Egitto – Al sud, tra Nilo e deserto

Egitto – La città di Luxor, l’antica Tebe
Egitto – Un’autostrada del turismo
Egitto – I diversi volti dell’Islam

I templi dell’epoca tarda (300-30 a.C.) di Aswan, Kom Ombo,Idfu e Esna. La diga degli anni Sessanta che ha cambiato la vita del paese. La spettacolare Abu Simbel, salvata dalle acque del Lago Nasser grazie all’intervento dell’Unesco

Quando si pensa alla civiltà egiziana ci si dimentica spesso che ci si riferisce a un periodo lunghissimo che va dal 3000 a.C., quando nasce la prima dinastia faraonica, fino al 30 a.C., quando l’Egitto diventa una provincia romana. Un periodo quindi di quasi tremila anni, che ha conosciuto alti e bassi. I momenti migliori hanno sempre coinciso con un forte potere centrale, quelli difficili sono invece stati caratterizzati da divisioni politiche e sociali del paese. Un altro elemento fondamentale per comprendere questa straordinaria civiltà è il ruolo del Nilo, che quando nel corso dell’estate straripava ricopriva le rive, su un’estensione di alcuni chilometri, depositando un prezioso limo che rendeva fertilissima la terra. La grande ricchezza di questo paese, stretto tra due deserti, era legata al suo fiume, sulle cui sponde pulsava la vita allora, come avviene ancora oggi.
Il nostro itinerario segue dunque il tragitto del Nilo, ma a ritroso nel tempo. Nel senso che partiamo dall’epoca tarda faraonica cioè dal 300 a.C. al 30 a.C., quando il paese aveva trovato una difficile convivenza tra la civiltà egizia e quella greca, e giungiamo al periodo aureo toccato durante la XVIII dinastia (1540-1292 a.C.) e l’inizio della XIX (1292-1186 a.C.). La visita dello straordinario museo egizio del Cairo e delle piramidi è prevista per un altro viaggio, che contemplerà anche il deserto e la mediterranea Alessandria fondata da Alessandro Magno.
Non si tratta quindi dell’itinerario classico, sia per quanto riguarda il tragitto, sia il mezzo di trasporto: l’automobile invece della crociera in nave sul Nilo. Il nostro percorso scorre da sud a nord, da Aswan – con una puntatina in aereo nell’estremo sud, nel deserto nubiano, per visitare Abu Simbel – a Luxor, per raggiungere più a nord anche gli splendidi templi di Abydos e Dendera.
La prima tappa del viaggio è Aswan, che raggiungiamo in aereo da Milano, facendo scalo al Cairo. Qui visitiamo il Tempio di File e poi verso nord quelli di Kom Ombo, Idfu e Esna. Si tratta di monumenti risalenti all’epoca tolemaica (300 a.C. – 30 a.C.) frutto di un’interazione tra due grandi culture: quella egizia e quella greca. Come scrive Ernst H. Gombrich nella sua storia dell’arte “i maestri greci andarono alla scuola degli egizi, e noi tutti siamo allievi dei greci. Per questo l’arte egizia assume per noi un’importanza incalcolabile”.

I Greci in Egitto
Dopo oltre due millenni di storia sul trono dei faraoni, a partire dal VII secolo a.C., sedettero sovrani stranieri, che in molti casi cercarono di rispettare la cultura egizia. È quanto accadde alla dinastia dei tolomei (300 – 30 a.C.), che salì al potere dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno e la sua incoronazione a faraone. Alla morte del grande condottiero, uno dei suoi amici più fedeli, il greco Tolomeo si proclamò re d’Egitto e fondò una dinastia che sarebbe durata tre secoli donando al paese una tarda fioritura anche nel mondo dell’arte e dell’architettura. Il tempio di File ad Aswan e quelli di Kom Ombo, Idfu e Isna, che si incontrano in quest’ordine lungo la strada che sale a nord verso Luxor, appartengono a quest’epoca.
Dedicato alla dea Iside il Tempio di File si trova su una suggestiva isola sul Nilo, che si raggiunge in barca. Per evitare che venisse sommerso dalle acque dopo la costruzione della grande diga costruita da Nasser negli anni Sessanta fu letteralmente smontato in 42 mila blocchi numerizzati e rimontato. Questo intervento, realizzato con l’aiuto dell’Unesco, ha richiesto otto anni di lavoro.
Iniziato nel IV secolo a.C. il luogo di culto fu abbellito dagli ultimi faraoni e ultimato durante l’impero romano. Il suo grado di conservazione è eccezionale e ci propone alto e bassorilievi di grande pregio artistico dedicati alla leggenda di Iside, sorella e consorte di Osiride, che venne ucciso dal fratello ma fu riportato in vita grazie a un battito d’ali della dea trasformatasi in uccello. Dalla loro unione nacque Horus, a cui è dedicato il tempio di Idfu, che è giunto a noi quasi intatto permettendoci quindi di penetrare dentro i misteri di un luogo di culto egizio. Cosa assolutamente proibita alla gente del tempo, costretta a rimanere nel cortile esterno, quindi lontana dal sacrario che si trovava nella parte posteriore e custodiva la statua d’oro del dio a cui era dedicato il tempio.
A Kom Ombo, immerso in uno splendido paesaggio in riva al Nilo attorniato da verdissimi campi coltivati a granturco e canna da zucchero, mi hanno particolarmente colpito alcuni bassorilievi che illustrano l’elevato livello raggiunto dalle arti mediche all’epoca dei faraoni. I sacerdoti presenti nei templi, oltre che a celebrare gli dei, praticavano infatti anche la medicina e l’astrologia. Di enorme interesse anche il cosiddetto nilometro, un marchingegno che permetteva di misurare il livello del Nilo durante le piene e dal quale dipendeva l’ammontare della tasse: minori se l’acqua era poca, maggiori se era molta.

Con le dighe cambia la vita
A partire dall’inizio del Novecento le piene del Nilo sono controllate dalle dighe: la cosiddetta Diga Vecchia fu costruita dagli inglesi nel 1902, la più recente risale invece agli anni Sessanta. Un’opera voluta da Nasser che ha permesso di aumentare del 30 per cento la superficie delle terre coltivabili, di raddoppiare le risorse energetiche e di regolarizzare l’irrigazione, consentendo un notevole sviluppo delle risaie e stabilizzando le acque del fiume favorendo in tal modo la navigazione permanente. Tutti questi vantaggi hanno però comportato un prezzo elevato per le popolazioni che vivevano lungo le rive del Nilo a nord di Aswan nella regione dove oggi si trova il lago Nasser. Le acque hanno infatti sommerso i villaggi dove vivevano 100 mila nubiani costretti a trasferirsi in altre parti del paese e in particolare in nuovi villaggi costruiti appositamente dal governo a nord, nei pressi di Kom Ombo, ma lontani dal Nilo. Un interessante museo di recente inaugurazione ad Aswan, presenta la cultura nubiana e il suo sviluppo nei secoli. A livello paesaggistico il lago, circondato dalle dorate sabbie del deserto, non sembra opera dell’uomo, ma una magia della natura.

Aswan, ponte tra le culture
La più meridionale delle città egiziane, famosa per il suo granito rosa, anticamente occupava unicamente l’isola Elefantina situata nel mezzo del Nilo in uno splendido paesaggio caratterizzato dalle sabbie del deserto. Storicamente sede di un importante mercato, ha favorito gli scambi economici e culturali tra il mondo arabo e l’Africa nera. Situata nei pressi della prima cataratta, una sorta di cascata, ha svolto un importante ruolo strategico, perché permetteva agli eserciti dei faraoni di controllare gli afflussi dalla regione della Nubia e quindi dall’Africa. Oggi è una graziosa cittadina, dove si può passeggiare lungo il Nilo, sulla cosiddetta Corniche in ricordo dell’epoca coloniale, ben rappresentata anche dal prestigioso hotel Old Cataract, purtroppo attualmente in restauro. Il vasto suk (mercato) ha in parte perso la sua tipicità. Sebbene di forte impronta turistica non si può rinunciare a una gita in feluca, dove “l’ozio acquisisce tutta la sua nobiltà”, mentre le vele spinte dal vento inoltrano i passeggeri in un paesaggio desertico e silenzioso, che permette di viaggiare con il pensiero ai tempi dei faraoni.

Indimenticabile Abu Simbel
Abu Simbel è una delle mete più interessanti del viaggio. Non ci troviamo più di fronte a monumenti dell’epoca tolemaica, ma risalenti a mille anni prima. Questo luogo di culto è stato costruito da Ramsete II (1279-1213 a.C.), uno dei più grandi faraoni della storia. Situato alle porte dell’Africa nel deserto nubiano è completamente scavato in uno sperone di roccia per un’altezza di 33 metri e una larghezza di 38. Nonostante queste dimensioni gigantesche gli scultori hanno saputo creare un’opera perfetta.
Ramsete II fu un grande costruttore, un grande guerriero, ma anche un uomo di pace, perché concluse con gli Ittiti forse il primo trattato scritto di pace della storia, che prevede numerose clausole, tra cui addirittura alcune dedicate alle estradizioni.
Due sono i monumenti che si visitano ad Abu Simbel: il Grande tempio, dedicato da Ramsete II a sé stesso e il Tempio di Hathor, offerto invece alla sua sposa preferita, la regina Nefertari, che in lingua egiziana antica significa la più bella tra le belle. Secondo alcuni storici il faraone costruì questo edificio maestoso per dimostrare la sua potenza ai possibili invasori provenienti dall’Africa.
L’atmosfera che si respira nei due templi è molto diversa. Quello di dimensioni più ridotte, dedicato alla moglie, è decisamente più leggero. Le figure di donna slanciate ed eleganti dipinte sulle pareti danno effettivamente l’impressione di entrare in un universo femminile. Più imponente e molto più ampio è invece il tempio grande. Sulle pareti sono rappresentate scene della famosa battaglia di Qadesh combattuta da Ramsete II contro gli Ittiti. Curioso il modo utilizzato per rendere l’idea del movimento: lo sdoppiamento dell’immagine. Due giorni all’anno – probabilmente quello del compleanno e quello dell’incoronazione del faraone – i raggi del sole penetrano attraverso un’angusta finestra illuminando sull’altare le figure del re sole e di Ramsete II, che si trovano accanto agli dei Amon-Ra e Ptah.
Impressionante immaginare che questo monumento sia stato smontato in mille blocchi e rimontato 62 metri più in alto per evitare di soccombere sotto le acque del lago Nassar.

Bibliografia
Egitto La Guida Verde Michelin, Milano 2002
Egitto Touring Club Italiano, Milano 2007
Egitto Lonely Planet, Torino 2008
Egitto Polaris, Firenze 2004
Hermann A. Schlegl, L’Antico Egitto Il Mulino, Bologna 2005
Sergio Donadoni, L’uomo egiziano Editori Laterza, Bari 2003

Egitto – La città di Luxor, l’antica Tebe

Egitto – Al sud, tra Nilo e deserto
Egitto – Un’autostrada del turismo
Egitto – I diversi volti dell’Islam

Le tombe dei faraoni nella valle dei Re, gli altri sepolcri nelle valli adiacenti e i templi funerari. La città dei vivi sulla sponda sinistra del Nilo con i templi di Karnak e di Luxor e quella dei morti sulla sponda destra con le tombe e i templi funerari, risalgono all’epoca in cui la civiltà egizia raggiunse il suo apice tra il 1500 e il 1200 Avanti Cristo.

Con la XVIII dinastia 3 mila 500 anni fa Tebe, l’attuale Luxor, sotto il faraone Ahmosi (1540-1515 a.C.) diventa capitale d’Egitto. I più insigni uomini del tempo – astronomi, architetti, medici, letterati – vengono chiamati alla corte da Amenhotep (1515-1494 a.C.) succeduto al padre Ahmosi. È in questo periodo che i sovrani trovano un nuovo luogo di sepoltura nella Valle dei re e che viene fondato Deir el-Medina, l’insediamento degli operai che lavorano alla costruzione delle tombe faraoniche.
Il nostro itinerario, dopo aver visitato i siti archeologici di Abu Simbel, di Aswan, e sul tragitto verso Luxor, di Kom Ombo, Idfu e Isna (vedi prima parte), approda dunque nell’antica Tebe, da cui spostandosi verso nord raggiungeremo anche Dendera e Abydos.
Luxor costituisce certamente la tappa principale del nostro itnerario, come di qualsiasi viaggio in Egitto, perché ospita i monumenti risalenti all’epoca in cui la civiltà egizia assurse al suo apice a partire dal 1500 a.C., quando il paese raggiunse anche la più ampia estensione territoriale della sua storia in seguito a una politica estera espansionistica. Risalgono a questo periodo anche i regni di Hatshepsut (1479-1457 a.C.), la donna faraone che fondò la valle delle regine e costruì poco distante un tempio di straordinaria modernità, e quello di Amenhotep IV(1353-1336 a.C.) che diede origine alla prima religione monoteistica nella storia dell’umanità. Il suo dio Aton, che amava tutte le creature della terra, fu però accantonato dai suoi successori – in primis dal leggendario Tutankhamon (1332-1323 a.C.) – che restaurarono il culto delle antiche divinità. La fase monoteista creò un clima difficile dal quale si uscì definitivamente con il faraone Sethi I (1290-1279 a.C.) della dinastia dei ramessidi e con suo figlio Ramesse II (1279-1213 a.C.), uno dei più importanti faraoni di tutti i tempi, famoso per aver siglato il primo trattato di pace scritto della storia – prevedeva persino clausole per l’estradizione – e per la sua straordinaria attività edificatoria. Viaggiando attraverso l’Egitto si incontrano così spesso monumenti edificati da questo faraone, che anche l’osservatore più distratto è costretto a collegare il suo nome a particolari opere architettoniche. Nei suoi edifici e nelle sue sculture dominano le proporzioni colossali. Basti pensare agli splendidi templi di Abu Simbel. Con il suo regno si conclude un’epoca aurea che non avrà più eguali nei secoli successivi.

L’antica Tebe vista dal cielo
Come in molti siti turistici di interesse eccezionale a Luxor sono organizzati voli in mongolfiera che permettono di osservare quei luoghi straordinari illuminati dai primi raggi del sole mentre si è sospesi nel vuoto. Si tratta certamente di un “business”, ma permette di avere una visione generale su tutta la zona archeologica come se ci si trovasse su una terrazza volante. Da lassù si osserva in lontananza la città dei vivi, che si affaccia sul Nilo con i suoi templi di Karnak e di Luxor, e quella dei morti in una zona estremamente suggestiva di montagne desertiche situate ai limiti dei verdissimi campi coltivati grazie alle acque del mitico fiume. I faraoni scelsero quel luogo per farsi seppellire e per iniziare un nuovo viaggio nell’aldilà accompagnati dai loro oggetti più cari. Quelle montagne irreali, del colore della sabbia, che annunciano il deserto, su cui nessun arbusto sopravvive, sono solcate da vallate che nascondono innumerevoli sepolcri. Da nord a sud si trovano in sequenza dapprima la celeberrima Valle dei re, quindi quella che ospita il tempio della faraona Hatshepsut e infine la Valle delle regine, separate da una collina dove sono sepolti gli alti dignitari dei vari regni che hanno ottenuto dai faraoni l’onore di condividere quel luogo sacro. A poca distanza si notano le rovine di una sorta di “città operaia”, abitata dalle maestranze addette alla costruzione dei sepolcri. Anche alcuni di loro hanno ottenuto il privilegio di percorrere il viaggio verso l’eternità su quelle alture.
Quelle montagne lunari sono precedute da una stretta pianura desertica, dove si trovano i templi funerari dei faraoni. Alcuni sono scomparsi, di altri resta solo qualche traccia poco identificabile e di altri ancora si possono vedere le rovine. Squadre di archeologi cercano di ricostruire colonnati, facciate e altri edifici per ricreare poco a poco quei templi che gli Egizi avevano soprannominato i “castelli di milioni di anni”.

Il viaggio nell’aldilà
Quelle tombe nascoste e segrete (per sfuggire all’avidità dei tombaroli, che esistevano già ai tempi dei faraoni), faticosamente scavate nelle profondità della montagna, nascondevano nelle viscere della terra straordinari tesori che accompagnavano i corpi dei defunti nella vita immortale. I corredi comprendono praticamente tutto quanto si può trovare in una casa terrena. Quei sepolcri non corrispondevano infatti all’immagine della morte definitiva. Più della fine di una vita, è l’immagine della rinascita ad essere presente in tutti gli edifici funerari.
Le tombe e i templi delle necropoli tebane, riportano sulle pareti i riti e le formule che i defunti dovevano pronunciare al cospetto dei guardiani delle porte delle dodici ore della notte. Come il sole, che attraversa la notte per rinascere ogni nuovo giorno, così anche i morti dovevano compiere un cammino attraverso il regno delle tenebre per raggiungere la luce della nuova vita. Le tombe dei faraoni, alle pareti come nei soffitti a volta, presentano immagini religiose, sorta di ‘preghiere’ e formule tratte dai libri sacri. Nei sepolcri degli alti dignitari sono invece frequenti scene che ricordano la vita: dal lavoro agricolo alla caccia, dai banchetti all’intimità familiare, dalle attività lavorative alla danza.
Purtroppo nell’affollatissima Valle dei re – raramente ho visitato un luogo con un simile assembramento di turisti – su una sessantina di tombe ne sono aperte alla visita solo una decina a turno. Siccome non sono certo state costruite per ospitare le folle, la presenza umana danneggia quelle straordinarie opere d’arte giunte a noi in perfetto stato di conservazione, nonostante risalgano a 3500 anni fa. Fate attenzione, perché se non lo chiedete espressamente acquistando un biglietto supplementare non vi fanno nemmeno visitare le dieci aperte. Nella Valle delle regine ne sono invece aperte solo tre. Quella celeberrima di Nefertiti è purtroppo chiusa al pubblico. Non lasciatevi scappare la visita delle tombe degli Alti dignitari e quelle del villaggio ‘operaio’, dove ne troverete di splendide e sarete in compagnia di pochissimi turisti, perché escluse dal tour convenzionale.
I ricchi arredi delle tombe sono finiti tutti al Museo egizio del Cairo, uno dei più importanti al mondo. Anche Luxor dispone di un piccolo, moderno museo, dove sono esposte opere minori, ma che meritano di essere viste. Di eccezionale interesse una decina di splendide statue recentemente rinvenute in un nascondiglio sotto il Tempio di Luxor.

Templi eterni
Sono molti i templi visitati durante questo viaggio in Egitto (vedi prima parte. La loro struttura è sostanzialmente sempre simile: cortili e sale davano accesso al sacrario, dove era custodita la statua solitamente in oro del dio a cui il luogo di culto era dedicato. I fedeli avevano accesso solo agli spazi aperti, mentre i luoghi chiusi erano riservati unicamente ai sacerdoti. Il complesso era circondato da una cinta muraria, all’interno della quale si trovavano anche le abitazioni dei sacerdoti e in qualche caso di altri cittadini. Ognuno di questi edifici giunti fino ai nostri giorni ci rivela alcune peculiarità, che nel loro insieme ci permettono di comprendere come si svolgeva anticamente la vita al loro interno.
Nella spianata desertica che precede le vallate dove sono custodite le tombe dei faraoni si possono visitare diversi templi funebri. Tra i più significativi figurano: il Ramesseum, di grande unità stilistica anche se molto rovinato, costruito dal solito Ramesse II; l’amplissimo Tempio di Ramesse III (1184-1153 a.C.), famoso per le sue superfici decorate; le due statue colossali che presidiavano l’immenso tempio di Amenofi III (1391-1353 a.C.), che secondo la leggenda cantano al sorgere del sole. Ma il tempio più famoso e più visitato tra tutti quelli della riva ovest del Nilo a Luxor è certamente quello della faraona Hatshepsut (1479-1457 a.C.), che non fu l’unica donna a salire sul trono. Costruì questo luogo di culto in un suggestivo fondovalle, che incornicia il monumento scavato nella montagna color rosa, in contrasto con il colore del cielo sempre azzurro. Si tratta di uno straordinario connubio di arte e natura, da qualsiasi parti lo si ammiri.
Il tempio più maestoso di tutto l’Egitto è però certamente quello di Karnak, dedicato al dio Amon e considerato il più vasto luogo sacro al mondo. È stato pensato come una sorta di fastosa residenza nella quale il dio soggiornava come un sovrano attorniato dalle cure dei sacerdoti. Costruito durante il periodo aureo, principalmente sotto la XVIII e la XIX dinastia, accoglie interventi di moltissimi faraoni anche di epoche successive. Colpisce per le sue dimensioni davvero faraoniche. Lo si può visitare anche di notte durante lo spettacolo “Son et lumière”, quando assume un fascino del tutto particolare. Anticamente era collegato da un lunghissimo viale con un altro grande luogo di culto dell’antica Tebe, il Tempio di Luxor. Anch’esso di pianta classica, fu opera di più faraoni appartenenti a diverse dinastie: ultimo dei quali fu Alessandro Magno, che conquistò l’Egitto nel 332 a.C. e a Menfi fu incoronato faraone. Il viale processuale che collegava i due siti sacri era arredato con 700 statue di sfingi a testa umana con corpo leonino.

Abydos, città sacra
Un’escursione di una giornata da Luxor permette di visitare la città sacra di Abydos, una sorta di Mecca egizia: ognuno doveva rendere visita al Tempio di Osiride, il sovrano del regno dei morti. Secondo la tradizione, infatti, Osiride, ucciso dal fratello Seth che rappresenta il male, perse la vita nei paraggi di questo sito sacro situato ai margini del deserto, che divenne ambita necropoli e meta di pellegrinaggi. Anche questo monumento, come quelli di Luxor, comprende edifici di ogni epoca, ma è famoso soprattutto per la fresca coloritura dei suoi raffinati rilievi parietali, che permette di capire come si presentavano al loro interno i templi nell’antico Egitto.
A Dendera, che si trova tra Luxor e Abydos, il tempio è dedicato alla dea e madre universale Hathor, a cui venivano associati l’amore, la musica e il divertimento. In questo luogo di culto, tra i meglio conservati dell’interno Egitto, un altro particolare permette di immaginare gli interni dei templi egizi: le colonne sono colorate su sfondo bianco. I suoi rilievi, realizzati circa mille anni dopo quelli di Abydos, risultano però di fattura nettamente inferiore. Particolarmente interessanti, comunque quelli in cui la dea Hathor si fa fecondare da Osiride sorvolando sul suo corpo disteso.

Bibliografia
Egitto La Guida Verde Michelin, Milano 2002
Egitto Touring Club Italiano, Milano 2007
Egitto Lonely Planet, Torino 2008
Egitto Polaris, Firenze 2004
Hermann A. Schlegl, L’Antico Egitto Il Mulino, Bologna 2005
Sergio Donadoni, L’uomo egiziano Editori Laterza, Bari 2003

Egitto – Un’autostrada del turismo

Egitto – Al sud, tra Nilo e deserto
Egitto – La città di Luxor, l’antica Tebe
Egitto – I diversi volti dell’Islam

L’Egitto è una sorta di Mecca del turismo: almeno una volta nella vita bisogna andarci. Ma come visitarlo? Il paese è ormai diventato una sorta di autostrada del turismo. Nel senso che tu scegli uno degli itinerari classici prestabiliti e lo segui senza
ripensamenti.
Prima di partire per un viaggio e prima di scegliere l’itinerario leggo guide e libri sulla destinazione. È un mio modo per percorrere il viaggio più volte e per evadere dai problemi della vita quotidiana. Una volta deciso il tragitto e le tappe mi affido a un’agenzia. Così ho fatto anche per l’Egitto. Ho trovato ottimi alberghi e un buon servizio, ma nonostante disponessimo di una guida e di un autista tutti per noi ho dovuto impormi per vedere quanto avevo deciso di visitare. La nostra guida, culturalmente preparata, ci voleva imporre le tappe classiche, scoraggiando i nostri tentativi di personalizzare l’itinerario sostenendo che quanto chiedevamo era molto faticoso, oppure che si trattava di monumenti non aperti al pubblico. A una mia puntuale verifica è risultato però non essere così. Intendiamoci, questo non mi è successo solo in Egitto. Anzi, è piuttosto nella norma. Se percorrete quella che chiamo autostrada del turismo, trovate una marea di gente. È davvero incredibile, per esempio, quanti turisti a Luxor – l’antica Tebe – visitano la Valle dei Re. Appena però vi scostate dal percorso tradizionale,
vedete opere d’arte eccezionali quasi deserte. Un’esperienza che fa davvero riflettere sul modo di praticare il turismo. Nella splendida Valle dei Re su una sessantina di tombe ne vengono aperte alle visite – a rotazione – meno di dieci. Questo per
preservare queste straordinarie testimonianze della civiltà egizia, che vengono danneggiate dalla presenza della folla. Il biglietto d’ingresso prevede l’entrata a tre tombe, ma nessuno vi dice che pagando un supplemento voi potete visitare anche
le altre sette. E dire che avete percorso migliaia di chilometri in aereo per arrivare fino a lì! In una valle adiacente a quella dei re si trovano splendidi sepolcri degli alti dignitari dei faraoni. Un luogo che secondo la nostra guida era in restauro e che invece era visitabile, ma dove arrivano pochissimi turisti. Eppure si tratta di opere famosissime, riprodotte su tutti i libri. Potrei portare numerosi altri esempi!
Per avere più tempo a disposizione avevamo scelto di spostarci in automobile, invece che in nave, e quindi di pernottare in albergo. Gli spostamenti su strada sono molto interessanti, perché permettono di vedere uno spaccato di vita nella fertilissima campagna che si estende lungo tutto il tragitto del Nilo. Nel sud dell’Egitto non esistono industrie, per cui la gente da millenni vive di agricoltura. Si passano villaggi dove la vita non è probabilmente molto diversa rispetto a tre o quattromila
anni fa, all’epoca dei faraoni. Molte case, come allora, sono costruite con mattoni di argilla e hanno ancora il tetto in paglia. Non si vede miseria, ma povertà, anche se le condizioni di vita sono certamente migliorate da quando negli anni Sessanta Nasser ha costruito l’enorme diga, che permette di irrigare i campi tutto l’anno e quindi non solo durante le piene del Nilo, come avveniva prima. Questo permette naturalmente di avere più raccolti.