Armenia – Monasteri e fortezze immersi in una natura selvaggia

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L’itinerario parte dalla capitale Yerevan ricca di musei che testimoniano una storia difficile ma ricca e prosegue in uno spettacolare territorio montagnoso alla scoperta di antichissime chiese e monasteri, di fortezze e caravanserragli situati lungo la Via della Seta.

Nonostante le continue occupazioni e i tentativi di assimilazione, di conversione e di annientamento l’etnia armena è sopravvissuta alle vicende storiche avverse fondandosi sulla fede cristiana e sulla millenaria cultura espressa in una lingua con un alfabeto proprio. Dalle avversità storiche ha saputo trarre anche aspetti positivi assimilando nel vocabolario, nell’arte, nella cucina, negli usi e costumi l’essenza delle civiltà di cultura e religione diverse con cui la sua popolazione è venuta suo malgrado in contatto. Visitando oggi l’Armenia come turisti si percepisce questa ricchezza.
L’architettura religiosa, dato l’alto significato del Cristianesimo nella storia armena, costituisce certamente l’elemento caratterizzante di questo paese. Chiese e monasteri sono spesso appollaiati sopra dirupi o situati in magnifiche vallate, dove il corso delle acque ha scavato profondi canyon. Ma sono interessanti anche le visite alle fortezze, erette in luoghi impervi per difendere il territorio dalle continue invasioni, e ai caravanserragli, siti di sosta per i commercianti che percorrevano la mitica Via della Seta. Al di fuori della capitale Yerevan, dove vive un terzo degli oltre 3 milioni di abitanti (all’estero se ne contano quasi 9 milioni), il paesaggio è agreste, spesso senza vegetazione, dato che ci si trova sovente sopra i 2000 metri di altezza. Dietro qualsiasi curva della strada bisogna essere pronti a frenare perché molto spesso le mandrie di mucche o di pecore scambiano l’asfalto per il pascolo. Zona vulcanica ad alto rischio sismico l’Armenia in molte regioni offre visioni lunari. Il lago Sevan (il terzo lago più alto del pianeta, situato, con i suoi 110 km2 di superficie, a 1900 metri) offre uno dei paesaggi più suggestivi: di un color azzurro scuro si contrappone al marrone delle montagne desertiche. Il tragitto che lo collega a Yerevan, attraverso il passo Selim, è particolarmente affascinante. Si attraversano profonde pareti rocciose per raggiungere paesaggi desertici e poi, ad un tratto, spuntano villaggi verdissimi, simili ad oasi, in mezzo a montagne spettrali. I paesini sono rurali e molto poveri, ma il territorio, salvo durante il rigido inverno, è molto fertile. E di spazio non ne manca. A tratti abbiamo attraversato zone viticole. Per affrontare temperature che scendono di molti gradi sotto lo zero i contadini, una volta colta l’uva, devono interrare i tralci per dissotterrarli in primavera. Il paesaggio forse più straordinario è la vallata in cui si trova il monastero di Noravank. Si attraversa per 8 chilometri un canyon con pareti altissime di color rosso e giunti nel fondovalle si scorge il monastero in uno spettacolare scenario di rocce rosate.

Radici del passato a Yerevan
Nella capitale i grigi palazzi dell’epoca sovietica convivono con i grattacieli moderni di stampo occidentale. Abbondano i musei che illustrano la ricca e tormentata storia di questo popolo. Su due colline situate ai due estremi della città sorgono due monumenti simbolo: il Memoriale per le vittime del genocidio con l’annesso museo e l’imponente e fiera statua della Madre Armenia, che sostituì quella di Stalin la notte stessa in cui giunse la notizia della sua morte. Ma il sacrario della cultura armena è considerata la grande biblioteca di manoscritti Matenadaran, che si erge come una cattedrale in cima al viale più importante di Yerevan. Dedicata all’inventore dell’alfabeto armeno, Mesrop Mashtots la cui statua troneggia all’entrata, custodisce 17 mila manoscritti, in gran parte armeni, e 100 mila documenti medievali e moderni. All’interno una fiera scritta avverte il visitatore: “Seppur siamo una piccola nazione, anche noi abbiamo compiuto opere di prodezza e di valore che crediamo meritino di essere ricordate”. L’orgoglio con cui la nostra apprezzatissima guida locale, Vahé, ci mostra quei preziosi manoscritti salvati dalle malvagità della storia è commovente.
Nella neoclassica e suggestiva Piazza della Repubblica, restaurata con garbo, accanto alla sede del governo e di alcuni ministeri, un edificio imponente ospita il museo statale di Storia armena, che illustra le principali tappe dal paleolitico all’epoca moderna. Le sale più suggestive sono quelle iniziali dove sono esposti reperti di eccezionale qualità artistica, che attestano l’elevato grado di questa civiltà nell’antichità, sin dall’epoca urartea risalente al primo millennio a.C. Ma l’oggetto esposto forse più eccezionale è una scarpetta, la più antica mai scoperta al mondo, che risale a 5500 anni fa, recentemente rinvenuta in una grotta.

Gli edifici religiosi
Il poeta russo Osip Mandelstam definì questa terra, dove ogni pietra narra la storia del suo popolo, “regno di pietre urlanti”. Ed in effetti tutti gli edifici sono costruiti in basalto, perché offriva maggiore resistenza alle devastazioni. L’architettura religiosa, con le sue soluzioni originali che avrebbero influenzato notevolmente lo stile degli edifici religiosi in tutta Europa, è senz’altro quella che più caratterizza l’Armenia. Come fa notare lo storico dell’arte italiano Alpago Novello, l’architettura sacra armena si distingue per semplicità e chiarezza, per la presenza di volumi geometrici elementari organizzati in modo simmetrico. Tanto da far associare a Cesare Brandi, in un famoso articolo intitolato “Le chiese di cristallo”, questi volumi di forme elementari “organizzati secondo assi simmetrici con una rigorosa logica di tipo geometrico-matematico, alle formazioni cristalline naturali”.
Per capire queste costruzioni bisogna distinguere due periodi. Dal VII al IX secolo l’architettura medievale presenta due aspetti originali: da una parte l’inserimento della cupola al centro della chiesa ricorrendo a soluzioni statiche interessanti e spesso ardite, dall’altra un certo contrasto tra un esterno monumentale e quadrangolare e un interno molto lineare e luminoso.
Dal IX al XIV secolo, invece, sorgono importanti monasteri che riprendono i motivi architettonici precedenti, ma con l’aggiunta di nuove esperienze. È in questo periodo che nasce il cosiddetto “gavit”, elemento tipico dell’architettura armena, tanto che non esiste una traduzione italiana di questo termine. Si tratta di una sala collocata davanti all’entrata che fungeva da vestibolo, luogo di sepoltura riservato ai notabili e di ritrovo per i cittadini. Non solo i cristiani, ma anche gli infedeli potevano incontrarsi qui e discutere, socializzare e commerciare. L’ingresso in chiesa era invece consentito solo a chi era battezzato.
“La scelta di costruire i complessi monastici in posizione dominante in fondo a profonde valli o sulla cima di altopiani difficilmente accessibili – scrive Nadia Pasqual, autrice della miglior guida in italiano sull’Armenia – garantiva la sicurezza di questi edifici che avevano la fondamentale funzione di produrre e conservare il patrimonio culturale nazionale e che in alcuni casi divennero anche importanti centri politici. Questi ambienti impervi e isolati facilitavano inoltre il raccoglimento e la concentrazione necessari ai religiosi per coltivare la profonda spiritualità che ancora oggi ammanta questi luoghi carichi di suggestioni”.
Un altro simbolo dell’Armenia sono i khatchkar: letteralmente significa croci di pietra. Si tratta di lastre di pietra finemente scolpite per rappresentare simboli cristiani, spesso la croce. Sono presenti in quasi tutti gli edifici religiosi – chiese, monasteri, cimiteri – incastonati nelle pareti o piantati nel terreno. In tutto il paese ne sono state censite oltre 30 mila, ma mi sono rimaste in particolare nella mente le numerosissime presenti nel suggestivo cimitero di Noraduz, che sorge sulle rive del lago Sevan. Camminare tra queste tombe sepolcrali indorate dai licheni in una giornata di sole in riva al lago incoronato dalle montagne è un’esperienza davvero indimenticabile.

I principali siti archeologici
Essendo il nostro viaggio organizzato dalla Società archeologica ticinese, un’attenzione particolare è stata dedicata alla visita dei principali siti archeologici. La maggior parte si trova negli immediati dintorni della capitale. Il più antico è Agarak, scoperto di recente. Risale al 2800-2600 a.C. e sorge su una base naturale in basalto. Sembra si trattasse di un luogo di culto, che si estendeva su un’area molto vasta.
Il sito forse più affascinante, Metsamor, appartiene invece all’epoca urartea attorno al 1200 a.C. Il luogo era noto come centro metallurgico – si vedono ancora le fornaci – e soprattutto per le sue attività astronomiche. Sembra che gli studiosi dell’epoca avessero individuato le costellazioni, fossero riusciti a suddividere l’anno in dodici periodi e conoscessero la stella Sirio che decretava l’inizio del nuovo anno. Conoscenze che venivano utilizzate per il culto, ma certamente preziose anche per l’agricoltura e quindi per organizzare la vita economica. Il museo annesso presenta i reperti trovati durante gli scavi, soprattutto nelle tombe, dove i notabili venivano seppelliti con i loro schiavi. La presenza di una splendida ranocchia in pietra e di un sigillo di fattura mesopotamica indicano come il commercio fosse già molto sviluppato.
Pure di epoca urartea è Erebuni, situata alle porte dell’attuale Yerevan e fondata nel 782 a.C. in un’epoca di relativa stabilità politica. Della città rimangono le fondamenta della muraglia, del palazzo reale, dei vasti magazzini, dei quartieri militari e dell’area sacra. Nel museo annesso si possono vedere le tubature in pietra completamente chiuse che servivano per trasportare l’acqua dalla montagna lontana 40 chilometri.
Con la visita di Garni ci spostiamo invece in epoca romana. L’edificio più suggestivo, in parte ricostruito dai sovietici, risale al 77 d.C. Fu edificato in basalto, caratteristica che lo differenzia dagli altri templi romani, con il denaro che Tiridate I d’Armenia ricevette dall’imperatore Nerone.

Itinerario

1° giorno
Lugano-Zurigo-Yerevan

2° giorno
Yerevan-Garni-Geghard

3° giorno
Agarak-Aruch-Dashtadem-Harich-Gyumri

4° giorno
Odzun-Haghpat-Sanahin-Tumanyan

5° giorno
Dilijan-Lago Sevan

6° giorno
Noraduz-Selim-Noravank-Yerevan

7° giorno
Echimiadzin-Metsamor

8° giorno
Erebuni-Artashat-Dvin

9° giorno
Hovanavank-Saghmosavan-Amberd

10° giorno
Yerevan-Zurigo-Lugano

Bibliografia

Armenia Polaris, Firenze 2010
Georgia, Armenia, Azerbaigian Lonely Planet, Milano 2008
Armenia Braot, Bucks (England), 2003
Claude Murafian et Ericc van Lauwe, Atlas Historic de l’Arménie, Paris 2001