Canarie – La sfida di un architetto contro la speculazione
Un itineario alla scoperta di Lanzarote e Fuerteventura, le isole più vicine alla costa africana. Tra il “Parque Natural de las Dunas” che sembra una continuazione del Sahara in riva al mare e i paesaggi surreali di vaste distese di lava.
Un territorio vulcanico con rare oasi verdeggianti, ricche di palme, intercalate ad aspre distese di lava nera dall’aspetto surreale e inquietante. Ma Lanzarote non sarebbe quello che è se César Manrique, un artista solitario innamorato della sua terra, non avesse utilizzato il suo genio creativo per realizzare le sue opere e valorizzare il paesaggio, dopo essersi battuto per anni contro la speculazione e la cementificazione dell’isola.
Lanzarote, con un’estensione di 60 chilometri e una larghezza di 20, è però famosa soprattutto per le sue immense spiagge di sabbia dorata sferzate dalla brezza del mare, che ogni anno richiamano oltre 2 milioni e mezzo di turisti. Il nostro itinerario propone di scoprire l’isola, con le sue incredibili bellezze naturali, ma è compatibile anche per chi sceglie questa meta come vacanza di mare. Gli amanti del bagno non perdano l’occasione di immergersi nelle acque limpidissime dell’idilliaca “Playa El Papagayo” a sud est dell’isola e della magnifica “Caleta de Famara” a nord ovest.
Una terra vulcanica
“Chiunque avrebbe potuto credere, data la violenza dell’evento, che quella fosse la fine del mondo. Il cielo si oscurò tenebrosamente, il terreno si lacerò sprigionando vapori pestilenziali, il fuoco si riversò a fiumi distruggendo villaggi e uccidendo animali”. Così racconta un curato, testimone delle eruzioni che per sei lunghi anni, dal 1730 al 1736, coinvolsero 30 vulcani e ricoprirono di lava anche quelle poche terre fertili che erano state risparmiate dalle colate nei secoli precedenti. Per la popolazione di allora fu una catastrofe e molti abitanti furono costretti a lasciare l’isola. Oggi, però, paradossalmente, quella tragedia si è trasformata in un’incomparabile ricchezza turistica che caratterizza Lanzarote, conferendole un affascinante aspetto lunare.
Epicentro delle eruzioni settecentesche furono le “Montañas del Fuego”: il luogo più spettacolare, oggi Parco Nazionale voluto da César Manrique, dove l’architetto ha costruito un ristorante belvedere da cui si gode un’incredibile vista sui crateri dei vulcani e sul desolato paesaggio lavico che si estende fino al mare. Una stretta e tortuosa stradina (Ruta de los Vulcanes), che si percorre in torpedone, fiancheggia le cime dando la possibilità di ammirare l’interno dei coni vulcanici, attraverso un paesaggio da cui sorgono fantastiche formazioni laviche in gradazioni di nero, grigio, marrone e rosso, schiarite dal colore bianco giallognolo dei licheni. L’immenso campo di lava e vulcani arriva fino al mare, che si scorge all’orizzonte.
Uno dei tratti marini più affascinanti e inconsueti di Lanzarote è proprio quello della costa a sud ovest, che confina con il Parco Nazionale, dove le poderose onde dell’oceano con la loro bianchissima schiuma bianca, infrangendosi contro i nerissimi scogli lavici, offrono un indimenticabile contrasto. Questo paesaggio lo si può ammirare percorrendo in automobile la strada che dalle “Salinas de Janubio” (interessanti saline), attraversando “Los Hervideros”, porta a “El Golfo”, un pittoresco borgo in riva al mare famoso per i suoi ristoranti di pesce. Questo villaggio è noto per due attrazioni: all’entrata un lago vulcanico dall’acqua color smeraldo, che contrasta con la sabbia nera e il blu del mare, e all’uscita una breve ma spettacolare passeggiata ai bordi del Parco Nazionale.
Per chi ama camminare, Canary Trekking (si veda il programma su internet) organizza interessanti passeggiate di tre, quattro ore nelle zone vulcaniche più interessanti: ai confini del Parco Nazionale e a nord attorno al “Vulcano de la Corona” fino al “Risco de Famara”, un altro tratto spettacolare di costa. “È un piacere profondo, ineffabile, camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento – ha scritto il premio Nobel José Saramago nei ‘Quaderni di Lanzarote’ – risalire un pendio difficile e guardare dall’alto il paesaggio nero, scorticato…”.
Il vulcano della Corona, che si può facilmente scalare, è, assieme al Timanfaya del Parco Nazionale, il più imponente dell’isola. La sua ultima eruzione, che risale a 5 mila anni fa, ha prodotto un interessante fenomeno: la creazione di un tunnel a più strati lungo 7,5 chilometri. Le gallerie si sono formate sotto la superficie della colata lavica, che a contatto con l’aria si è raffreddata e solidificata, permettendo al magma fuso di continuare a scorrere in profondità, finché l’eruzione non si è esaurita. Una tratta di 2 chilometri di questo singolare tunnel la si può visitare (Cueva de los Verdes) seguendo un percorso sotterraneo reso molto suggestivo da una sapiente illuminazione. In questi anfratti naturali nelle viscere della terra si nascosero per secoli gli abitanti dell’isola perseguitati dalle frequenti incursioni dei pirati marocchini, algerini, francesi e inglesi.
Lo stesso tunnel lo si trova, con il tetto crollato, in prossimità del mare (Jameos del Agua), vicino a un azzurro lago salato, dove vive una specie di granchio albino cieco, unico al mondo. Anche qui il genio artistico di César Manrique ha creato uno splendido mondo sotterraneo di acqua e piante con bar, ristoranti, un auditorium per 600 persone e un piccolo museo sui fenomeni vulcanici.
Nelle vicinanze vale la pena di visitare anche due altre interessanti attrazioni turistiche volute da Manrique: il “Mirador del Rio”, un punto panoramico con magnifica vista sull’isola Graciosa e altre minori, splendidamente integrato con il suo ristorante nell’ambiente roccioso della scogliera, e il “Jardin de Cactus”, con oltre 10 mila esemplari appartenenti a oltre mille diverse varietà. Nella regione merita una sosta anche la graziosa cittadina di Teguise, antica capitale dell’isola.
Le vigne tra la lava
Dopo l’eruzione del Settecento, che coprì i pochi terreni fertili risparmiati in passato dalla lava, la sussistenza dei “mago”, i contadini dell’isola, si fece difficile e molti furono costretti a emigrare. Ma chi rimase, spinto dalla disperazione, scavò nella cenere vulcanica alla ricerca della terra e vi piantò dei ceppi di vite. Fu un’ottima trovata, perché ancora oggi l’aspetto più caratteristico dell’agricoltura dell’isola è quello dei vigneti scavati nella sabbia vulcanica. Ogni pianta è inoltre protetta da un muretto a mezzaluna in pietra lavica, simile a un ricamo, che non ha il compito di bloccare l’aria – sovente il vento è impetuoso – ma di filtrarla. La composizione vulcanica del suolo conferisce al vino un sapore particolare. Al museo del vino nella “Cantina El Grifo”, la più antica dell’isola, si possono osservare alcune vigne piantate oltre due secoli fa scavando un metro e più nel terreno per trovare la terra.
Grazie a questo sistema di coltivazione unico al mondo si è constatato che la ghiaia lavica svolge varie funzioni: protegge la terra sottostante dall’eccessivo calore del sole, impedisce all’acqua incamerata nel terreno di evaporare troppo in fretta, accentua alcune proprietà minerali del suolo. I contadini di Lanzarote, dopo questa scoperta, spargono sui campi coltivati uno strato di cenere lavica, che agisce da spugna, assorbendo la notte l’umidità e trasmettendola durante il giorno alla terra.
Quando le dune si specchiano nell’Oceano
Uno “scheletro d’isola” la definì Miguel de Unamuno, l’intellettuale spagnolo esiliato a Fuerteventura nel 1924 dal dittatore spagnolo Miguel Primo de Rivera. Rimase probabilmente colpito dalla nudità degli spazi desertici delle dune, dalle cime pelate dei coni vulcanici estinti e dal profilo africano del paesaggio. Emblema spettacolare di questa natura è il “Parque Natural de las Dunas de Corralejo”, una propaggine del Sahara in riva al mare, con le sue dune di sabbia bianchissima che si estendono per una decina di chilometri a sud della città fino alle pendici del vulcano “Montaña Roja”. Solo due mostri di cemento della catena Riu interrompono l’incanto di questo paesaggio.
Con i suoi 160 chilometri di lunghezza e 30 di larghezza Fuerteventura è la seconda isola per vastità dell’arcipelago, dopo Tenerife. È celebre soprattutto per le acque turchesi e per le vaste spiagge sferzate dal vento che ne fanno un paradiso per i surfisti. Il mare è solitamente tanto più bello quanto più ci si allontana dai centri abitati, troppo spesso frutto di speculazione edilizia. All’interno dell’isola si trovano ancora alcuni villaggi caratteristici con case basse e bianchissime costruite attorno alla chiesa, quasi sempre chiusa. Ma se si ha la fortuna di trovarne qualcuna aperta, come a La Oliva, Antigua, Betancuria o Pajara si potranno ammirare i soffitti in legno e gli altari barocchi.
Per scoprire l’isola si può facilmente percorrere in un giorno un itinerario che si sviluppa da nord a sud. Si parte da Corralejo per raggiungere La Oliva con la sua graziosa piazzetta caratterizzata dalla “Iglesia de Nuestra Senora de la Candelaria”, dotata di un campanile costruito in pietra vulcanica nera che contrasta con il bianco del villaggio. A poca distanza si può visitare la “Casa de los Coroneles”, dove gli ufficiali stanziati in paese controllavano gli affari dell’isola per conto degli spagnoli. A Tefia, una ventina di chilometri a sud, l’”Ecomuseo de Alcogida” conserva una decina di antiche case restaurate e illustra la vita quotidiana degli isolani di un tempo con le loro attività agricole e artigianali.
Un segno distintivo del paesaggio di quest’isola è costituito dai frequenti mulini a vento, che nei tempi passati macinavano farina da grano, orzo e granturco, oppure servivano per pompare l’acqua dai pozzi. Ad Antigua un museo ne illustra la storia e presenta un’altra importante attività isolana: la produzione di un ottimo formaggio di capra. Pochi chilometri separano Antigua da Betancuria, antica capitale di Fuerteventura, raccolta all’interno di un cratere e attorniata da cime di vulcani estinti. Questo villaggio, senza dubbio il più bello dell’isola, fu fondato all’inizio del Quattrocento da Jean de Béthencourt, che conquistò Fuerteventura per conto della corona spagnola. Una strada molto spettacolare porta dapprima a Pajara e in seguito a La Pared al limite nord ovest della penisola di Jandia, dove si trova il confine tra due tipi di spiaggia, entrambi meravigliosi ma completamente diversi per il colore della sabbia: a sud dorata, a nord nera perché di origine vulcanica. Da La Pared, viaggiando sempre in direzione sud si raggiunge dapprima Costa Calma, una città rivierasca costruita negli anni Sessanta secondo un moderno piano urbanistico e in seguito la caotica Morro Jable. Spingendosi ancora più a sud si entra nel selvaggio “Parque Natural de Jandia”, dove non è giunta la speculazione edilizia. In un’ora e mezza circa di automobile si ritorna a Corralejo. Seguendo le indicazioni e la strada per l’aeroporto, una ventina di chilometri dopo La Lajita, si attraversa una desolata e spettacolare zona denominata “Malpais Grande”, dove la superficie lavica assume forme sorprendenti.
Itinerario
1° giorno Ticino – Arrecife – Femes – Playa Blanca – Corralejo
2° giorno Parque Natural de Las Dunas de Corralejo
3° giorno (235 km) Corralejo – La Oliva – Tefia – Betancuria – Pajara – Morro Jable – Corralejo
4° giorno Playa Blanca – Punta de Papagayo – Salinas De Janubio – El Golfo – Yaiza – La Geria – San Bartolomé – Arrecife – Costa Teguise
5° giorno Parque Nacional de Timanfaya con escursione a piedi
6° giorno Costa Teguise – Guatiza – Jameos del Agua – Cueva De Los Verdes – Malpais de Corona – Orzola – Mirador del Rio – Haría – Teguise – Costa Teguise
7° giorno Escursione a piedi al Volcan de la Corona
8° giorno Lanzarote – Zurigo Ticino
Per saperne di più
Canarie Meridiani, aprile 2014
Baleari e Canarie Meridiani, giugno 2001
Canarie Traveller, febbraio 2003