Sardegna – Dalle dolci colline al mare dei miti e della storia

Sardegna – Dietro le quinte di un’isola da cartolina

Un viaggio lungo una terra che sa essere aspra e dolce. La scoperta di un’isola alla moda, ma che ha conservato un fascino antico.

Natura, arte, storia e gastronomiasono gli ingredienti di questo itinerario lungo la costa occidentale della Sardegna, quella che si affaccia sulla Spagna. Il percorso si snoda in parte lungo la strada litoranea, per scoprire paesaggi marini incontaminati, e in parte penetra nell’affascinanteentroterra sardo alla ricerca dell’arte e della storia di quest’isola chiusa su se stessa. L’itinerario tocca le tappe principali della storia sarda: dalle straordinarie testimonianze preistoriche della civiltà nuragica alle rovine delle città cartaginesi e romane, per risalire alle tracce romaniche del cosiddetto periodo ‘giudicale’ e a quelle più recenti della lunga dominazione spagnola durata quattro secoli.
Le bellezze naturali non si limitano al mare, ma riguardano anche le armoniose campagne, che a tratti ricordano la Toscana.
La nostra proposta si articola su cinque giorni. Sarebbe più agevole dedicando un paio di giorni in più. Permetterebbe qualche sosta al mare per immergersi nelle acque trasparenti della costa. La stagione consigliata non è l’estate, ma la tarda primavera o il primo autunno. Le compagnie che noleggiano automobili concedono, con un piccolo sovrapprezzo, di ritirare il veicolo all’aeroporto di Cagliari e di riconsegnarlo ad Olbia. Questo permette di dimezzare il percorso.
Un mare incontaminato

Un mare incontaminato
Quando si parla di Sardegna si pensa al mare, all’acqua limpida, a fondali turchesi da sogno. Anche se l’isola non è solo questo, come vedremo col nostro itinerario, iniziamo dalle sue coste occidentali, certamente meno compromesse dal turismo rispetto a talune orientali.
L’itinerario ci porta dapprima a scoprire la Costa del Sud, nel punto più settentrionale dell’isola. Il tratto più suggestivo si estende per una ventina di chilometri da Capo Spartivento, poco dopo il villaggio di Bithia, fino alla baia del porto di Teulada. La costa appare frastagliata con scogli affioranti e in lontananza la granitica isola Rossa. Il percorso, scandito da una serie di torri di avvistamento in collegamento visivo tra loro, offre panorami spettacolari e si qualifica per avere mantenuto quasi integri i caratteri dell’ambiente naturale. Durante il nostro viaggio, all’inizio di maggio, le colline offrivano una tavolozza di colori indimenticabile: dal verde più tenero al più cupo, al giallo e viola dei fiori, alle foglie rosse di un arbusto molto diffuso.
La strada lascia la costa in direzione di Teulada lungo la valle del Rio degli oleandri. Il nostro itinerario si addentra a questo punto nell’entroterra e riprende la costa una sessantina di chilometri più avanti, quando da Gonnesa si lascia la statale 126 in direzione di Nebida, Masua e Buggerru lungo una strada che consente spettacolari scorci panoramici per i contrasti cromatici e l’andamento frastagliatissimo della costa. La zona, suggestiva per le sue rocce calcaree bianche, rossastre e violacee, è ricca di giacimenti metalliferi. Ancora oggi si estraggono zinco e piombo. Particolarmente spettacolare lo scoglio di candido calcare che fronteggia le case di Masua.
Ritorniamo sulla statale 126, per abbandonarla di nuovo in direzione del mare non molti chilometri più avanti verso Piscinas, la località famosa per le sue splendide dune di sabbia. Per un raggio di circa 3 chilometri quadrati alle montagne dorate, alte fino a 50 metri, ancora in movimento, si alternano quelle ormai consolidate dove sbucano dalla sabbia ginepri e fiori di ogni genere e colore. Una passeggiata in questi luoghi vi darà la sensazione di essere in un deserto in riva al mare. La spiaggia, assolutamente non deturpata, offre un delizioso e romantico alberghetto, dove si mangia pure molto bene, che non poteva non chiamarsi Albergo delle Dune.
La costa occidentale sarda offre un’altra strada panoramica di eccezionale interesse: quella che da Bosa porta ad Alghero. Scavata tra formazioni rocciose vi dà l’impressione di trovarvi in un sito ben più alto, anche perché i venti dominanti di ponente e maestrale vengono su fragranti e salmastri dal mare aperto. Man mano che vi avvicinate ad Alghero si impone alla vostra attenzione la possente sagoma del Capo Caccia, dove visiteremo le Grotte di Nettuno. Questi panorami mozzafiato costituiscono uno degli spettacoli naturali più belli dell’isola.
Il centro storico di Alghero è tanto piccolo quanto grazioso e piacevole da percorrere a piedi. È racchiuso in una corta penisola che si affaccia sul mare con i suoi bastioni e le torri che ricordano la dominazione spagnola. Sarebbe però più corretto parlare di catalanità di questa cittadina, da molti denominata “la piccola Barcellona”, dove ancora oggi gli abitanti parlano un dialetto arcaico del catalano.

Entroterra da scoprire
Anche se parliamo di entroterra, rimaniamo in tema di mare e iniziamo dalle Grotte di Nettuno. Si possono raggiungere in battello da Alghero (una gita di circa tre ore) o da un molo che si trova sulla strada litoranea un paio di chilometri prima del parcheggio per le grotte, che si possono raggiungere anche a piedi scendendo 656 gradini. Considerate fra le più suggestive del Mediterraneo, le arditissime costruzioni prodotte dalla natura attraverso un sapiente gioco di stalattiti e stalammiti non mancheranno di emozionarvi. Il nostro itinerario vi porterà a scoprire un altro spettacolo naturale certamente poco noto: quello delle cosiddette “Giare”, che si trovano nell’entroterra sardo tra Cagliari e Oristano. Che cosa sono? “Sono comunemente chiamate Giare – spiega l’autorevole guida rossa del Touring italiano – gli squadrati altopiani basaltici, dal profilo perfettamente orizzontale e coi fianchi scarpati, prodotti da esiti di manifestazioni vulcaniche durante l’Oligocene”. Si tratta di una sorta di immenso terrazzo che domina il territorio circostante, offrendo suggestivi panorami sulla ridente pianura sottostante. I villaggi, sin dalla preistoria, sono situati ai piedi delle Giare (particolarmente grazioso Tuili). Non mancate di visitare la Giara di Gesturi, la più vasta e paesisticamente rilevante. Ha una superficie superiore per lo più pianeggiante di 12 chilomentri di lunghezza e 4 di larghezza. Al culmine si divide in numerosi sentieri che si possono percorrere a piedi. Propone una “tipica vegetazione spontanea a macchia mediterranea, alternata da piccole sughere e praterie erbose punteggiate di numerosi ristagni, dove vivono allo stato brado alcune centinaia di esemplari di cavalli di taglia ridotta, esclusivi della Giara”.
Tra Carbonia e Guspini il nostro itinerario si qualifica per il carattere spiccatamente minerario che connota tutti gli aspetti (paesistici, ambientali e urbanistici) del territorio e permette di cogliere, in chiave di archeologia industriale, i segni dell’attività estrattiva metallifera (nella regione attorno a Iglesias) e carbonifera (nel Sulcis, cioè a sud di Iglesias), in passato vivacissima e oggi abbandonata in quasi tutti i distretti. Carbonia, pianificata negli anni Trenta dal fascismo per garantire manodopera alle miniere di carbone, si è oggi trasformata in una vivace e moderna città terziaria. Una trentina di chilometri più a nord, Ingurtosu (poco prima di Piscinas) rappresenta invece uno degli esempi di insediamento minerario (piombo e zinco) ottocentesco più significativi dell’isola. Previsto per oltre mille addetti, il complesso colpisce oggi per il suo stato di avanzato degrado. Di quei prestigiosi stabilimenti, qui come altrove nella regione, rimangono solo imponenti rovine, che verso il tramonto assumono un aspetto quasi minaccioso.

Dalla preistoria al Romanico
Sono due i periodi della storia sarda – osserva la guida verde del Touring – che hanno prodotto le architetture più orginali dell’isola: da una parte la lunga età nuragica, che ha disseminato delle sue 7 mila torri il paesaggio sardo, dall’altra il periodo ‘giudicale’, che ha visto sorgere nell’isola le grandi chiese romaniche”.
Se l’architettura romanica, con le sue caratteristiche chiese, è a tutti nota, non così si può affermare per quella nuragica, tipica della Sardegna. Soffermiamoci quindi brevemente su questa civiltà, prima di visitarne alcune delle opere più significative. Si sviluppò su un lungo periodo: dal 1800 alla fine del VI secolo a.C. e sopravvisse in certe zone interne fino alla conquista romana e oltre. La popolazione, dedita alla pastorizia e all’agricoltura, era calcolabile in 200, 250 mila abitanti distribuiti capillarmente sul territorio in piccoli villaggi. Nel corso del tempo i nuraghi diventarono veri e propri castelli attorno ai quali venivano costruite abitazioni e spazi pubblici, difesi a distanza da una cinta muraria. Dagli oggetti rinvenuti gli archeologi hanno potuto stabilire che si trattava di una società con un forte senso religioso, con ceti egemoni e classi subalterne. Dalle navicelle in bronzo rinvenute si può dedurre che i Sardi navigavano su proprie flottiglie.
Il nostro itinerario prevede la visita di due nuraghi (Su Nuraxi di Barumini e Losa) considerati “l’espressione più alta della tecnica costruttiva raggiunta nell’isola prima della fase punico-romana”. A differenza della maggior parte dei monumenti preistorici presenti in tutto il mondo questi nuraghi vi colpiranno per l’eccezionale grado di conservazione, che vi permetterà di entrare in locali giunti a noi, a distanza di quasi quattromila anni, ancora integri. E non si tratta di costruzioni semplici, ma estremamente complesse: nel villaggio nuragico Su Nuraxi addirittura a più piani sovrapposti. È davvero emozionante penetrare in quelle rovine e scoprire come vivevano e si difendevano gli uomini a quell’epoca.
Di eccezionale interesse, per lo straordinario stato di conservazione delle tombe, è un altro sito archeologico che si trova sul nostro percorso: il Monte Sirai, vicino a Carbonia. Si tratta di una colonia fenicia, fortemente integrata alla comunità nuragica preesistente, che fu fondata attorno al 750 a.C. e distrutta poco più di 200 anni dopo dai Cartaginesi.
Interessante anche la visita al Tempio di Antas, costruito dai Cartaginesi nel 500 a.C. in zona di un insediamento nuragico. Il tempio, situato in un’idilliaca e verdissima vallata a una ventina di chilometri da Iglesias, è stato ampiamente ricostruito nel corso di un discutibile restauro avvenuto negli anni Sessanta.
A Nora, punto di partenza del nostro itinerario e anticamente uno dei più importanti scali fenici dell’isola, potrete invece visitare le rovine di una fiorente città romana con un teatro ben conservato, le abitazioni, le terme e i templi. La sua ubicazione su una incantevole lingua di terra espansa sul mare consentiva l’attracco alle navi in tutte le condizioni di ventosità.
Nella parte terminale del nostro itinerario, a nordovest dell’isola, sorgono, a pochi chilometri di distanza una dall’altra, quattro chiesette fra gli esemplari più belli del romanico isolano. Alte sullo spazio circostante, immerse nel silenzio di ambienti ormai spopolati, colpiscono il visitatore per la loro armonia e semplicità esteriori e per la severità degli interni. Si tratta della basilica di SS. Trinità di Saccargia, di S. Michele di Salvenero, di S. Maria del Regno ad Ardara e di S. Antioco di Bisarcio.
Molto più a sud, nella prima tappa dell’itinerario, all’ingresso del villaggio di Tratalias sorge la chiesa di S. Maria, armoniosa ma imponente basilica romanica, che merita anch’essa di essere visitata.

L’itinerario

1° giorno – 45 km
Cagliari – Pula – Santa Margherita

2° giorno – 220 km
Santa Margherita – Nora – Bithia – Tratalias (chiesa di S. Maria) – Carbonia – Monte Sirai – Nebida – Masua – Buggerru – Tempio di Antas – Ingurtosu – Piscinas

3° giorno – 290 km
Piscinas – Guspini – Sanluri – Su Nuraxi (nuraghe) – Tuili – Gesturi (Giara) – Losa (nuraghe) – Macomer – Bosa – Alghero

4° giorno – 70 km
Alghero – Porto Conte – Grotta di Nettuno

5° giorno – 130 km
Alghero – Olbia (lungo il tragitto visita alle chiese romaniche di SS. Trinità di Saccargia, S. Michele di Salvenero, S. Maria del Regno ad Ardara e S. Antioco di Bisarcio)

Guide

Italia, La Guida Verde, Michelin, Edizioni per viaggiare, Milano 2002 (pagg. 454-467)
Italia 2008, Alberghi e ristoranti, Michelin
Sardegna, Guida d’Italia (guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2005
Sardegna, Guida d’Italia (guida verde), Touring Club Italiano, Milano 2004
Italie du sud, Les guides bleus, Hachette, Paris 1977
Sardegna, Meridiani, anno XVIII, numero 140, luglio 2005
La storia di Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 2000
Paolo Melis, Civiltà nuragica, Carlo Delfino Editore, Sassari 2003

Sardegna – Dietro le quinte di un’isola da cartolina

Sardegna – Dalle dolci colline al mare dei miti e della storia

La costa orientale sarda, quella più mondana, si affaccia sul Tirreno. Oltre al mare cristallino e alle calette da sogno, vale la pena, però, scoprire l’entroterra ancora selvaggio e altrettanto affascinante.

Oggi, quando si sente parlare di Sar­degna, per associazione di idee si pensa immediatamente al mare. È normale: è un’isola e ha splendide spiagge! Eppure storicamente esiste un’altra Sardegna, sviluppatasi all’interno delle coste, che può essere considerata la vera Sardegna. L’itinerario in automobile che vi proponiamo si sviluppa da Cagliari a Olbia lungo la strada statale 125, denominata “Orien­tale Sarda”, costruita sul tracciato di una delle quattro arterie d’epoca romana. Per conoscere la Sardegna più discosta e tradizionale, quella mon­tagnosa, vi suggeriamo due deviazioni sui Monti del Gennargentu e del Supramonte, tristemente famoso per i sequestri di persona.
Il tragitto proposto presenta motivi di interesse sia naturalistici che sociali: un ambiente sociale ancora cristallizzato, in cui sono riconoscibili comportamenti sedimentati da secoli e un am­biente naturale, che nella varietà degli aspetti co­stitutivi, rimanda alle due componenti più sugge­stive e intime dell’isola, ossia i monti solitari e lecoste di straordinaria varietà e bellezza.

Il mare
Il nostro itinerario lungo l’Orientale Sarda corre pre­valentemente all’interno. Per decine di chilometri capita di non incontrare un centro abitato. La strada si affaccia al mare solo in corrispondenza dello sboc­co di vallate alluvionali o allorché si eleva oltre il cordone montuoso litoraneo. Frequenti deviazioni collegano però con le località balneari.
Lungo il percorso vi proponiamo alcune deviazioni sulla costa, oltre naturalmente alla visita della Costa Smeralda e dell’arcipelago della Maddalena. La pri­ma riguarda il golfo di Arbatax. Sul promontorio granitico di capo Bellavista affiorano filoni di porfi­do che, spingendosi in mare, emergono coi caratteri­stici spuntoni noti come le “rocce rosse di Arbatax”. Molto grazioso anche il villaggio di Santa Maria Na­varrese, che si affaccia sul golfo con la sua graziosa chiesina e la torre spagnola, da cui si gode una splen­dida vista.
Giunti a Dorgali vi proponiamo una deviazione di 10 chilometri per scendere al mare, seguendo un tragitto spettacolare, in direzione di Cala Gonone. Splendida la strada lungo la costa che porta a Cala Luna.
Un’ottantina di chilometri più a nord vale la pena di deviare verso San Teodoro, borgata di antica origine, per poi raggiungere l’incantevole Capo Coda Caval­lo, da cui potrete godere di una splendida vista sulla costa e sulle isole verso nord.
La Costa Smeralda con le sue prestigiose località di Porto Cervo e Porto Rotondo non esige certo presen­tazioni. Se amate lo shopping, a Porto Cervo lascere­te l’anima, oltre che il portafogli.
Il luogo di mare forse più incantevole della Sardegna è però l’arcipelago della Maddalena con le sue sette isole. In automobile potrete visitare in parte Caprera e molto bene la Maddalena con le sue straordinarie strade panoramiche. Su tutta l’isola, ma in particola­re a Tegge in riva al mare, potrete ammirare straordi­narie opere d’arte scolpite nel corso dei secoli dalla natura attraverso il vento e le onde del mare. Secon­do il geografo francese Jules Sion, incantato dal­l’asprezza e dalla solitudine del paesaggio, ricordano le incisioni dantesche di Gustave Doré. Poco più avanti, una strada sterrata scende al mare verso Cala Madonnetta. Giunti al termine potrete salire a piedi verso una graziosa cappella costruita a forma di nave da cui si domina il golfo. Quando lascerete l’isola e in 20 minuti di traghetto tornerete a Palau, non man­cate di visitare il Capo d’Orso e di salire a piedi sulle splendide rocce scolpite dal vento.

L’altra Sardegna
Il carattere più rimarchevole del nostro itinerario lungo l’Orientale Sarda è costituito dalla bellezza dei paesaggi montani, che si succedono a partire dal trat­to iniziale. Proponiamo due deviazioni. La prima lungo la valle del Rio Pardu per ammirare le singolari formazioni rocciose localmente note come “tac­chi”, la seconda nel Supramonte, inoltrandovi da Dorgali verso il centro dell’isola, dopo aver attraver­sato suggestive montagne dolomitiche dalla connota­zione di tipo alpino, nonostante l’altezza non cospi­cua. Incontrerete territori incontaminati, paesaggi af­fascinanti, dove l’unico brusio sarà quello del vento. È questa un’altra Sardegna: delle montagne e della pastorizia, delle greggi e delle transumanze, chiusa in se stessa nelle sue impenetrabili regioni, che con­serva con orgoglio anche i suoi antichi tratti guerrie­ri. Una Sardegna che si oppose agli invasori di tutte le epoche, in parte con successo, e che si contrappo­ne a quella delle coste e delle pianure, dei campi col­tivati e delle città, aperta invece agli influssi dei con­quistatori stranieri. Un mondo a sé, caratterizzato dalle difficoltà di accesso e dalle dure condizioni di vita. In queste valli ripide e scoscese si è sviluppata quella comunità umana che in millenni ha costruito la Sardegna pastorale, con le sue pecore, le sue tran­sumanze, la sua fame di pascoli. La pastorizia, assie­me alla cerealicoltura è stata sempre la fonte princi­pale di ricchezza dell’economia sarda. Già nel 1611 Martin Carillo contava circa un milione di pecore. Ma la vita contadina era molto dura secondo il profi­lo tracciato da un pastore di Sarule: “che se nevica è contro di lui, se c’è la siccità che ne piange è lui, se i prezzi scendono lui ci rimette il latte e tutto, se sal­gono contro di lui, se ci sono i carabinieri è contro di lui, perché è pastore e il pastore è sempre solo, solu che se fera, solo come una fiera, e per lui non c’è ca­sa, non c’è paese, non c’è figlio, non c’è festa”.
Se già la Sardegna fu considerata “l’isola dimenticata”, vissuta in condizioni di singolare isolamento, poco considerata dai suoi conquistatori, “un’ecce­zione tra le isole mediterranee, perché ferma e chiu­sa in se stessa”, un “museo naturale di etnografia”, le regioni montagnose del centro est possono conside­rarsi un’isola nell’isola.
Nel cuore di questa Sardegna, in uno dei luoghi più magici toccati dal nostro itinerario, nella fresca cam­pagna del Supramonte, avvolta nel silenzio rilassante e antico delle coltivazioni di vigneti e olivi, dove l’aria profuma delle essenze di mirto e rosmarino, incontrate una delle leggende dell’ospitalità sarda: Su Gologone. Mentre Aga Khan concepiva il suo progetto turistico sulla Costa Smeralda, Peppeddu Palimodde e sua moglie, indebitandosi fino al collo, realizzarono un sogno quasi impossibile: aprire un ristorante con cucina tradizionale e in seguito un al­bergo di lusso in una regione allora dimenticata da tutti, in preda alla miseria e tristemente famosa per i suoi briganti. “Ci dicevano che eravamo matti – rac­conta la signora – perché la gente non sarebbe mai andata al ristorante per mangiare la cucina casalin­ga”. Oggi il ristorante Su Gologone è considerato un tempio della cucina sarda e il raffinato albergo un’oasi per chi ama la natura.

Le tombe dei giganti
Per le sue vicende storiche la Sardegna non offre un patrimonio artistico di particolare interesse, salvo le testimonianze del periodo nuragico, quando l’isola ­come fa notare lo storico Paolo Melis – “ebbe uno sviluppo originale e grandioso, quale non è dato ri­scontrare nelle altre aree mediterranee”.
La civiltà nuragica, come abbiamo nella prima parte, si sviluppò in Sardegna su un lungo periodo che va dal 1800 a. C. alla fine del VI secolo a. C. La popolazione, che si pensa superasse i 200 mila abi­tanti, era dedita soprattutto alla pastorizia e all’agri­coltura ed era distribuita capillarmente sul territorio in piccoli villaggi: i nuraghi appunto, in cui le abita­zioni venivano costruite attorno alla torre centrale (una sorta di castello), difesa a distanza da una cinta muraria.
Il nostro percorso lungo l’Orientale Sarda prevede la visita del villaggio nuragico di Serra Orios, a una de­cina di chilometri da Oliena, formato da oltre 70 co­struzioni per la maggior parte di tipo circolare. L’iti­nerario prevede però anche la visita di tre luoghi fu­nerari, definiti popolarmente “le tombe dei giganti” per le loro notevoli dimensioni. Si tratta di sepolcri collettivi della civiltà nuragica, che solitamente sor­gevano nei pressi di un villaggio. Al centro campeg­gia un’alta stele formata da un’unica lastra con un portale che rappresenta l’ingresso alla vita ultraterre­na. Ai lati della stele si trova una serie di lastroni in­fissi nel terreno, che delimitano uno spazio circolare ad esedra e che hanno un andamento digradante. Quest’area era riservata al culto e alle offerte per i de­funti. La stele è unita mediante un piccolo corridoio al corpo della tomba, che ha grandi dimensioni per la sepoltura comune dei membri del villaggio.
Sul nostro percorso incontriamo le tombe dei giganti Sa Ena ‘e Thomes, a pochi chilometri dal villaggio nuragico di Serra Orios, quella di Lu Coddhu ‘Ecchju a pochi chilometri da Arzachena e quella di Li Lol­ghi, a pochi chilometri dalla precedente.

L’itinerario

1° giorno
Milano – Cagliari

2° giorno – 282 km
Cagliari – Muravena – Jerzu – Arbatax – Cala Gonone – Oliena – Su Gologone

3° giorno – 189 km
Su Gologone – Serra Orios – Sa Ena’e Thomes – Lula – Siniscola – Sta Lucia – Posada – S. Teodoro – Pto S. Paolo – Olbia – Arzachena – Capo Orso – Palau – La Maddalena

4° giorno – 70 km
La Maddalena – Caprera – Palau – Golfo Arzachena – Porto Cervo

5° giorno – 65 km
Porto Cervo – Porto Rotondo – Golfo Aranci – Aeroporto

Guide

Italia, La Guida Verde, Michelin, Edizioni per viaggiare, Milano 2002 (pagg. 454-467)
Italia 2008, Alberghi e ristoranti, Michelin
Sardegna, Guida d’Italia (guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2005
Sardegna, Guida d’Italia (guida verde), Touring Club Italiano, Milano 2004
Italie du sud, Les guides bleus, Hachette, Paris 1977
Sardegna, Meridiani, anno XVIII, numero 140, luglio 2005
La storia di Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 2000
Paolo Melis, Civiltà nuragica, Carlo Delfino Editore, Sassari 2003
Serra Orrios e i monumenti archeologici di Dorgali, Sardegna archeologica, Carlo Delfino Editore, Sassari 2005

Adriano, imperatore e grande viaggiatore

Vi propongo un itinerario sulle orme di uno dei primi viaggiatori della storia: l’impe­ratore Adriano. Un personaggio noto per il suo programma di pace e di benessere, che in­tendeva assicurare a tutto l’impero. Basò la sua politica sulla conoscenza dei popoli: per questo fu un grande viaggiatore. Non tanto, quindi, per il gusto di viaggiare, ma perché rinunciando al lin­guaggio delle armi doveva far sentire quanto più possibile i benefici del suo governo e della sua amministrazione. Per raggiungere questi scopi tro­vò indispensabile visitare e rivisitare le province e i confini, studiandone i bisogni e apportandovi ogni possibile vantaggio. Di questi suoi viaggi, che duravano anni perché l’impero era vastissimo, ci rimane oggi una singolare testimonianza nella Villa Adriana, a pochi chilometri da Roma, dove l’imperatore intendeva trascorrere “come fanno i fortunati doviziosi” gli ultimi anni della sua vita in una “sfarzosa tranquillità”.
La costruzione iniziò nel 126 quando Adriano era reduce dal suo primo viaggio nelle province orien­tali. Nella “Historia Augusta” (Vita Hadriani, 26) l’autore spiega che “per serbare memoria dei luo­ghi e degli edifici che più avevano colpito la sua fantasia d’artista nel corso dei suoi viaggi, l’impe­ratore aveva pensato di far riprodurre nella nuova villa edifici e luoghi celebri di Atene, il canale di Canopo, antico porto del delta del Nilo, la valle di Tempe in Tessaglia e perfino gli Inferi, quali li avevano descritti la fantasia dei poeti”.
Villa Adriana è considerata “il più grandioso complesso monumentale dell’antichità”. Si parla di “complesso” perché comprende i ruderi, che si estendono su un perimetro di circa 5 chilometri, di un palazzo imperiale con terme, biblioteche, teatri ed ampi giardini. Siamo quindi ben lontani dal concetto moderno di villa!
Di molti ruderi oggi non si conosce l’origine, ma il Pecile ispirato ad Atene e il Canopo in ricordo dell’omonima città in Egitto costituiscono due tra i momenti più suggestivi del percorso di visita, as­sieme alle terme e al vero e proprio palazzo impe­riale. Dovrete però ricorrere anche all’immagina­zione per raffigurarvi la grandiosità di quei luo­ghi. Particolarmente toccante il cosiddetto “Tea­tro marittimo”, una sorta di isolotto artificiale cir­condato da un canale. L’accesso era assicurato da ponticelli mobili. Adriano si ritirava qui alla ricer­ca della solitudine e della meditazione. Era un uo­mo di raffinata cultura. I suoi biografi raccontano che era profondamente versato in letteratura e in filosofia, dipingeva e scolpiva, suonava e cantava, scriveva versi latini e greci, amava con particolare trasporto l’architettura. Si interessava persino di geometria e di medicina. Aurelio Vittore ci ricorda però che era eccelso non solo nelle virtù, ma an­che nei vizi.
A pochi chilometri da Villa Adriana, nella regione dei Castelli romani, tanto decantati da Goethe e da Stendhal, si trova un’altra perla dell’architettu­ra italica, nata 1400 anni dopo: la cinquecentesca Villa d’Este, con i suoi sontuosi giardini e le indi­menticabili fontane. Per rimanere in tema pernottate nel romantico Hotel Torre Sant’Angelo, immerso nel verde e ri­cavato da un convento olivetano costruito sulle ro­vine della villa del famoso poeta latino Catullo.

Una gita romantica alle Isole Borromee

Il lago Maggiore risplendeva in mezzo ai monti color azzurro cupo, e sull’acqua posavano deliziose isolette, ma il cielo non era chiaro, anzi era nascosto dalla foschia come in Danimarca. Solo verso sera il vento la portò via, e l’aria tremolò trasparente e pura nel cielo che sembrava profondo tre volte quello di Danimarca. Lungo la strada pendevano tralci d’uva, come per una festa; più bella di così non ho mai visto l’Italia”. Così descrisse le isole Borromee sul lago Maggiore Hans Christian Andersen, che vi trascorse “alcune giornate di sole e notti di luna nell’isola Bella”, come fa notare in un suo scritto Raffaele Fattalini, attento studioso del lago. E in effetti la prestigiosa guida Michelin verde, che per me rimane sempre la migliore, attribuisce alle Isole Borromee tre stelle, cioè il massimo punteggio come ai luoghi più prestigiosi d’Italia. Questo splendido angolo di lago entusiasmò anche Richard Wagner, che scrisse: “La visita delle isole mi incantò talmente, che non potevo nemmeno rendermi conto come fossi arrivato a tanta delizia e che cosa adessso ne dovessi fare”.
Bisogna dedicare una giornata a questa gita. Le isole si raggiungono in battello da vari approdi del lago Maggiore, ma in particolare da Stresa, dove un servizio di barche private garantisce continuamente il collegamento con le isole e tra un’isola e l’altra. Le tre isolette sono molto differenti tra loro. La più clebrata delle tre è l’isola Bella, famosa per il barocco nell’architettura, nelle sculture e nell’arte del giardinaggio. Abitata da pescatori venne acquistata e trasformata nel 1632 in “luogo di delizie” per volontà del conte Carlo III Borromeo, come omaggio alla moglie Isabella d’Adda (da qui il nome). Nel compatto palazzo a quattro piani si tenne, dieci anni dopo Locarno, la “Conferenza di Stresa” con Laval, Mac Donald e Mussolini, che sulla base della collaborazione italo-franco-britannica avrebbe dovuto garantire la pace europea. Il giardino del palazzo, articolato su dieci terrazze a forma di piramide tronca, è considerato uno dei capolavori dell’arte dei giardini all’italiana di epoca barocca. Le vedute sul lago e sulle sponde sono magnifiche. Splendido anche il giardino botanico dell’Isola Madre, ricco di piante rare e fiori esotici. Attorno al settecentesco palazzo si aggirano pavoni, fagiani e pappagalli in libertà. “E’ il luogo più voluttuoso che abbia mai visto”, osservò Gustave Flaubert. “La natura vi affascina con mille sensazioni strane e ci si sente in uno stato sensuale e delizioso”.
La più pittoresca delle tre isolette è certamente quella dei Pescatori con le sue caratteristiche vie strette e tortuose, che danno al villaggio un simpatico carattere di disordine edilizio. Ospita anche un romantico alberghetto (il ristorante propone piatti legati al territorio), il “Verbano”, dove potrete trascorere la notte e gustare l’isola la sera, dopo che tutti i turisti se ne saranno andati. E’ un’esperienza davvero indimenticabile.

Il fascino discreto del Lago d’Orta

Le muse stanno appollaiate / sulla balaustra / appena un filo di brezza sull’acqua / c’è qualche albero illustre / la magnolia il cipresso l’ippocastano…” Sono i versi di una lirica di Eugenio Montale intitolata “Sul lago d’Orta”. Anche lui, come molti altri letterati, rimase ammaliato dal fascino misterioso che rapisce chi si affaccia su questo lago, meta dell’itinerario di oggi, che si può effettuare in una giornata, ma meglio in due, con pernottamento a Orta San Giulio. Per giungervi si percorre la sponda piemontese del Lago Maggiore fino a Fondo Toce. Arrivati a Verbania vale la pena di fare una piccola deviazione di pochi chilometri per visitare il romantico villaggio di Mergozzo, che si affaccia su un minuscolo lago omonimo. Pochi chilometri più avanti possiamo vedere le cave di Candoglia, dalle quali è stato estratto il marmo rosa donato, nel 1390, da Gian Galeazzo Visconti alla Fabbrica del Duomo di Milano.
Un delizioso piccolo lago ai piedi del Monte Rosa, un’isola adagiata in acque calme, civettuola e semplice, naturale eppure adorna, solitaria e ben accompagnata: eleganti boschetti, statue d’un bell’effetto. Intorno, rive allo stesso tempo silvestri e coltivate: il grandioso e i suoi tumulti al di fuori, dentro le proporzioni umane”. Ci appaiono così, come descritte da Honoré de Balzac, le quiete rive del lago d’Orta.
Per visitare Orta San Giulio bisogna contare una mezza giornata abbondante, ma è piacevole trattenersi anche più a lungo. È un incantevole villaggio formato da un dedalo di stradine, che dalla collina scendono al lago. Le pittoresche piazzette, le case in pietra, gli eleganti palazzi barocchi, valorizzati dall’assoluta assenza di traffico motorizzato, non mancano di affascinarci. Mentre beviamo un aperitivo nella piazza principale Mario Motta, dove ogni mercoledì si tiene un animato mercato, davanti a noi si erge il piccolo e grazioso palazzo della Comunità, costruito nel 1582. Dall’approdo raggiungiamo, in cinque minuti di motoscafo, l’isola di San Giulio, considerata il gioiello più prezioso. Secondo la leggenda fu fondata nel 390 da San Giulio, di cui si conservano le spoglie, che l’avrebbe liberata dai serpenti fondandovi una chiesa. A forma ellittica, è molto piccola (lunga 275 metri e larga140) e interamente occupata dalla bella basilica romanica, dall’ex seminario, ora convento, e dalle discrete ville con i loro giardini. Se la si visita all’infuori degli orari di punta, affascina per l’intimità e il mistico silenzio.
Torniamo al villaggio e dalla piazza saliamo verso la scenografica chiesa settecentesca di S. Maria Assunta. Lungo via Corinna Caire Albertoletti si allinea una suggestiva serie di antichi edifici. Proseguiamo la salita che ci porta in pochi minuti al Sacro Monte. Si tratta di un luogo idilliaco, che domina il borgo e il lago dall’altezza di 400 metri. In un bosco di pini e faggi con piante secolari ventuno cappelle, sapientemente distribuite a spirale sulla collina, raccontano la vita di San Francesco, con statue in cotto dipinto e affreschi. Il luogo, con splendidi panorami sul lago, ispira pace e meditazione, soprattutto in autunno.
Se decidete di fermarvi per una notte vi consiglio di trascorrerla all’albergo San Rocco (tel. 00390322 911977), situato in riva al lago con una splendida vista sull’isola di San Giulio, e di cenare al Villa Crespi (tel. 00390322 911902): due stelle della prestigiosa guida Michelin.

Tra medioevo e rinascimento

Dopo la proposta imperniata sulla regione del Chianti , rimaniamo in Toscana, ma ci spostiamo a sud di Siena. La gita dura unagiornata in partenza da Firenze.
Prendete la superstrada che collega Firenze a Siena e uscite a Monteriggioni, prima tappa del nostro itinerario. E’ uno dei borghi medievali più affascinanti della Toscana. Adagiata su una dolce collina della campagna senese, Monteriggioni appare già da lontano con le sue mura che si stagliano nel cielo e che racchiudono un minuscolo villaggio costruito attorno a un’unica via, a cui si accede da due porte.
Raggiungete, a una trentina di chilometri a sud di Siena, l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, immersa in un raro bosco di cipressi. Il monastero benedettino in mattoni rosa fu fondato nel Trecento. E’ famoso per i magnifici stalli cinquecenteschi del coro e per lo straordinario ciclo di affreschi di fine Quattrocento, dipinti da Luca Signorelli e da Sodoma, che narrano la vita di san Benedetto. Passando per il piccolo borgo agricolo di Buonconvento, situato sull’antica via Cassia, a una ventina di chilometri scorgerete da lontano Montalcino con la sua cinta muraria del Duecento e la rocca trecentesca, famoso in tutto il mondo per il suo straordinario vino, considerato uno dei più prestigiosi d’Italia. Ogni autunno, in occasione della Sagra del tordo, i quattro quartieri del borgo si sfidano in una gara di tiro con l’arco in piazza del Popolo, davanti all’austero Palazzo Comunale del ‘200.
A una decina di chilometri a sud di Montalcino si trova la suggestiva abbazia benedettina di Sant’Antimo, che sorge nei campi tra gli ulivi e i cipressi in un tipico angolo di campagna toscana. Costruita nel XII secolo, costituisce un bell’esempio di stile romanico. Risaliamo circa 35 chilometri in direzione nord ovest per raggiungere l’incantevole Pienza, adagiata anch’essa su una collina che si erge sull’armoniosa campagna. E’ famosa soprattutto per la sua piazza centrale, considerata un esempio perfetto di unità stilistico-urbanistica del Rinascimento. Quando Enea Silvio Piccolomini, nativo di Pienza, uomo di lettere e di grande cultura umanistica, venne eletto pontefice nel 1458 affidò all’architetto fiorentino Bernardo Rossellino, allievo dell’Alberti, il progetto utopico di creare una “città ideale” dell’Umanesimo. Capolavoro del Rossellino è considerato il Palazzo Piccolomini, che si affaccia sulla piazza e propone uno dei primi giardini pensili, da cui si gode una splendida vista sul vasto scenario della valle dell’Orcia.
Il nostro itinerario si conclude a Montepulciano, un’altra incantevole cittadina tipicamente rinascimentale, che diede i natali a uno dei più squisiti poeti del tempo: Angelo Poliziano, grande amico di Lorenzo il Magnifico. Passeggiando per le vie del centro storico rimarrete affascinati dagli splendidi palazzi, opera del Michelozzo e del Sangallo. Giunti in Piazza Grande non mancate di salire sulla torre per godere un panorama indimenticabile sulla città e i suoi dintorni. Terminata la visita, prima di dirigervi verso l’autostrada del sole per rientrare a Firenze, visitate ai piedi della collina la chiesa della Madonna di San Biagio, capolavoro di Antonio da Sangallo.

Sulle strade del Chianti

La Toscana è una regione che conosco molto bene, perché ho studiato a Firenze e da allora vi torno una o più volte ogni anno. Vi propongo un itinerario circolare di una giornata nei suoi dintorni. Prevede la visita della regione del Chianti, con una brevissima puntata a Siena, da raggiungere il mattino come prima tappa. Seguendo la veloce superstrada ci impiegherete meno di un’ora. Quando arrivate parcheggiate nei pressi dello stadio (è indicato), dove troverete certamente posto. Seguendo il corso principale arriverete in Piazza del Campo, sostando magari per un caffé alla pasticceria Nannini, quella della famiglia della cantante, dove potrete acquistare il famoso panforte. Rimarrete incantati da questa piazza del Trecento, una delle più suggestive d’Italia e del mondo, dove ogni anno si svolge il palio. Proseguite fino alla cattedrale, dove si ammira l’incredibile pavimento del XV e XVI secolo, recentemente restaurato e unico al mondo: presenta 56 riquadri di marmo che raffigurano personaggi mitici, eseguiti a graffito o a intarsio. Apprezzerete anche il pulpito di Nicola Pisano del Duecento e la Libreria Piccolomini affrescata dal Pinturicchio nel Cinquecento. Di Siena avrete avuto solo un assaggio, quanto basta per avere voglia di tornare a visitare meglio questa splendida città.
Lasciamo Siena in direzione di Castelnuovo Berardenga, dove avremo un primo assaggio della splendida regione del Chianti. L’armonia delle dolci colline, la miscela dei verdi scuri dei cipressi, di quelli vivaci della vigna e argentei degli ulivi, il fascino dei borghi medievali, dei castelli, delle abbazie vi stregheranno e nelle giornate buie dell’inverno vi torneranno alla mente questi paesaggi incantati, che non esistono solo in cartolina. Passando per San Gusme, un villaggio agricolo costruito interamente in pietra, giungerete al castello di Brolio, che dall’XI secolo appartiene alla famiglia Ricasoli, noti produttori di vino. Dalle mura, opera di Sangallo, godrete di una vista straordinaria. Proseguendo verso nord, passando per il suggestivo Castello di Meleto (proprietà privata), giungerete a Badia a Coltibuono, un’abbazia dell’XI secolo situata in un paesaggio isolato e montano, dove si produce ottimo olio e vino. Il nostro itinerario prosegue lungo la cosiddetta Via Chiantigiana e attraversa tre incantevoli borghi medievali: Radda in Chianti, Castellina in Chianti (famosa la Via delle Volte: quasi interamente ricoperta, addossata alle mura, permetteva di fare il giro della roccaforte a cavallo) e Greve in Chianti con la sua graziosa piazza a forma di imbuto. Proseguite in direzione ovest per Montefioralle, un piccolo gioiello, dove vi consiglio di percorrere la via principale a ferro di cavallo. Il nostro itinerario si conclude nella splendida abbazia romanica di Badia a Passignano, passando dalle zone di produzione del vino toscano più prestigioso: il Solaia di Antinori.