Stati Uniti – Viaggiando nella Storia

Stati Uniti – I miti dell’America
Stati Uniti – La metropoli che inventò i grattacieli

Da Philadelphia, culla della Nazione, a New Orleans, uno dei principali porti delle navi dei negrieri. Poi, lungo le rive del Mississippi visitando le grandi piantagioni dove lavoravano decine di migliaia di schiavi.

Il nostro viaggio inizia nella culla della storia a stelle e strisce: Philadelphia. La città dove nel 1774 si tenne il primo congresso tra i coloni della Nuova America per discutere dei loro rapporti con la corona inglese. Dove nel 1776 il secondo congresso decretò la separazione dalla Gran Bretagna e il 4 luglio adottò la dichiarazione d’indipendenza. Dove nel 1787 venne ratificata la costituzione americana (proprio qui si trovano tutti i documenti originali). Queste tappe fondamentali della storia statunitense si celebrarono nell’Indipendence Hall e dal suo campanile si udì la campana, la Liberty Bell, suonare a festa.
Nel nucleo più antico di questa storica città è stato istituito l’Indipendence National Historical Park, il miglio quadrato più ricco di storia di tutta l’America, costituito da dodici isolati con case in mattoni rossi, nei quali si possono ripercorrere le tappe salienti della nascita della nazione, dal 1776 al 1800, anni durante i quali Philadelphia fu capitale del paese.
Il luogo più magico, dove vennero prese le decisioni più importanti, è l’Indipendence Hall. Accanto si trovano la Congress Hall, dove si tennero le riunioni della prima camera dei deputati e del primo senato e la Old City Hall, sede della prima corte suprema. Non distante è stato costruito un museo per accogliere la Liberty Bell, la campana che scandì i momenti salienti della nascita della nazione, assurta in seguito a simbolo della libertà, anche durante la guerra di secessione per la liberazione degli schiavi.
Non lontano dal centro storico, immersa tra costruzioni moderne, si trova Elfreth’s Alley, una pittoresca viuzza, considerata la più antica degli Stati Uniti, che fu abitata fin dal 1727. Philadelphia offre anche interessanti musei, in particolare il Museum of Art (splendida collezione di arte europea dal 1850 al 1900), e un nuovo centro urbano situato sull’altra sponda del fiume Delaware, con un’imponente City Hall in stile Secondo Impero francese completata nel 1901.

New Orleans culla del jazz
Il nostro viaggio prosegue in aereo verso New Orleans (circa 3 ore di volo), un’altra città che svolse un ruolo importante nella giovane storia americana. Il suo porto, assieme a quello di Charleston (situata a nord est), fu infatti uno dei principali punti di approdo degli schiavi provenienti dall’Africa e dalle colonie francesi a partire dall’inizio del XVIII secolo. Alcuni di loro acquistarono la libertà e – assieme agli abitanti di origine francese e spagnola residenti nel Quartiere Francese – diedero origine alla cultura creola, che tanto influenzò la musica e la gastronomia cittadine, frutto di un crogiuolo di razze e di culture. Gli anglo-americani, che arrivarono verso metà Ottocento, vennero mal tollerati e invitati a insediarsi in “nuovi” quartieri nati attorno al centro storico.
La musica jazz nacque a New Orleans, in questo clima culturale, verso la fine del XIX secolo, influenzata soprattutto dalle popolazioni di cultura africana e si affinò all’inizio del Novecento nei bar e nei bordelli del Quartiere Francese.
New Orleans è una città diversa da tutte le altre degli Stati Uniti. Grazie alla sua mentalità festaiola, si dice che i suoi abitanti prendano la vita con calma (The Big Easy). Distrutta a due riprese nel Settecento da due devastanti incendi (1788 e 1794), la sua architettura tradisce origini europee, piuttosto spagnole che francesi, adattate a un clima subtropicale. Questo si spiega con il fatto che nel 1760 Luigi XV cedette la città con i vasti territori attorno a suo cugino spagnolo Carlo III, il quale la governò fino a pochi mesi prima che Napoleone vendesse per 15 milioni di dollari l’amplissima regione, a cui apparteneva anche New Orleans, al presidente americano Thomas Jefferson.
Fondata nel 1718 su un territorio paludoso, la città deve il suo sviluppo alla posizione vicino alla foce del Mississippi, il fiume più lungo degli Stati Uniti (3778 chilometri). Oggi la sua economia si basa sui pozzi di petrolio del Golfo del Messico e sul turismo (è una delle città più visitate del paese).

Il Quartiere Francese
Nel 2005 l’uragano Katrina ha distrutto l’80 per cento di New Orleans. La città sorge infatti un metro e mezzo sotto il livello del mare e i suoi argini sono stati sopraffatti dalla violenza delle acque. Solo il Quartiere Francese, il centro storico, è stato risparmiato dagli allagamenti. Ed è soprattutto qui che si concentrano le visite turistiche. Lo si può comodamente percorrere a piedi in lungo e in largo in una giornata (musei a parte). Cuore del centro è la francese Place d’Armes, poi ribattezzata Jackson Square in onore di un eroe della liberazione. Sulla piazza si affaccia la cattedrale d’ispirazione neogotica ricostruita nel 1794. Accanto sorgono due palazzi gemelli. Il Cabildo, eretto dal governo spagnolo nel 1799, e il Presbytère edificato nel 1813 per ospitare i vescovi della Louisiana. Oggi il primo fa parte del museo storico cittadino e il secondo presenta un’interessante mostra sul Mardi Gras, il famosissimo carnevale di New Orleans. Sui due lati di Jackson Square si allineano altri due edifici gemelli del 1840 commissionati da una baronessa dopo un viaggio in Europa. I loro balconi in ghisa costituirono un esempio per molti altri palazzi cittadini. Sul quarto lato della piazza scorre il Mississippi, che si può ammirare da un belvedere. Poco lontano sorge il French Market, mercato cittadino nell’antichità, oggi trasformato in centro commerciale con ristoranti.
Ma per scoprire New Orleans bisogna camminare con il naso per aria lungo Royal street, Bourbon street e Lachartres street, risalendo anche le vie perpendicolari a queste tre strade parallele. Si ammirano splendidi palazzi cittadini, molti dei quali, come vedremo in seguito, edificati dai ricchissimi proprietari delle piantagioni di cotone lungo le rive del Mississippi, che amavano trascorrere lunghi periodi in città. Oltre i confini del Quartiere Francese, anticamente abitato soprattutto dai creoli, sorgono le zone costruite dagli angloamericani. L’urbanistica è sempre squadrata ma le case sono lontane le une dalle altre e sono caratterizzate da una loggia sull’entrata. Presentano quelle architetture romantiche che sono passate nell’immaginario collettivo come le classiche case dell’America d’inizio Novecento. È piacevole passeggiare per questi quartieri, soprattutto alla vigilia del 4 luglio, festa dell’indipendenza, quando molte case sono addobbate a stelle e strisce.

Le piantagioni lungo il Mississippi
Il nostro viaggio prevede il trasferimento in automobile da New Orleans a Chicago attraversando gli stati della Louisiana, Mississippi, Tennessee, Kentucky, Indiana e Illinois. Ci rechiamo così all’aeroporto di New Orleans per noleggiare un’automobile, un comodo suv della Dodge. La prima tappa è la cosiddetta River Road, la strada che percorre le rive del Mississippi su entrambe i lati per quasi 200 chilometri da New Orleans a Baton Rouge, lungo la quale si trova una splendida collezione di case coloniche delle piantagioni. Prima della guerra di Secessione (1861-1865) ce n’erano più di 2 mila. Oggi alcune sono state trasformate in musei. L’architettura di queste imponenti residenze, costruite con il lavoro degli schiavi, è in stile europeo, ma adattato al clima subtropicale. L’entrata principale era rivolta verso il fiume per poter accogliere gli ospiti che arrivavano in barca. Per prevenire il propagarsi degli incendi le cucine erano staccate dalla costruzione principale. Gli arredamenti ricordano quelli delle antiche ville aristocratiche e nobiliari europee di campagna. Molte residenze comprendevano un’ala separata, la cosiddetta garçonnière, dove andavano ad abitare i giovani uomini della famiglia al compimento dei 15 anni.
Le spartane case degli schiavi sorgevano a distanza. Si possono spesso visionare documenti sull’acquisto degli schiavi, con indicato il prezzo e le caratteristiche della ‘merce’ umana.
Visitiamo tre piantagioni. Le caratteristiche generali sono le stesse, anche le storie dei loro fondatori di origine europea sono simili, ma ogni “plantation” offre spunti diversi di riflessione.
Laura Plantation è l’unica che propone visite guidate anche in lingua francese. La sua storia è interessante perché la conduzione era stata affidata a donne della famiglia. La regola voleva che per garantirne la continuità la proprietà fosse in mano al figlio più promettente. E qui in ben due occasioni il testimone toccò a due donne, giudicate più idonee, nonostante ci fossero figli maschi a disposizione. Questa piantagione, come molte altre, proseguì la sua attività anche dopo la guerra di Secessione (1861-1865) che decretò la fine della schiavitù. Gli schiavi diventarono però uomini liberi solo sulla carta. Attraverso il sistema della mezzadria i neri continuavano infatti a coltivare la terra ed erano costretti a cedere la gran parte del raccolto al proprietario. Che per giunta li ripagava con gettoni che potevano utilizzare solo al negozio della ‘plantation’, gestito naturalmente dalla proprietà.
A pochi chilometri si può visitare la splendida Oak Plantation, residenza di campagna che veniva abitata per otto, nove mesi all’anno. I suoi proprietari, come quasi tutti i signori delle piantagioni, si trasferivano infatti per lunghi periodi nelle loro ricche residenze a New Orleans o a Natchez, che avevano caratteristiche architettoniche più cittadine. Molto spesso compivano anche lunghi viaggi in Europa. Colpiscono a Oak Plantation gli splendidi viali di accesso alle entrate anteriore e posteriore della casa colonica costituiti da querce centenarie che offrono un quadro indimenticabile.
Un centinaio di chilometri più a nord in direzione di Natchez, a Francisville visitiamo Rosedown Plantation, con il suo bel giardino all’italiana. Ma ciò che più colpisce è l’arredamento. Se in molte altre residenze i mobili non sono più quelli originali, ma sono stati sostituiti con altri dell’epoca, qui il tempo sembra essersi fermato: tutto è rimasto intatto!

Natchez, una perla
Anche se non molto nota Natchez è una vera perla degli Stati Uniti, che custodisce lo splendore architettonico del sud del primo Ottocento, cioè del periodo precedente la guerra di Secession. L’urbanistica è squadrata e urbana come quella di New Orleans, ma le case non sono una a ridosso dell’altra come nelle grandi città e come nel Quartiere Francese. I quartieri sono costituiti da splendide ville con parco caratterizzate da architetture classiche e austere. Passeggiando per le vie del centro si può percorrere un viaggio a ritroso nella storia immaginando quello che doveva essere questa regione nella prima metà dell’Ottocento. Alcune residenze sono diventate musei e si possono visitare. Nel centro cittadino vanno segnalate la graziosa Rosalie e l’imponente Stanton Hall, che si trovano ai due estremi della città. Camminando tra una e l’altra e seguendo una piccola guida distribuita sul posto si possono ammirare le vie più suggestive. Lontane dal centro, immerse in immensi parchi, sorgono invece Rosalie e l’incompiuta Longwood.
A differenza delle residenze che abbiamo visitato nelle ‘plantation’ queste sono ville di città, non di campagna, ma anch’esse si ispirano all’architettura europea. Le storie dei loro proprietari sono molto interessanti. Ascoltandole ci si rende conto come tutto da queste parti sia sempre da riferire alla guerra di Secessione (1861-1865) che contrappose il sud schiavista al nord modernizzatore. Questa regione, prima del conflitto, vantava più milionari di qualsiasi altra parte degli Stati Uniti eccetto New York. Dopo la guerra, con la vittoria dei nordisti e l’abolizione della schiavitù tutto cambiò e molte famiglie persero le loro immense fortune, accumulate sullo sfruttamento degli schiavi. Interessante a questo proposito la storia del proprietario di Longwood, filonordista: come spesso accade nelle guerre civili fu osteggiato dapprima dai sudisti e in seguito anche dai nordisti. Perse così tutta la sua fortuna e non riuscì a ultimare il suo progetto megalomane che prevedeva un’enorme e originalissima casa ottagonale che culminava con una cupola. Anche il ricchissimo proprietario di Stanton Hall, che per la sua residenza fece arrivare dall’Europa gli oggetti più assurdi, perdette tutti i suoi averi in seguito alla guerra.

Itinerario
1° giorno Zurigo-Philadelphia
2° giorno Philadelphia-New Orleans
3° giorno New Orleans
4° giorno (330 km – 4h) New Orleans – River Road – Natchez
5° giorno Natchez
6° giorno (800 km – 9h) Natchez – Nashville (per la Natchez Trace PKWY)
7° giorno (350 km – 4h) Nashville – Lexington
8° giorno (130 km – 2h) Lexington – Frankfort – Louisville
9° giorno (500 km – 5h) Louisville – Chicago
10°-15° giorno Chicago
16° giorno Chicago – Locarno

Per saperne di più
Usa Est La guida verde Michelin, Milano 2009
Stati Uniti centrali The Rough Guide, Milano 2009
Stati Uniti orientali Lonely Planet, Torino 2012
Chicago Lonely Planet, Torino 2014
T. Harry Williams, La guerra civile americana, in Storia del mondo contemporanea Milano 1982

Stati Uniti – I miti dell’America

Stati Uniti – Viaggiando nella storia
Stati Uniti – La metropoli che inventò i grattacieli

Elvis Presley, la musica country, Abramo Lincoln, uno dei padri della nazione, e l’enfant terrible Muhammad Ali, la corsa di cavalli del Kentucky Derby, sono solo alcuni dei grandi simboli che incontriamo nel nostro viaggio da New Orleans a Chicago, attraversando da sud a nord il cuore del paese.

Il nostro viaggio da New Orleans verso Chicago attraversando il centro degli Stati Uniti prosegue verso Nashville, la capitale della musica country e del Tennessee, un altro stato profondamente conservatore, tanto che il parlamento ha recentemente approvato un progetto di legge per rendere la Bibbia testo ufficiale dello stato. Una strada panoramica di 643 chilometri, facilmente percorribili in un giorno, collega Natchez a Nashville. L’arteria, chiusa al traffico commerciale, senza semafori e – attenzione – senza stazioni di benzina, segue un’antichissima pista tracciata da bufali e cacciatori preistorici. La Natchez Trace Parkway, questo è il nome della strada, è curata dal National Park Service e l’erba ai lati è rasa come nei parchi cittadini. Si guida per ore immersi nel verde incrociando poche automobili, qualche motociclista, alcuni ciclisti e senza incontrare nessuna zona abitata, salvo abbandonare la Trace per raggiungere qualche villaggio dove rifocillarsi e soprattutto fare il pieno di benzina. Fino a metà Ottocento, quando i battelli a vapore iniziarono a navigare nelle due direzioni lungo il Mississippi, questa pista era battuta da 10 mila viaggiatori all’anno. Si trattava di coraggiosi avventurieri del Kentucky e in genere del nord, che trasportavano merci lungo il fiume fino a New Orleans, dove vendevano anche le loro chiatte per il legname e ritornavano a casa percorrendo la Trace, perseguitati da maltempo, animali selvatici, indiani ostili e terreno accidentato.

La città natale di Elvis Presley
Poco oltre metà strada tra Natchez e Nashville una piccola deviazione porta a Tupelo, la città natale di uno dei miti dell’America moderna: Elvis Presley. Entrando in città numerosi cartelli stradali indicano “birthplace” (luogo di nascita), dando per scontato che tutti sappiano di chi. Su una collina appena fuori città, in un quartiere povero, sorge la casa della famiglia Presley, dove Elvis nacque l’8 gennaio 1935 assieme al suo gemello Jesse che morì subito dopo avere assaporato la luce del mondo. Si tratta di una piccola abitazione lunga e stretta, costituita da due sole stanze, che i genitori costruirono nel 1934. Il mobilio è stato ricostituito con mobili dell’epoca, così che l’arredamento risulti identico a quello del giorno in cui nacque Elvis. Suggestiva è anche la visita della chiesetta frequentata dai Presley, che è stata trasferita qui dalle vicinanze. Ci si siede sui banchi e ai lati scendono degli schermi su cui viene proiettato un filmato che ripropone l’atmosfera delle tonanti cerimonie religiose a cui assistette il giovane Elvis, ritmate da quei gospel che tanto influenzarono la sua musica in seguito. Il piccolo museo colloca il periodo della gioventù di Elvis nel contesto storico locale e nazionale, illustrando la vita del sud negli anni antecedenti la seconda guerra mondiale. La continuazione della storia incredibile che trasformò un giovane camionista in uno dei miti dell’America moderna la si può seguire al Country Music Hall of Fame & Museum di Nashville, che dedica un’intera sezione a Elvis, mostrando video dei suoi concerti, esponendo le sue chitarre, i suoi stravaganti vestiti e perfino la sua Cadillac con le maniglie d’oro.
Raggiungiamo Nashville in serata. Pernottiamo in un’antica stazione in stile liberty trasformata in albergo. È il 4 luglio, festa dell’Indipendenza. La città, culla del country, è addobbata a festa. Musica nei bar, nei locali notturni della centralissima Broadway Road e in piazza, dove si tiene uno splendido spettacolo di fuochi pirotecnici accompagnati dall’orchestra sinfonica cittadina. Nei locali notturni la musica imperversa fino all’alba. Ne giriamo alcuni: animatissimi. Tutti con musica di buon livello. Ricordate il film “Le ragazze del Coyote Ugly” dove le avvenenti cameriere ballano in modo sfrenato e sexy sul bancone di un bar da cowboy? Ebbene quel locale si trova proprio qui a Nashville.

La culla del country
Nashville è considerata la culla della musica country, nata all’inizio del Novecento come risultato dell’interazione tra le tradizioni musicali folk britanniche e irlandesi importate dai coloni anglosassoni con gli inni spiritual e gospel cantati dagli schiavi afroamericani e dai loro discendenti. Una trasmissione radiofonica (The Grand Ole Opry) trasmessa sin dal 1925 da un’emittente di Nashville e tuttora molto ascoltata negli Stati Uniti ha scoperto in quasi un secolo di storia i grandi cantanti di questo genere. Tanto che gli artisti country potevano dire di avere raggiunto il successo solo dopo avere superato l’esame dell’Opry e aver suonato nel prestigiosissimo Ryman Auditorium, un’ex chiesa in mattoni rossi, che si trova nel centro città e dove si tenevano i concerti. Oggi anche i 2 mila posti messi a disposizione in questa sala non sono più sufficienti e alcuni concerti si tengono in un nuovo gigantesco teatro fuori città.
Ma anche lungo tutta la centralissima Broadway vi sono bar dove musicisti di talento suonano dopo il tramonto. Nel vastissimo Country Music Hall of Fame & Museum il genere viene rivisitato in tutti i suoi aspetti, le sue tendenze ed evoluzioni. Raccoglie cimeli di grandi star (abiti, stivali, strumenti, persino automobili), filmati, fotografie e registrazioni, che si possono ascoltare in sofisticate cabine.
È davvero peccato avere poco tempo a disposizione, ma il nostro viaggio verso Chicago è ancora lungo. La nostra prossima tappa ci porta nel Kentucky, la terra dei cavalli purosangue. Ma prima di raggiungere Lexington ci imbattiamo in un altro mito: quello del presidente Abramo Lincoln.

Lincoln, padre della democrazia
Una deviazione di pochi chilometri dalla statale US-31 East ci porta al National Historic Site dove si trova una riproduzione simbolica della capanna in cui il 12 febbraio 1809 nacque Abramo Lincoln, il padre dell’America moderna, il presidente che sconfisse il fronte sudista nella guerra di Secessione (1861-1865) e decretò la fine della schiavitù. La capanna in legno è racchiusa all’interno di un Memorial Building, monumentale ricostruzione di un tempio greco in granito e marmo con 56 gradini, che simboleggiano gli anni della vita di Lincoln, assassinato a Washington il 14 aprile 1865. La capanna dove Lincoln trascorse la sua adolescenza (pure riprodotta) si trovava a pochi chilometri di distanza dal luogo di nascita, in un’altra splendida zona di campagna.
Risalgono a questo periodo i suoi primissimi di schiavi incatenati e spinti a forza lungo la strada. “Il compito di Lincoln, – scrive T. Harry Williams nel Volume X di “Storie del mondo contemporaneo” della Cambridge – il più difficile che sia toccato a uno statista americano, era quello di conservare la nazione. Egli doveva ricostruire l’Unione (dalla quale gli Stati schiavisti del sud si erano scissi ndr.), dirigere la guerra civile e nello stesso tempo dar vigore all’unità di propositi del popolo”. Ci riuscì grazie alle sue “qualità di statista – forza morale e intellettuale, profonda comprensione dello spirito della sua epoca e dell’opinione pubblica, straordinaria abilità politica – e alla volontà di impiegare queste qualità nella realizzazione del suo proposito”. Ma Lincoln possedeva anche “un’altra qualità dello statista, la passione. La sua era la passione della democrazia – conclude T. Harry Williams – del più grande esempio mondiale di democrazia, l’Unione americana, quella che egli chiamava l’ultima, la migliore speranza della terra”.

Nel regno dei cavalli
Proseguiamo verso Lexington nel Kentucky, considerata “la capitale mondiale del cavallo”, attraversando il cosiddetto Bluegrass Country. Deve il suo nome al fatto che in primavera i pascoli fioriscono di minuscoli boccioli azzurri. È un susseguirsi di prati ondulati, punteggiati di allevamenti di cavalli – sembra che ce ne siano oltre 450 – recintati da steccati bianchi, con al centro belle dimore coloniche. In questa regione si pratica l’allevamento da oltre 250 anni. Il Kentucky Horse Park, situato sui terreni da pascolo di un ex allevamento, è il luogo in cui si celebra il cavallo in tutte le sue forme: un grande museo ne illustra la storia e l’evoluzione, la Parade of Breeds (Parata delle razze) presenta alcune delle 50 razze di cavalli ospitate nel parco, nella Hall of Champions vengono invece fatti sfilare alcuni grandi campioni documentando i loro successi con filmati. La visita permette anche di girare liberamente per le scuderie che ospitano centinaia di purosangue.
Gli amanti delle corse non possono mancare di visitare a Louisville, che dista circa un’ora di automobile, il Churchill Downs dove il primo sabato di maggio si celebra uno degli appuntamenti ippici più importanti al mondo: il Kentucky Derby, il più vecchio evento sportivo degli Stati Uniti, praticato sin dal 1875, con in palio un premio di 1 milione di dollari. Si può visitare l’ippodromo dove in 2 minuti i campioni percorrono i 2 chilometri della corsa e il cavallo vincitore viene sommerso da una pioggia di petali di rosa. Un museo racconta la storia dei cavalli e dei fantini più celebri, mentre un video a 360 gradi permette di vivere l’atmosfera che si respira in quel luogo il primo sabato di maggio, quando l’élite della società del sud si dà appuntamento per assistere al grande evento, preceduto da un festival che dura ben due settimane.

Alì, l’enfant terrible
La simpatica Louisville è famosa anche in quanto città natale di Muhammad Alì, figura carismatica, provocatoria e controversa sia dentro il ring che fuori. Il suo impatto mediatico non ha avuto eguali nel mondo sportivo. Detentore del titolo mondiale dei pesi massimi a intervalli tra il 1964 e il 1978, campione olimpionico nel 1960 a Roma, Muhammad Alì è stato personaggio importante anche per il suo attivismo politico contro la segregazione razziale e molto discusso per la sua decisione di abbracciare la religione mussulmana nel 1975 abbandonando il suo nome di nascita di Cassius Clay. Il suo rifiuto nel 1967 di arruolarsi per il Vietnam e la sua conseguente condanna che lo tenne lontano per 4 anni dal ring lo resero un’icona della controcultura americana degli anni Sessanta. La fondazione da lui creata ha costruito un vastissimo museo, dove si possono ripercorrere le tappe fondamentali della sua movimentata vita utilizzando i più moderni ritrovati della multimedialità. La fondazione ha come scopo di “preservare gli ideali del suo fondatore, di promuovere il rispetto, la speranza e la comprensione e di indurre adulti e bambini a realizzarsi al meglio (to be as great as they can be)”.
Poco distante dal Muhammad Alì Center, sulla Mainstreet di Louisville, si trova il museo del baseball, che espone all’entrata un’enorme mazza alta 36 metri.
Il nostro viaggio prosegue verso Chicago, che dista circa 500 chilometri, percorribili su comode autostrade.

Itinerario
1° giorno Zurigo-Philadelphia
2° giorno Philadelphia-New Orleans
3° giorno New Orleans
4° giorno (330 km – 4h) New Orleans – River Road – Natchez
5° giorno Natchez
6° giorno (800 km – 9h) Natchez – Nashville (per la Natchez Trace PKWY)
7° giorno (350 km – 4h) Nashville – Lexington
8° giorno (130 km – 2h) Lexington – Frankfort – Louisville
9° giorno (500 km – 5h) Louisville – Chicago
10°-15° giorno Chicago
16° giorno Chicago – Locarno

Per saperne di più
Usa Est La guida verde Michelin, Milano 2009
Stati Uniti centrali The Rough Guide, Milano 2009
Stati Uniti orientali Lonely Planet, Torino 2012
Chicago Lonely Planet, Torino 2014
T. Harry Williams, La guerra civile americana, in Storia del mondo contemporanea Milano 1982

Chicago – La metropoli che inventò i grattacieli

Stati Uniti – Viaggiando nella storia
Stati Uniti – I miti dell’America

Città intelligente, dinamica, aperta, dove si può “tastare il polso dell’America”. Ricca di parchi e straordinari musei, offre una delle più pregevoli e raffinate combinazioni di architettura moderna al mondo. Fu qui che, a fine Ottocento, l’urbanistica ha cambiato volto.

Yes, we can”. Ricordate lo slogan con cui Barak Obama ha vinto le elezioni presidenziali americane nel 2008? Ebbene questo potrebbe essere anche il simbolo della sua Chicago. Una città intelligente, dinamica, aperta, partecipativa. Un esempio sopra tutti può spiegare e giustificare questi aggettivi. Nel 1871 un terribile incendio devastò il centro città: andò distrutto il 70 per cento delle costruzioni, che erano in legno. La forza propositiva di questa metropoli l’aiutò a rinascere in tempi brevi: in un solo anno vennero costruiti 10 mila nuovi edifici e nel giro di poco tempo la popolazione era raddoppiata. Nel 1893, poco più di vent’anni dopo la terribile catastrofe, venne organizzata l’Esposizione Universale Colombiana per dimostrare al mondo che Chicago era risorta. Con sfoggio di architettura neoclassica e di tecnologie moderne la manifestazione ebbe oltre 27 milioni di visitatori, che consacrarono la città a livello internazionale. Il talento di un gruppo di giovani architetti creò la Chicago School of Architectur. Una scuola di grande importanza per l’architettura moderna. Fu infatti in questa città che negli anni Ottanta dell’Ottocento sorse il primo grattacielo, stimolato dalla ricerca di nuovi spazi che si potevano trovare solo costruendo in altezza. I primi edifici avevano ancora una struttura tradizionale, retta da spesse pareti alla base che reggevano il peso dell’edificio, fino a quando nel 1884 l’architetto William Le Baron Jenny elaborò la nuova tecnologia dello scheletro in acciaio a cui venivano ancorate le pareti interne. Tecnologia che in seguito si perfezionò ulteriormente per meglio radicare gli edifici nel terreno paludoso e per ridurre gli effetti dei venti. Sì, perché Chicago viene anche definita “la città del vento”. I progressi nella progettazione di ascensori più efficienti permisero sempre più ai grattacieli di crescere in altezza. Nel Monadnock Building si può vedere nello stesso edificio una parte in muratura del 1891 e la rivoluzionaria struttura con scheletro in acciaio di due anni dopo. Una passeggiata nel centro di Chicago permette di ammirare molti esempi che illustrano lo sviluppo dei grattacieli da fine Ottocento ai giorni nostri.
Come affermava la famosa attrice Sarah Bernhardt a Chicago si può tastare “il polso dell’America”. Spesso viene chiamata la seconda, pensando alla rivale New York come alla prima. Ma tra le due città, entrambe estremamente affascinanti, esiste a mio parere una diversità: Chicago è profondamente americana, mentre la metropoli della grande mela è universale.
Per visitare Chicago è necessaria almeno una settimana. La città è ricca di spazi verdi soprattutto lungo le rive del Michigan, quinto bacino d’acqua al mondo, che assomiglia più al mare che ai nostri laghi. Tra una visita e l’altra ci si può sempre rilassare in uno degli ampi parchi senza sentirsi oppressi dal caos del centro urbano, ricco comunque di arterie molto ampie che rendono piacevole anche passeggiare in città. Un’altra caratteristica di Chicago è la ricchezza di musei con concezione moderna (purtroppo ancora molto rari in Europa), che trasformano spesso la visita in un’esperienza interattiva.
Si consiglia di scegliere un albergo sulla parte nord della Michigan Avenue, lungo il cosiddetto Magnificent Mile, che consente di effettuare tutte le visite a piedi, ricorrendo raramente all’uso dei taxi che hanno per altro costi molto ragionevoli. Acquistando una Chicago Go Card (190 dollari per 5 giorni) si accede a musei, talvolta evitando le code, alle crociere, ai bus turistici e alle visite guidate.

Un tuffo nella storia
La nostra visita inizia dal Chicago History Museum, che si trova a nord della città. Prima di entrare nel vivo dell’argomento offrendo un’accurata ricostruzione della storia cittadina, questo museo propone un’interessante riflessione critica sul valore della libertà. Un’altra dimostrazione di come questa città desideri mostrarsi come modello di apertura e democrazia. Il tema viene affrontato toccando i momenti cruciali della storia americana: le lotte sindacali, quelle per i diritti civili e per il suffragio alle donne, per la libertà delle comunità indiane, contro la schiavitù, contro la repressione durante la seconda guerra mondiale nei confronti dei cittadini americani di origine giapponese.
Il museo ripercorre quindi le tappe salienti di una storia quasi bicentenaria, che iniziò nel 1837 quando Chicago ottenne lo statuto di città e contava 4 mila abitanti. Lo sviluppo nell’Ottocento era legato ai trasporti, sia via fiume, che collegavano il centro degli Stati Uniti al Mississippi, sia ferroviari: nel 1860 Chicago era diventato il più importante snodo al mondo. Fu soprattutto grazie alle vie di collegamento che la città divenne un crogiolo di idee innovative, che le permisero di risollevarsi dopo il terribile incendio del 1871.
Il percorso museale si conclude con un altro inno alla libertà rappresentato dai discorso di uno dei padri dell’America: il presidente Abramo Lincoln, l’uomo a cui si deve l’abolizione della schiavitù e la creazione di uno stato moderno fondato sulla libertà e sulle pari opportunità: utopie purtroppo non sempre rispettate.
L’History Museum si trova ai bordi dell’amplissimo Lincoln Park, che ospita lo zoo, diverse spiagge lacustri e confina con un animato quartiere della città, dove ha sede lo stadio di baseball degli amatissimi Chicago Cubs.
Dopo la visita al museo e un momento di rilassamento nel parco, la nostra giornata prosegue con una passeggiata lungo l’ampio e frequentatissimo Magnificent Mile, la parte nord di Michigan Avenue, elegante mecca dello shopping, su cui si affaccia il John Honcock Center, uno dei grattacieli più rinomati della metropoli, da cui si gode una vista imperdibile. All’ultimo piano un ottimo ristorante abbina panorama e gastronomia.
A piedi raggiungiamo poi Navy Pear, l’animato molo sul lago, che attira folle di visitatori, a cui offre una miriade di negozi e ristorantini (soprattutto fast food: siamo negli Stati Uniti…) e la famosissima ruota panoramica alta 45 metri. Se avete fortuna, al tramonto dal Navy Pear, potete ammirare lo splendido skyline di Chicago che colora la città di rosso.

Un viaggio nell’architettura
Una seconda giornata la consacriamo esclusivamente a una delle più pregevoli e raffinate composizioni di architettura moderna del pianeta: il centro di Chicago, che, come abbiamo scritto sopra, ha visto nascere i primi grattacieli al mondo.
La Chicago Architecture Fondation (224 South Michigan Avenue) organizza interessanti escursioni a piedi (circa 2 ore), con guide anche in francese e italiano, nel Loop (centro storico) e una suggestiva crociera (circa 90 minuti) lungo i canali che percorrono la città. Due proposte per ammirare e capire l’evoluzione architettonica e tecnica dei grattacieli a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri. Durante il trasferimento tra la sede della Chicago Architecture Fondation e l’imbarco per la crociera si attraversa il Millenium Park, un’altra dimostrazione del dinamismo di questa città. Fino a non molti anni fa su quest’area, che gode di un’interessante posizione centrale sorgeva un brutto caseggiato. Con un ambizioso progetto da 500 milioni di dollari questo luogo è stato trasformato in uno dei maggiori centri di attrazione cittadina. Si tratta di uno straordinario complesso di luoghi d’interesse, una sorta di galleria d’arte all’aperto. Ospita uno splendido auditorium, opera di Frank Gehry, dove in estate si tengono concerti a ingresso libero; una fontana di Jaume Plensa alta 15 metri costituita da due torri di mattoni in vetro, da cui sgorgano cascate sotto le quali nelle calde giornate si rinfrescano grandi e piccini; la goccia d’acqua più pesante al mondo (110 tonnellate), la scultura in argento liscio di Anish Kapoor, dove i turisti si fotografano specchiati e deformati; la passerella sopraelevata design di Gehry, che collega il centro città alla riva del lago, da cui si gode una splendida vista sullo skyline cittadino.

Sono musei? No, experience!
Alcune giornate a Chicago vanno consacrate alla visita dei principali musei della città, che si trasformano in vere e proprie “experience”, a seconda dei propri interessi.
Iniziamo dall’Art Institut of Chicago, uno dei principali musei al mondo. Come al Louvre di Parigi o al Metropolitan di New York è necessario operare delle scelte se si ha una sola giornata a disposizione. E allora vale certamente la pena di iniziare dalle sale dedicate ai pittori impressionisti. Qui si trova infatti la principale collezione al mondo dopo quella del Musée d’Orsay di Parigi. Come mai? Come si sa i pittori impressionisti erano fortemente osteggiati in Francia e molti sono morti in miseria. I loro mercanti, trovando difficoltà a vendere le opere nel vecchio continente, si rivolsero così al nuovo, dove ebbero maggiore fortuna. La collezione delle opere di Monet dell’Art Institut è eccezionale. Ma questo museo propone anche capolavori di Caillebotte, Seurat, Degas, Gauguin, Matisse, Renoir, Manet e Van Gogh (un’intera sala con una decina di tele è dedicata a quest’ultimo). Molto interessante anche la collezione degli artisti americani influenzati dagli impressionisti.
Un altro museo dove si potrebbero trascorrere giornate intere è il Field Museum of Natural History, che conta ben 36 mila metri quadrati di sale. Non ci si lasci scoraggiare da queste dimensioni e non si manchi di rendere visita a Sue, il più completo scheletro (perfettamente conservato) di Tyrannosaurus rinvenuto finora. È stato ritrovato nel Sud Dakota, è vissuto tra i 67 e i 65 milioni di anni fa, è lungo 12,8 metri, alto 4 e si pensa che pesasse 7 tonnellate. Interessante anche l’esposizione Evolving Planet, che narra la vita sulla terra dall’epoca prima dei dinosauri fino all’era glaciale.
Dopo una passeggiata nel Grant Park, gli appassionati di astronomia non possono rinunciare a visitare nelle vicinanze l’Adler Planetarium&Astronomy museum, il più vecchio planetario dell’emisfero occidentale. Anche i non esperti in materia rimangono affascinati dagli sky shows, spettacoli che si tengono sotto la cupola originale del planetario o in uno dei teatri con il soffitto a volta dove vengono proposte visioni in 3D. Prima di lasciare il Planetarium vale la pena di fermarsi a contemplare non più il cielo, ma lo skyline cittadino, che da qui propone una delle sue migliori prospettive.
Altre esperienze imperdibili si possono vivere al Museum of Science and Industry, dove si ammirano un sottomarino tedesco della seconda guerra mondiale, alcune navicelle spaziali del programma americano di conquista dello spazio, il primo treno veloce al mondo e dove si può partecipare a “experiences” come la visita di una miniera di carbone, che è stata completamente ricostruita con tanto di cunicoli e di trenini-carrelli che trasportano i visitatori.

Da non perdere
Una giornata meno impegnativa può essere dedicata alla visita dello Shee Aquarium e della Willis Tower.
L’acquario coperto più grande al mondo possiede 250 mila animali acquatici di 2000 specie. Anche qui, come nei principali musei, vengono organizzati diversi show durante la giornata, come il pasto degli squali o il suggestivo spettacolo dei delfini e delle orche.
Non si può infine lasciare Chicago senza essere saliti sulla famosa Sears Tower, oggi Willis Tower, uno dei grattacieli più alti al mondo. Bisogna prendersi il tempo necessario perché le code possono essere molto lunghe, ma la spettacolare vista da quota 441 metri di altezza ripaga ampiamente dell’attesa.

Itinerario
1° giorno Zurigo-Philadelphia
2° giorno Philadelphia-New Orleans
3° giorno New Orleans
4° giorno (330 km – 4h) New Orleans – River Road – Natchez
5° giorno Natchez
6° giorno (800 km – 9h) Natchez – Nashville (per la Natchez Trace PKWY)
7° giorno (350 km – 4h) Nashville – Lexington
8° giorno (130 km – 2h) Lexington – Frankfort – Louisville
9° giorno (500 km – 5h) Louisville – Chicago
10°-15° giorno Chicago
16° giorno Chicago – Locarno

Per saperne di più
Usa Est La guida verde Michelin, Milano 2009
Stati Uniti centrali The Rough Guide, Milano 2009
Stati Uniti orientali Lonely Planet, Torino 2012
Chicago Lonely Planet, Torino 2014
T. Harry Williams, La guerra civile americana, in Storia del mondo contemporanea Milano 1982