Cipro – La storia “occupata” dai turchi

Cipro – Viaggio nel sud di cultura greca
Cipro – Una città divisa tra due culture
Cipro – Un viaggio nella storia

Tra città antiche, rovine di castelli, chiesette bizantine in riva al mare e l’incontaminata punta est.

Cultura, arte, storia, gastronomia e mare, ma non solo mare! Sono questi gli ingredienti di un viaggio sull’isola di Cipro. Situata in una posizione strategica, laddove il Mediterraneo ondeggia tra Europa, Asia e Africa, ha vissuto in stretta contiguità con le principali civiltà dei tempi antichi. Egizi, greci, romani, bizantini, francesi, genovesi, veneziani, ottomani, britannici e turchi si sono stabiliti nel corso dei secoli sull’isola lasciando interessanti testimonianze storico-culturali. La natura, poi, ci ha messo del suo, creando splendidi paesaggi marini, molti dei quali, purtroppo, sono stati e stanno per essere irrimediabilmente compromessi dalla speculazione edilizia: uno scenario, ahimé, frequente in moltissimi paesi.
Il nostro itinerario prevede il giro dell’isola, che richiede una decina di giorni, cambiando albergo quasi ogni sera. Si consiglia di percorrerlo in primavera o autunno, perché in estate il clima è troppo caldo. Gli spostamenti non sono comunque molto lunghi: le due penisole situate alle estremità est e ovest – i due luoghi di mare più affascinanti di Cipro – distano poco più di 200 chilometri, e le coste nord e sud circa 100. Le strade sono belle, il traffico scorrevole – salvo in prossimità delle città – e la guida è a sinistra in ricordo del periodo coloniale britannico. Le guide raccontano di grandi difficoltà per noleggiare una vettura al sud e trasferirsi al nord. In effetti alcune compagnie non noleggiano auto a chi prevede di visitare entrambe le parti dell’isola. Avis, comunque, non fa difficoltà e potete facilmente passare la frontiera in diversi punti: all’entrata vi si chiede unicamente di stipulare un’assicurazione particolare per i giorni che trascorrete a nord. Nei check point di confine, nel giro di pochi minuti, vi verranno concessi sia il visto per entrare, che la polizza per l’auto.

La più ricca del Mediterraneo
Con la conquista araba nel 1291 dell’ultimo baluardo crociato in Terrasanta (Acri) molti mercanti genovesi, veneziani e franchi spostarono a Famagosta le loro attività. La città crebbe velocemente fino a diventare probabilmente la più ricca del Mediterraneo. Questo periodo d’oro durò circa due secoli, fino al 1372, quando a causa di uno scontro tra veneziani e genovesi, che assunsero il controllo, gli abitanti più ricchi e illustri lasciarono la città. Quando i veneziani riconquistarono il potere 117 anni più tardi eressero le grandi mura e i bastioni per tenere lontani gli ottomani, che nel 1571 presero comunque Famagosta.
All’interno delle sue mura cinquecentesche, questa tranquilla cittadina conserva le splendide testimonianze della sua epoca d’oro. Dall’alto dei bastioni, il panorama si estende su un tappeto di verde, alberi e orti da cui spuntano le rovine delle cento chiese della città dei mercanti. Il punto di riferimento dell’orizzonte cittadino è comunque il sottile minareto aggiunto alla cattedrale gotica di San Nicola, costruita a cavallo tra XII e XIV secolo sul modello di quelle di Notre-Dame a Parigi e di Chartre. Quel minareto, così come quello simile che ha trasformato in moschea la cattedrale gotica di Santa Sofia a Nicosia, può essere considerato l’emblema della storia di questo paese ancora oggi diviso tra due culture: quella musulmana e quella greco-ortodossa. Grazie alla completa assenza di arredi e al colore chiaro di pareti, colonne e volte, l’interno della cattedrale, ora moschea, sembra ancora più maestoso con i suoi enormi sette pilastri che reggono l’imponente struttura. Intorno alla mole della cattedrale sorgono decine di antichi palazzi e chiese, grandi e piccole, intere o scoperchiate dalla violenza delle battaglie o solo dall’incuria.
Non lontano dal centro storico sorge una città fantasma fatta di strade asfaltate, di grattacieli e di grandi alberghi: il sobborgo di Varosha, che prima dell’”occupazione” turca del 1974 era il centro turistico balneare più in voga dell’isola. Davanti all’avanzata dell’esercito turco la popolazione greca fuggì portando con sé pochi oggetti personali. Dopo oltre trent’anni di abbandono la zona è oggi spettrale, con le case vuote e la vegetazione cresciuta ovunque.

Radici storiche più antiche
La crescita di Famagosta iniziò nel VII secolo d.C. con l’arrivo degli abitanti dalla vicina Salamina (oggi dista meno di 10 chilometri), saccheggiata dagli arabi. Le origini di questo insediamento sono antichissime. Nell’epoca d’oro delle città-stato di Cipro (VII secolo a.C.) Salamina divenne il centro culturale ed economico più importante dell’intera isola. Alleatasi con Alessandro Magno subì l’influenza greca e nel 58 a.C. passò sotto il controllo dei romani diventando il principale centro mercantile dell’isola, nonostante Pafos (situata sulla costa ovest) fosse stata designata capitale ufficiale di Cipro. All’inizio dell’era cristiana rimase una città molto importante: uno dei suoi cittadini, l’apostolo Barnaba, uno dei discepoli di Cristo cui maggiormente si deve l’introduzione del cristianesimo sull’isola, visse e morì qui.
Salamina è considerato dagli esperti il sito archeologico più importante dell’isola. Vari monumenti, per lo più romani e bizantini, sono disseminati su una vasta area.
La visita è resa particolarmente suggestiva dalla vicinanza del mare, che conferisce alle rovine un fascino ulteriore. Si possono visitare il gymnasium, gli edifici termali, l’odeon, l’anfiteatro e due interessanti basiliche paleocristiane. Il monastero dell’apostolo Barnaba sorge immerso nel verde (in primavera) a tre o quattro chilometri di distanza da percorrere in auto. Sulla strada che porta al monastero si possono visitare le cosiddette tombe dei Re. Si tratta di sepolture risalenti all’VIII e al VII secolo a.C. Re e aristocratici venivano sepolti assieme agli oggetti più amati, a cibi, bevande, e persino ai loro cavalli e schiavi favoriti. All’entrata delle tombe si possono osservare, protetti da lastre di vetro, i macabri scheletri dei cavalli sacrificati.

Un paradiso terrestre
Pochi chilometri separano Salamina dalla meta più suggestiva del viaggio: la penisola di Karpas, una sorta di finis terrae. Campi coltivati, silenziosi e spopolati e un litorale spoglio segnano l’inizio dell’esile penisola. Il governo ha trasformato la zona in una grande riserva naturale volta alla tutela delle colonie di tartarughe che nidificano sulle vaste distese di sabbia di questo paradiso terrestre. Qui l’acqua sembra più blu e più limpida che in qualsiasi altra parte di Cipro – salvo l’altra penisola, quella di Akamas, situata sull’estremità opposta – e le curve della linea costiera sono più dolci e affascinanti. L’esplosione dei colori dei fiori selvatici in primavera, poi, ha qualcosa di magico. La strada scorre tra basse colline, che nascondono piccole pianure sabbiose popolate da bassi arbusti. Il tratto finale è il più emozionante e vi permette di raggiungere dapprima l’incantevole baia di Nangomi – oggi denominata Golden Beach – per poi proseguire verso Capo Sant’Andrea su una scomoda strada sterrata. Si ha l’impressione, appunto, di viaggiare verso la fine della terra, anche se le coste turche, siriane e libanesi distano a meno di 100 chilometri. Prima di raggiungere la punta ci si imbatte nel monastero dedicato all’apostolo Andrea, che secondo la tradizione sarebbe sbarcato qui. Fino al 1974 era meta di numerosi pellegrinaggi, ripresi recentemente grazie a un accordo tra i due governi. Il monumento, presidiato dai militari, giace però in uno squallido e quasi provocatorio stato di abbandono.
Un altro luogo incantato di questa penisola è la spiaggia di Agios Filon, dove in riva al mare sorge una chiesina del XII secolo, accanto al ristorante Oasis dove si possono gustare piatti genuini della regione. Proseguendo per 7 chilometri in direzione ovest su una strada sterrata lungo una splendida costa si raggiungono i ruderi di Afendrika, dove nel II secolo a.C. sorgeva una delle sei principali città di Cipro.
Ritorniamo verso Dipkarpaz, capoluogo della penisola, dove si trova il nostro albergo Villacasparis, nuovissimo e certamente il migliore in una zona dove le infrastrutture turistiche sono piuttosto vecchiotte. Prima di lasciare la penisola visitiamo ancora la chiesetta monastica dell’XI secolo, famosa perché dalle sue pareti vennero trafugati preziosi mosaici finiti negli Stati Uniti e recuperati dal governo di Cipro sud dopo una lunga battaglia legale.

Tre castelli verso Kyrenia
Per raggiungere il castello di Kantara, si segue una splendida strada costiera che scorre attraverso un paesaggio incontaminato. Giunti al villaggio di Davlos un’ottima strada porta al maniero costruito dai bizantini a una quota di circa 700 metri. Faceva parte di un sistema difensivo assieme a due altri castelli che si incontrano sulla via per Kyrenia: Buffavento e Sant’Ilarione. Dei tre è il meglio conservato. La vista da quel nido d’aquila, che sembra essere più opera della natura che dell’uomo, è straordinaria e spazia sui due versanti dell’isola, in quel punto piuttosto stretta. Ritornati a Davlos si ripercorre la strada litoranea, che per una ventina di chilometri continua ad offrire indimenticabili panorami marini. Poi, improvvisamente, ci si immette su una sorta di autostrada abbandonando l’antica carreggiata, che è stata soppressa. Lungo il mare sono sorti e stanno sorgendo villaggi turistici con l’offerta di casette, appartamenti e alberghi che hanno assolutamente snaturato la costa, ancora descritta dagli autori della guida Lonely Planet (edizione 2006) come idilliaca. Più ci si avvicina a Kyrenia e più la speculazione edilizia si intensifica. Prima di entrare in città saliamo in collina per visitare il grazioso villaggio di Bellapais, da cui si gode una splendida vista sulla costa ormai snaturata. Il villaggio deve la sua notorietà allo scrittore inglese, Lawrence Durrell, autore di un divertente romanzo ambientato in quel luogo: “Gli amari limoni di Cipro”.
Bellapais ospita anche le rovine di una suggestiva residenza monastica fondata nel XII secolo da monaci agostiniani in fuga dalla Palestina. Il suggestivo complesso, più volte distrutto dagli arabi, è stato accuratamente restaurato.
Kyrenia, dove abbiamo alloggiato all’ottimo e centrale hotel The Colony, è una città piuttosto caotica, ma il suo porticciolo conserva un’atmosfera rilassata che ricorda il passato. Vale la pena di cenare in uno dei numerosi ristorantini che vi si affacciano ed offrono cucina tipica cipriota anche se in versione un po’ turistica, ma decisamente piacevole. Il luogo, dominato dall’imponente castello costruito in epoca bizantina, è particolarmente romantico al tramonto e la sera.

Itinerario

1° giorno
Milano-Larnaka-Nicosia

2° giorno
Nicosia

3° giorno
Nicosia-Famagosta-Salamina- Dipkarpaz-Capo S.Andrea (210 km)

4° giorno
Dipkarpaz-Agios Filon-Kantara-Bellapais-Kyrenia (180 km)

5° giorno
Kyrenia-Troodos (200 km)

6° giorno
Troodos-Bagni di Afrodite (120 km)

7° giorno
Bagni di Afrodite-Pafos (50 km)

8°giorno
Pafos-Lara-Pafos (40 km)

9°giorno
Pafos-Kourion-Larnaka (150 km)

10° giorno
Larnaka-Milano

Bibliografia
Cipro The Rough Guide, Vallardi Viaggi, Perugia 2004
Cipro Lonely Planet, Torino 2006
Cipro Touring Club Italiano, Milano 2006
Cyprus Eyewitness Travel, London 2008
Cipro Meridiani, Milano 2006
Cipro top 10 Mondadori, Milano 2010

Danimarca – Tra paesaggi marini selvaggi e una campagna armoniosa

Danimarca – Alla scoperta dei vichinghi e del castello di Amleto
Danimarca – Una monarchia antica e democratica

Una natura incontaminata con paesaggi marini selvaggi e una campagna estremamente armoniosa. Ville e castelli immersi nel verde. Un’atmosfera tranquilla che fa sentire a proprio agio. Un paese, che, come la sua capitale, appare al tempo stesso rilassato e operoso. È questa la Danimarca che vi proponiamo in questo itinerario di viaggio che richiede una decina di giorni in automobile, su strade in cui guidare è piacevolissimo, perché appena ci si allontana da Copenhagen sono poco trafficate e scorrono tra campagne incantevoli e lungo coste sabbiose.

L’architettura moderna e il design figurano tra le principali attrattive della Danimarca. Un primo e significativo approccio lo si ha atterrando all’aeroporto di Copenhagen disegnato da Arne Jacobsen. Una struttura armoniosa, dove tutto, dalla facciata in metallo e vetro, dalle poltrone alle lampade, dai tessuti alle posate, era stato da lui progettato in un unico insieme perfettamente integrato.
Noleggiamo un’automobile con la quale ci dirigiamo verso ovest e in un meno di due ore arriviamo a Odense, terzo centro del paese e città natale di Hans Christian Andersen, il più noto scrittore di fiabe al mondo. Tutto a Odense ricorda il letterato: musei, sculture che lo ritraggono assieme ai personaggi dei suoi racconti più noti e curiosità inaspettate come le panchine pubbliche con zampe di mostri al posto delle gambe. Passeggiando per le anguste viuzze dell’antico quartiere che sorge attorno alla casa-museo di Andersen si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo. Le case hanno un aspetto pittoresco e affascinante, con quelle minuscole finestre quadrate la cui parte inferiore soltanto è ornata da tendine. Ma, nonostante quelle case siano abitate e formino nel complesso un insieme armonioso, il quartiere è impresso di una tale nostalgia che si ha l’impressione di contemplare la scenografia di uno spettacolo dimenticato, ben lontano dalle luci della ribalta.
Quando morì il 4 agosto 1875 qualcuno scrisse che Andersen “sapeva come far vibrare le corde dell’animo umano”. Nelle sue fiabe si trova una quantità di spunti di riflessione: motivi esistenziali, riflessioni psicologiche, problemi sociali, frequenti rimandi autobiografici. E la realtà Andersen la guardò spesso con amarezza e pessimismo, anche perché la sua vita non fu molto felice. Figlio di un ciabattino, assurse ai massimi onori, ma soffrì molto per le sue sembianze fisiche da brutto anatroccolo. Tanto che arrivò a giudicare la bellezza fisica “un dono più prezioso del genio e della forza morale”.

Skagen,Ascona danese
Lasciamo le magiche luci dell’isola di Fyn, che ispirarono le fiabe di Andersen, per raggiungere verso ovest la penisola dello Jylland che collega la Danimarca alla Germania. Il paesaggio estivo è affascinante: enormi chiazze gialle di colza, mazzi rossi di papaveri, l’oro dei campi di grano, il verde chiaro dell’orzo, quello brillante dei prati abbracciati dai boschi dove la luce penetra a stento, ma dove crescono in abbondanza mirtilli, lamponi, more e, in autunno, ottimi funghi. “Stavo pensando alle gente che ha vissuto prima di noi – esclama il giovane gentiluomo protagonista di ‘Un racconto di campagna’ romanzo di metà Novecento della famosa scrittrice danese Karin Blixen – e che ha disboscato e dissodato e arato questa terra. Quante volte avranno dovuto ricominciare da zero questo lavoro! In quei giorni lontani bisognava combattere gli orsi e i lupi, e poi i pirati e gli invasori, e poi ancora i padroni crudeli e spietati. Ma se un giorno di raccolto come questo, essi dovessero risorgere dalle loro tombe e guardare questi campi e questi prati, forse penserebbero che ne è valsa la pena”.
In meno di due ore di automobile raggiungiamo Ahrus, dove ci limitiamo a visitare, nella periferia occidentale della città, la cosiddetta “Città Vecchia”, uno dei più interessanti musei all’aperto di tutta la Danimarca. Diversi edifici antichi, provenienti da varie città danesi e risalenti ai secoli XVII, XVIII e XIX sono stati trasferiti qui e ricostruiti con estrema cura per riportare alla luce una città del passato. Il museo consente di osservare tutti gli aspetti della vita urbana di un tempo con le diverse attività commerciali, artigianali, industriali e amministrative.
Riprendiamo il nostro itinerario per raggiungere (ci vogliono circa 2 ore e mezzo) Skagen, la punta più a nord della Danimarca. Le strade sono in ottimo stato e permettono medie piuttosto elevate (circa 80 km/h), anche perché la montagna più alta del paese raggiunge un’altezza di 147 metri. Arriviamo in tempo per visitare il museo locale, che raccoglie le opere di un gruppo di artisti che tra il 1830 e il 1930 scoprì questo luogo discosto e rimase sedotto dai suoi paesaggi desertici battuti dai venti e dalla sua luce intensa e perpetuamente cangiante. Il museo espone 1500 tele, disegni, sculture e oggetti, nonché la sala da pranzo dell’hotel Brondum dove gli artisti della “scuola di Skagen” avevano il loro punto di ritrovo. I pittori si appassionarono all’immaginario romantico di questo villaggio di pescatori e alle dure condizioni di vita dei suoi abitanti. Con un vivido stile figurativo diventato famoso a livello internazionale ritrassero scene di vita quotidiana della comunità dei pescatori. I dipinti esposti riescono ad evocare l’atmosfera del luogo. Particolarmente affascinanti sono le opere di P.S. Kroyer soprattutto perché l’artista si sforza di ‘dipingere la luce’, attratto in particolare dalla cosiddetta ‘ora blu’, ovvero il momento di transizione tra il giorno e la notte, quando il cielo e il mare sembrano fondersi nella medesima tonalità di blu.
È interessante notare una certa similitudine di destino tra la storia di questo villaggio di pescatori, dove ancora oggi al mattino si tiene un’asta del pesce, con quello di un altro borgo di pescatori: Ascona. Entrambe hanno attratto uomini d’arte e di cultura, che hanno costituito ‘scuole’ di fama internazionale e hanno avuto un simile atteggiamento nei confronti delle popolazioni locali: interesse in quanto soggetti delle loro opere, ma non in quanto interlocutori.
Lasciamo il museo per visitare il paesino dalle case basse in legno ed i suoi suggestivi paesaggi illuminati da quella luce straordinaria immortalata dagli artisti.
Proseguiamo in automobile verso la punta nord. Giunti a un parcheggio si procede per un paio di chilometri a piedi per raggiungere il punto in cui l’incontro tra le acque del mare del Nord e del Baltico crea una forte corrente e dove la luce è impagabile grazie all’unione di terra acqua e cielo.
Al ristorante dell’hotel Ruths a Grenen, l’antica Skagen, si trova una delle migliori cucine della Danimarca.

Mare del nord tra sabbia e vento
Sabbia e vento, una terra piatta, che a malapena riesce a contenere il mare del Nord e le sue burrasche, disseminata, subito al di qua della linea delle dune che costeggiano il mare, da bacini interni, laghi salmastri non profondi spazzati da un vento quasi costante. A tratti si attraversano paesaggi lunari, dall’aspetto quasi desertico in cui la strada attraversa le dune ricoperte di erica fiorita che le tinteggia di viola.
E’ questo il paesaggio che si trova percorrendo la costa nord-occidentale, dapprima la nazionale numero 11 e in seguito la 181, tra Skagen e Ribe. Particolarmente suggestivo il tratto che costeggia il Ringkobing Fjord. Un sottile lembo di terra, ampio a malapena un chilometro, separa lungo i suoi 35 chilometri il fiordo dal mare del Nord. Dalle dune di questa punta sabbiosa fanno capolino alcune casette di vacanza. Questo luogo è la meta preferita dagli amanti di windsurf: chi è alle prime armi può fare esperienza nelle calme acque delle baie, i provetti possono invece cimentarsi con le acque del mare del Nord sull’altro lato.
Partendo il mattino da Skagen si arriva a Ribe nel tardo pomeriggio, ancora in tempo per passeggiare prima di cena nelle viuzze della più caratteristica cittadina della Danimarca. Si possono infatti visitare i luoghi storici del centro, dove oltre cento edifici sono classificati quali monumenti nazionali, seguendo con passo tranquillo un itinerario ad anello che non richiede più di un’ora di cammino. Ribe ospita anche l’albergo più antico della Danimarca: l’hotel Dagmar appena ristrutturato. Percorrendo la tortuosa strada acciottolata della città vecchia, su cui si ffacciano antiche case in legno di varie tinte costruite attorno alla cattedrale romanica, si ha l’impressione di vivere l’atmosfera di un’altra epoca. Questo villaggio medievale, grazie alla sua dimensione contenuta, ha potuto conservare la sua unità architettonica senza tuttavia perdere la sua vivacità ed evitando quindi di diventare una città-museo. Un’esperienza interessante è la visita guidata notturna (gratuita) che si tiene ogni sera alle 22 dal primo maggio al 15 settembre, sui passi delle sentinelle medievali. Una “sentinella” in uniforme munita di lanterna e armata di alabarda, accompagna i turisti per le vie del borgo, che di notte diventano ancora più suggestive, intonando antiche melodie danesi. Davanti agli edifici più rappresentativi ne narra la storia in danese e inglese. Si tratta di una simpatica trovata turistica, che riscuote notevole successo.

L’isola aristocratica
In meno di due ore da Ribe si ritorno a Fionia (Fyn), la seconda isola per dimensioni della Danimarca. Con i suoi paesaggi agresti e le case coloniche dal tetto in paglia è soprannominata “il giardino della Danimarca”. L’aristocrazia danese scelse proprio Fionia per costruirvi, nel corso dei secoli, le proprie ricche magioni. Ancora oggi si conservano in ottimo stato palazzi, castelli e ville, tra cui il romantico Egenskov Slot è il più pregevole. E’ uno dei manieri rinascimentali danesi meglio conservati. Si erge su un’isola in mezzo a un lago, circondato da una foresta di querce che gli ha dato il nome. E’ ancora abitato dai discendenti del suo costruttore, ma una parte è aperta al pubblico. Splendido è il parco progettato nel Settecento con spazi coltivati delimitati da siepi e il giardino inglese con grandi prati verdi attorniati da alberi di querce. A una ventina di chilometri da Egeskov si trova Faborg, il più grazioso villaggio dell’isola. Come la maggior parte dei borghi danesi sorge attorno a una strada principale con al centro una vasta piazza che ospita il mercato. A pochi chilometri dal centro, in direzione nord-ovest, a Falsled si trova il Falsled Kro, l’albergo più bello che abbiamo trovato durante il viaggio, che offre anche una delle cucine più raffinate della Danimarca.
Un ponte lungo una ventina di chilometri collega Fionia con l’isola più grande del paese, Sjaelland, sulla quale si trova anche la capitale Copenhagen. Racconta una saga che per avere Sjaelland, Gefion, la dea della fertilità, dovette sedurre il re di Svezia. Dopo una notte d’amore in una radura, il re – che non sapeva con chi avesse a che fare – le fece una generosa promessa: avrebbe lasciato alla dea tutta la terra che poteva arare in un giorno e una notte. E così, dal magico aratro di Gefion, nacque questa regione. Nella sua parte meridionale è collegata attraverso ponti ad altre isolette. La più interessante è quella di Mon. Si narra che Odino, il padre dei Vichinghi, l’aveva scelta come suo rifugio dopo la vittoria dei cristiani che avevano distrutto il paganesimo scandinavo. Mon è famosa per le sue graziose chiesina romaniche e per i suoi bianchi scogli ricchi di fossili.
Le chiese di Fanefjord, Keloby ed Elmelunde sono riccamente affrescate da un anonimo pittore del XV secolo, diventato famoso con l’appellativo di maestro di Elmelunde. I suoi dipinti, dal carattere naif, realizzati su sfondo bianco, rappresentano i personaggi della Bibbia raccontati ai contadini analfabeti con un linguaggio simile ai nostri fumetti: propongono scene giocose ambientate nel giardino dell’Eden, demoni grotteschi, la bocca spalancata dell’inferno.
Alte fino a 130 metri le scogliere di gesso dell’isola di Mon, che si ergono su un mare color verde giada, sono uno dei luoghi simbolo della Danimarca. Lunghe scalinate in legno, che partono dal Geo Center, dove viene spiegato il fenomeno geologico, permettono di scendere al mare. Si può passeggiare lungo la riva alla ricerca di fossili, che però non è facile trovare perché i visitatori sono sempre più numerosi. Se non è tutto esaurito trascorrete la notte al Liselund Ny Slot, un albergo di charme ricavato da una casa padronale ottocentesca situata in un parco che si affaccia sulle bianche scogliere.

Itinerario

1° giorno
Copenhagen-Odense (120 km)

2° giorno
Odense-Åhrus-Skagen (400 km)

3° giorno
Skagen-Frederikshavn-Ribe (432 km)

4° giorno
Ribe-Egeskov-Fåborg (175 km)

5° giorno
Fåborg-Mons Klint-Praestø (265 km)

6° giorno
Praestø-Roskilde-Hillerød (130 km)

7° giorno
Hillerød-Helsingør-Copenhagen (110 km)

8° e 9° giorno
Copenhagen

Bibiografia

Svezia, Norvegia, Danimarca La guida verde Michelin, Milano 2007
Danimarca Lonely Planet, edizione 2008
Danimarca, Islanda Guide d’Europa, Touring Club Italiano, Milano 2001
Danimarca Le Guide Mondadori, Milano 2008
Copenhagen e Danimarca Guide Low Cost, Firenze 2009
Copenhagen-Danimarca Meridiani no. 49, giugno 1996