Barolo – La terra del vino dei re e re dei vini

Da uno splendido paesaggio nasce il Barolo, “vino dei re”

Un itinerario nelle Langhe, a sud di Alba, tra armoniose colline su cui sorgono villaggi con graziose chiesette addossate a poderosi castelli. Dove la vigna è protagonista del paesaggio e della cultura.

Un itinerario nella terra del “vino dei re e del re dei vini”: il Barolo. Nelle Langhe a sud di Alba, il nostro percorso si snoda tra armoniose colline battute dal vento. Sul crinale sorgono villaggi con graziose chiesette addossate a poderosi castelli. Protagonista del paesaggio è la vigna “che sale sul dorso di un colle fino a incidersi nel cielo” con i suoi filari ordinati come “quinte di una scena favolosa, in attesa di un evento” (Cesare Pavese, “Feria d’agosto”). La stagione migliore per visitare questa incantevole regione è l’autunno, quando i vigneti si tingono di un tripudio di colori, che vanno dal giallo al rosso. Ma è affascinante anche in primavera, quando le nebbioline del mattino si alzano lentamente e le colline appaiono come “se si togliesse loro il vestito da sotto in su” (Beppe Fenoglio, “I ventitrè giorni della città di Alba”), così come in estate, quando il sole avvolge la vigna portandola a maturazione.
Già Plinio diciassette secoli fa scriveva che le argille attorno ad Alba erano adatte alla vite. Secondo gli storici, per trovare le origini del vino Barolo bisogna però risalire al XIII secolo, quando i membri della famiglia Falletti, acquistando un castello dal comune di Alba, divennero Marchesi di Barolo. A intuire l’enorme potenzialità viticola della regione fu agli inizi dell’Ottocento una nobildonna francese, Juliette Colbert di Maulévrier pronipote del famoso ministro delle finanze di Re Sole, che sposò nel 1807 il Marchese di Barolo Carlo Tancredi Falletti. Juliette comprese che per rivelare tutte le qualità tipiche del suolo e del vitigno era necessaria una lunga fermentazione e un prolungato affinamento in botti di legno.
La tradizione narra che re Carlo Alberto di Savoia (1798-1849) rimproverasse la marchesa “imperocché mai gli aveva fatto gustare quel famoso vino del quale tanto aveva sentito parlare”. Cosicché, secondo la leggenda, la marchesa caricò una lunga fila di carri trainati da buoi con 325 carrà, piccole botti, una per ogni giorno dell’anno, escluso il periodo della Quaresima. Ogni botte, di circa 500 litri ciascuna, conteneva vino proveniente dalle diverse tenute della proprietà. La soddisfazione di Carlo Alberto fu tale che decise di acquistare il castello di Verduno con gli annessi vigneti e affidò la vinificazione delle uve a un generale e famoso enologo, Paolo Francesco Staglieno, il quale introdusse nuovi metodi di vinificazione. Alcuni anni più tardi fu un altro sovrano, Vittorio Emanuele II, a dare lustro all’etichetta acquistando pure lui un’importante tenuta: quella di Fontanafredda a Serralunga d’Alba, nel cuore della regione, alla quale è legata la piccante storia di cronaca rosa che legò il re alla Bella Rosin.
Un’altra famosa figura della storia d’Italia lega il suo nome al Barolo: il conte Camillo Benso di Cavour, proprietario del castello di Grinzane e dei contigui vigneti, che a metà Ottocento modernizzò la produzione e commercializzò il Barolo rendendolo famoso nelle corti di tutta Europa.

Tra le colline del Barolo
Il Barolo viene vinificato in undici comuni: Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga (dove si produce esclusivamente questo vino), Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi. Per gli amanti del trekking esistono 250 chilometri di sentieri segnalati che attraversano tutta le regione collegando queste undici località. Anche l’itinerario in automobile che proponiamo in questa pagina tocca tutti i comuni, iniziando a percorrere il perimetro della zona per poi entrare nel cuore della regione e terminare al museo del vino di Barolo.
La nostra prima tappa prevede la visita di un altro interessante museo, dedicato alla storia e allo sviluppo del “vino dei re”, oltre che del tartufo. Il percorso inizia infatti dalla visita di Grinzane e del suo imponente castello, che fu abitato dal 1832 al 1849 dal grande statista Camillo Benso di Cavour, padre dell’unità d’Italia. L’ottima audioguida del museo racconta l’impegno del conte di Cavour per rinnovare la produzione del Barolo e per diffonderlo in tutto il continente. La maestosa costruzione, realizzata attorno alla torre centrale della prima metà dell’XI secolo, ospita ogni anno un prestigioso premio letterario e l’asta mondiale del tartufo, che si tiene a fine ottobre-inizio novembre e alla quale sono collegati via internet gourmet da tutto il mondo: l’anno scorso ha fruttato oltre 300 mila euro.
Si prosegue in direzione di Sinio, dove il locale castello ospita un interessante albergo gestito da una cittadina italo americana. Si prosegue, lungo una strada romantica, verso Serralunga, un piccolo borgo ad anelli concentrici, che si arrampica a spirale sulla collina fino al suo imponente e slanciato maniero duecentesco, che dal terzo piano offre un panorama straordinario sui dolci declivi della Langa, punteggiata da paeselli. La tappa successiva è Monforte d’Alba, dove una ragnatela di viuzze culmina in un’antica torre campanaria. Novello è caratterizzato dal castello in stile neogotico, dalla parrocchiale barocca e dalla Bottega del vino ospitata nella cripta di una chiesa sconsacrata. A Cherasco, capitale italiana delle lumache, il castello visconteo rievoca il passato di piazzaforte militare dei Savoia. La graziosa cittadina propone ampie strade porticate con nobili architetture, che vanno dal medioevo all’età barocca. Il nostro circuito perimetrale ad anello si conclude a Verduno e a Roddi, dove dai rispettivi manieri si aprono splendidi panorami su Langhe, Monferrato e Alpi.
A questo punto l’itinerario prosegue penetrando nel cuore della regione, dapprima a Castiglione Falletto, quindi all’antico borgo medioevale di La Morra, che si distende a ventaglio e offre panorami mozzafiato sul borgo di Barolo, ultima tappa del nostro percorso. Situato in una conca aperta, tra armoniose colline, le sue case sono addossate all’importante castello dei Falletti, Marchesi di Barolo, che diedero il nome al “vino dei re”. Un interessante e innovativo museo, con ottima audioguida, si sofferma sul vino nella storia e nell’arte, in cucina e nel cinema, nella musica e nella letteratura, nei miti universali e nelle tradizioni locali. L’esposizione è anche un omaggio alla storia del castello e ai personaggi illustri che lo hanno abitato: la nobildonna francese Juliette Colbert che divenne marchesa di Barolo e fu la prima, come abbiamo visto, a intuire nella prima metà dell’Ottocento le grandi potenzialità di questo vino e il patriota Silvio Pellico, uno dei grandi protagonisti del Risorgimento italiano, che qui fu bibliotecario dei Falletti e di cui sono conservate intatte la camera e lo studio.
L’itinerario si conclude nel modo più appagante negli scantinati del castello, che tennero a battesimo questo vino leggendario e che oggi ospitano l’Enoteca Regionale del Barolo, rappresentativa degli undici borghi della regione, con una vastissima scelta di etichette e di annate memorabili.

Soggiornare al Castello come a casa di amici
Quando arrivate al Castello di Sinio avete l’impressione di essere accolti a casa di amici. Suonate a un cancello che si affaccia sulla piazza del borgo, vi aprono, salite per un centinaio di metri in auto ed entrate nell’incantevole corte del maniero: ad attendervi c’è la proprietaria Denise Pardini con il suo staff, che vi spiega tutto della regione e dei suoi straordinari vini. L’albergo ha una ventina di camere, a prezzi accessibili per quanto offre, e dal mercoledì alla domenica sera la signora Denise vi delizia con la sua cucina tipica piemontese, ritoccata con un pizzico di modernità. “Conosco bene le ricette tailandesi, cajun e marocchine, ma in questa regione non mi permetterei mai – afferma – di allontanarmi dalla tradizione”. La carta dei vini è notevole e oltretutto la signora conosce tutte le bottiglie e le relative annate perché le ha acquistate lei stessa dai produttori, così come ogni piatto presentato in tavola esce dalle sue mani. Un posto davvero unico e particolare, come la storia della sua affascinante proprietaria.
Denise Pardini è nata a San Francisco da una famiglia lucchese di emigrati italiani. Le sue prime esperienze in cucina risalgono all’età di sette anni, quando talvolta preparava il pranzo ai suoi sei fratelli. La passione per l’enogastronomia la spinge verso la ristorazione e la induce ad aprire due ristoranti nella metropoli californiana: uno di cucina italiana. Dopo qualche anno cambia vita e si dedica al marketing nella vicina Silicon Valley. “A quei tempi – ricorda – era ancora possibile vivere nuove esperienze anche senza una formazione specifica”. Raggiunge posizioni al vertice in due aziende informatiche. Nel 1990 si prende un anno sabbatico, che decide di trascorrere in Italia approfondendo la lingua italiana parlata nell’infanzia in famiglia, ma ormai quasi dimenticata. Visita la Toscana, sua terra d’origine, le Marche, l’Umbria, il Lazio per poi approdare in Piemonte, dove viene a sapere che il castello di Sinio è in vendita. È amore a prima vista, “anche se si trovava in condizioni pietose”. Dedica quindici anni della sua vita e investe tutti i suoi averi nel progetto di trasformarlo in un elegante ma familiare albergo, che ha aperto i battenti nel 2005. Da dieci anni questo castello è un’oasi di accoglienza: provare per credere!

Itinerario
L’itinerario visita 11 comuni in cui viene prodotto il vino Barolo; ha una lunghezza di un centinaio di chilometri e richiede circa due giorni. Si incontrano nell’ordine: Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Serralunga (passando per Sinio), Monforte d’Alba, Novello, Cherasco, Verduno, Roddi, Castiglione Falletto, La Morra e Barolo.

Per saperne di più
Piemonte Guida d’Italia, Touring Club Italiano, Milano 1976
Piemonte, Valle d’Aosta Guide d’Italia, Touring Club Italiano, Milano 2001
Italia La Guida Michelin 2015 (alberghi e ristoranti)

Da uno splendido paesaggio nasce il Barolo, “vino dei re”

Barolo – La terra del vino dei re e re dei vini

Da oltre trent’anni frequento l’Enoteca Bava a Cannobio sul Lago Maggiore e dal suo titolare Giuseppe Bava ho imparato ad apprezzare il vino e a capire che i gusti evolvono. La grande passione dell’amico Giuseppe è sempre stata il Barolo, che io non ho mai saputo apprezzare più di tanto. Ogni volta che ci incontravamo per una degustazione mi diceva: “Vedrai che prima o poi arriverai a capire questo grande vino”. Non vi dico la sua soddisfazione quando ho iniziato a gradire il cosiddetto “vino dei re”. “Certo – mi dice Giuseppe – ci hai messo molti anni, ma il Barolo è un punto di arrivo, non di partenza. Comunque chi ama il vino prima o poi finisce per capirlo”. “A un cliente giovane – afferma Francesco, uno dei due figli che lavorano con Giuseppe – non offrirei mai un Barolo. Inizierei con altri vini, più facili”. Come i Chianti o i cosiddetti Supertuscan? “Sono vini che hanno un raggio di gradimento più vasto, mentre il Barolo è un po’ come il Bourgogne, difficile da vinificare e anche da gustare”. Ma, chiedo ancora a Giuseppe Bava, non è che i Baroli moderni siano più semplici rispetto a quelli classici? “Quelli di oggi sono pronti per essere bevuti, mentre quelli classici andavano invecchiati per dare il meglio. Sono però del parere che il vino vada acquistato per essere bevuto, non per finire in cantina, per cui credo che nella vinificazione del Barolo siano stati compiuti grandi progressi negli ultimi trent’anni. Anch’io preferisco ai classici i moderni, che per altro sopportano benissimo anche l’invecchiamento”.

Pure Paolo Basso, il campione del mondo dei sommelier, non ha dubbi in proposito: “In trent’anni – afferma – il Barolo ha fatto passi da gigante”. Come mai? “Fino agli anni Ottanta erano in pochi a vinificarlo. Tutto è cambiato quando alcuni giovani enologi, preparati, diplomati, con grande talento, hanno creato le loro cantine di produzione e hanno saputo andare oltre al cosiddetto Barolo classico – dietro al quale talvolta si nascondevano anche palesi difetti – pur rimanendo fedeli alla tradizione. Più che di vini moderni – aggiunge Basso – parlerei di prodotti più professionali che migliorano invecchiando”. Anche se lei consiglia di non conservare troppo a lungo i vini in cantina. “Diciamo che un Barolo entra nella sua pienezza dopo 10 anni. È come con le persone: si può essere simpatici da giovani, così come quando si raggiunge la maturità”. Non manca chi rimpiange i vecchi metodi di produzione… “Sa, è un po’ come chi preferisce alle auto moderne quelle d’epoca, che sono scomode, pericolose e inquinanti, ma magari ricordano loro gli anni spensierati della giovinezza”. Come considera il “vino dei re” a livello internazionale? “Come uno dei grandi al mondo, che oggi, grazie alla qualità e a un marketing intelligente, non può mancare sulla carta di un grande ristorante”. E quanto all’abbinamento con il cibo? “Certamente si accorda con i gusti della tradizione piemontese carni a lunga cottura e tartufi – o simili”. Qui vi presento un itinerario nella regione del Barolo

Il fascino discreto del Lago d’Orta

Le muse stanno appollaiate / sulla balaustra / appena un filo di brezza sull’acqua / c’è qualche albero illustre / la magnolia il cipresso l’ippocastano…” Sono i versi di una lirica di Eugenio Montale intitolata “Sul lago d’Orta”. Anche lui, come molti altri letterati, rimase ammaliato dal fascino misterioso che rapisce chi si affaccia su questo lago, meta dell’itinerario di oggi, che si può effettuare in una giornata, ma meglio in due, con pernottamento a Orta San Giulio. Per giungervi si percorre la sponda piemontese del Lago Maggiore fino a Fondo Toce. Arrivati a Verbania vale la pena di fare una piccola deviazione di pochi chilometri per visitare il romantico villaggio di Mergozzo, che si affaccia su un minuscolo lago omonimo. Pochi chilometri più avanti possiamo vedere le cave di Candoglia, dalle quali è stato estratto il marmo rosa donato, nel 1390, da Gian Galeazzo Visconti alla Fabbrica del Duomo di Milano.
Un delizioso piccolo lago ai piedi del Monte Rosa, un’isola adagiata in acque calme, civettuola e semplice, naturale eppure adorna, solitaria e ben accompagnata: eleganti boschetti, statue d’un bell’effetto. Intorno, rive allo stesso tempo silvestri e coltivate: il grandioso e i suoi tumulti al di fuori, dentro le proporzioni umane”. Ci appaiono così, come descritte da Honoré de Balzac, le quiete rive del lago d’Orta.
Per visitare Orta San Giulio bisogna contare una mezza giornata abbondante, ma è piacevole trattenersi anche più a lungo. È un incantevole villaggio formato da un dedalo di stradine, che dalla collina scendono al lago. Le pittoresche piazzette, le case in pietra, gli eleganti palazzi barocchi, valorizzati dall’assoluta assenza di traffico motorizzato, non mancano di affascinarci. Mentre beviamo un aperitivo nella piazza principale Mario Motta, dove ogni mercoledì si tiene un animato mercato, davanti a noi si erge il piccolo e grazioso palazzo della Comunità, costruito nel 1582. Dall’approdo raggiungiamo, in cinque minuti di motoscafo, l’isola di San Giulio, considerata il gioiello più prezioso. Secondo la leggenda fu fondata nel 390 da San Giulio, di cui si conservano le spoglie, che l’avrebbe liberata dai serpenti fondandovi una chiesa. A forma ellittica, è molto piccola (lunga 275 metri e larga140) e interamente occupata dalla bella basilica romanica, dall’ex seminario, ora convento, e dalle discrete ville con i loro giardini. Se la si visita all’infuori degli orari di punta, affascina per l’intimità e il mistico silenzio.
Torniamo al villaggio e dalla piazza saliamo verso la scenografica chiesa settecentesca di S. Maria Assunta. Lungo via Corinna Caire Albertoletti si allinea una suggestiva serie di antichi edifici. Proseguiamo la salita che ci porta in pochi minuti al Sacro Monte. Si tratta di un luogo idilliaco, che domina il borgo e il lago dall’altezza di 400 metri. In un bosco di pini e faggi con piante secolari ventuno cappelle, sapientemente distribuite a spirale sulla collina, raccontano la vita di San Francesco, con statue in cotto dipinto e affreschi. Il luogo, con splendidi panorami sul lago, ispira pace e meditazione, soprattutto in autunno.
Se decidete di fermarvi per una notte vi consiglio di trascorrerla all’albergo San Rocco (tel. 00390322 911977), situato in riva al lago con una splendida vista sull’isola di San Giulio, e di cenare al Villa Crespi (tel. 00390322 911902): due stelle della prestigiosa guida Michelin.