suoi innumerevoli scritti. In un’ora circa raggiungete i monti di Rima. Sul percorso incontrate cinque cappelle di cui quattro affrescate nella seconda metà dell’Ottocento dal pittore valmaggese Giovanni Antonio Vanoni di Aurigeno. A questo proposito vi consigliamo di consultare il pieghevole della stessa collana “Aurigeno… e il Vanoni”. La prima cappella, che rappresenta una Deposizione, fu offerta come ex voto da un emigrante appena tornato dall’America, in segno di ringraziamento per essere scampato ad una burrasca in mare. Accanto alle cappelle si trovano alcune semplici croci in ferro per ricordare i contadini caduti sul versante opposto della valle mentre facevano il fieno di bosco o cercavano le capre. Una “caraa”, cioè un sentiero delimitato da muretti per impedire al bestiame in transito di uscire nei prati, vi introduce al monte, con le sue splendide torbe che si affacciano sul “dolce piano, luogo di sosta, paradiso del ciliegio” cantato da Zoppi. Un tempo soggiornavano qui per buona parte dell’anno gli abitanti di Broglio da una parte e quelli di Prato dall’altra. Le torbe in legno edificate su uno zoccolo in muratura, usate ai tempi come abitazione o come stalla, sono molto ben conservate. Anche quelle ristrutturate hanno in generale rispettato il valore architettonico originale.
Dai monti di Rima un comodo sentiero nel bosco di larici e faggi scende verso Prato-Sornico. Un villaggio che nel corso dei secoli ebbe un’importanza civile e religiosa particolare. A testimonianza di questo passato nel nucleo si conservano edifici di elevato valore storico: la chiesa parrocchiale, il campanile, il palazzo della giudicatura, la torba, la casa parrocchiale, i palazzi signorili e una casa in legno.
Seguite ora i cartelli indicatori per Broglio. Giunti in località Lovalt, immersa in una splendida campagna, su un’abitazione ammirate due interessanti affreschi a soggetto religioso del Seicento e del Settecento. Proseguite sul sentiero, attraversate il ponte sospeso sulla profonda gola scavata dal “Ri della Valle di Prato”, per giungere all’oratorio di Vedlà in un luogo idilliaco immerso nel verde. In una ventina di minuti arrivate di nuovo a Broglio.
In Val Calnègia tra pietra e cielo
Vi invito a percorrere una valle selvaggia e emozionante come solo i luoghi veri possono essere, la Val Calnègia sopra Foroglio. Incontaminata nel senso bello della parola, dove l’opera dell’uomo c’è ma è discreta, si sposa al paesaggio naturale, rispetta l’essenzialità delle linee e delle forme, non invade, non deturpa.
Ho pensato alla stupenda architettura di Jean Nouvel per la sala della musica di Lucerna, quando ho visto per la prima volta la “Splüia bela” in Val Calnègia. Quel “tetto” di pietra che si allunga a fendere il vuoto sopra il rifugio dell’alpigiano ricorda in bellezza e potenza quell’opera dell’architetto francese. Non è stata la sola sorpresa della gita: come non stupirsi di fronte alla forza del paesaggio di questa valle che si snoda tra dirupi, pietraie e macigni? O di fronte alla testimonianza viva delle fatiche dei contadini valmaggesi che d’estate trasferivano famiglia e bestie in Bavona e poi su, negli alpi, a contendere l’erba al cielo? Le cascine e le stalle sono perlopiù minuscole, i prati rubati al bosco. Ogni anfratto, ogni macigno veniva sfruttato come riparo per gli uomini e per le bestie. Sono i luoghi di Plinio Martini e del suo “Fondo del sacco”. Dello scrittore conservo un ricordo vivo, quello dell’ultima intervista che gli feci – era il 1977 – quando lavoravo per la Radio della Svizzera italiana. Già toccato dalla malattia, era in procinto di partire per Zurigo per curarsi, ma disponibile come sempre a parlare di letteratura, di politica, di religione.
Per raggiungere la Val Calnègia, meta ideale per una camminata di fine estate, si percorre la Vallemaggia fino a Foroglio, conosciuto per la magnifica cascata (e dai buongustai per l’ottima cucina di Martino Giovanettina e della sua famiglia al grotto Froda). Il sentiero segnalato porta in meno di mezz’ora di salita all’entrata della valle, proprio sopra la cascata. È l’unica fatica, perché poi il sentiero scorre abbastanza pianeggiante. Il primo maggengo, Puntid, è idilliaco, con le piccole case in pietra, prati verdissimi, lo scorrere del fiume che forma invitanti pozzi. Da qui si può raggiungere il rifugio sottoroccia di cui si parlava, quella “splüia” tanto grande da dare ospitalità a uomini e bestie, e c’era pure posto per conservare alimenti, utensili, legna. Tornati a Puntid si attraversa il fiume su un romantico ponticello e si continua il percorso tra impressionanti pareti rocciose. Un altro bel maggengo si raggiunge mediante una deviazione di pochi minuti: si chiama Gerra, ghiaia, e anche qui l’uomo conviveva con la pietra, sfruttando ogni possibilità, modificando quando poteva, adattandosi dove non era possibile fare altro. Tornati sul sentiero principale, si giunge in breve a Calnègia, ultimo nucleo prima della ripidissima salita verso gli alpi, un’escursione, questa, riservata ad escursionisti esperti. Per chi volesse informazioni supplementari segnalo il prospetto che fa parte della serie “Sentieri di pietra”, da chiedere a Vallemaggia Turismo tel. 091/753 18 85.