Borgogna – L’inebriante “Route” tra vigneti e nomi prestigiosi

Borgogna – Tra castelli e monasteri medioevali
Borgogna – Lungo la strada dei grandi vini fermenta la cultura del territorio
Borgogna – Per i vini della Borgogna serve un fiuto professionale

Nella terra del “bon vivre” e dell’equilibrio. Cittadine a misura d’uomo, ricchezze artistiche, paesaggi bucolici. Gastronomia gustosa e raffinata, vini sopraffini. Lungo la strada dei “GrandsCrus” ognivillaggio, ogni pendio vanta un titolo glorioso.

Città a misura d’uomo, ricchezze artistiche, paesaggi bucolici, gastronomia gustosa e raffinata, vini sopraffini: siete in Borgogna, la terra del “bon vivre” e dell’equilibrio. Da Digione a Santenay, passando per Beaune, lungo 65 chilometri, si estende la “Côte-d’Or”. La si percorre lungo la “Route des Grands Crus”, che attraversa alcuni tra i vigneti più famosi al mondo. A ogni tappa di questo itinerario corrisponde un marchio di eccellenza. Ogni villaggio, ogni pendio porta un titolo glorioso. D’altra parte il ricco patrimonio architettonico di questo territorio della Francia presenta tutte le epoche artistiche, ad iniziare dal romanico, con più di 2 mila siti protetti e oltre 800 chiese, cappelle e strutture conventuali, nonché 400 castelli, palazzi e manieri. La regione conserva l’immensa eredità monastica dei due grandi ordini religiosi del Medioevo (benedettini di Cluny e cistercensi di Cîteaux), ma è pure la patria dei duchi di Borgogna, grandi mecenati, che contribuirono a creare la potenza e la fama di questa terra. Fino al XIV secolo il ducato ebbe sede a Beaune, ma poi con Filippo l’Ardito (1342-1404) scelse di stabilirsi definitivamente a Dijon, dove divenne particolarmente potente nel XIV e XV secolo. Questo fatto provocò una forte rivalità tra le due città, che ancora oggi si contendono l’eredità del prestigioso ducato.
Il nostro itinerario di viaggio percorre le cinque regioni in cui si suddivide la Borgogna (Côte-d’Or, Yonne, Nière, Saône-et-Loire e Morvan) e inizia da Beaune, che si raggiunge dal Ticino in circa 5 ore d’automobile. Presenterò la “Route des Grands Crus”, soffermandomi in particolare sulla piccola e graziosa Beaune e sulla grande Dijon, che sono due città a misura d’uomo.

La Route des Grands Crus
La pittoresca “Route des Grands Crus”, molto piacevole da percorrere in automobile, attraversa i principali vigneti della “Côte-d’or” per una sessantina di chilometri da Dijon a Santenay, toccando una trentina di graziosi villaggi agricoli, oltre a Beaune, la capitale del vino Bourgogne. La “Côte-d’Or” si suddivide in “Côte-de-Nuits” (da Nuits-St-Georges a nord di Beaune fino alle porte di Dijon) e “Côte-de-Beaune” (attorno a Beuane e in direzione sud fino a Santenay). La “Côte-de-Nuits” si estende lungo circa 20 chilometri mentre in larghezza il territorio vignato non supera quasi mai gli 800 metri. I suoi vini più prestigiosi sono rossi prodotti con uve di Pinot Nero. Il vino più famoso della “Côte” è certamente il Romanée-Conti, proveniente da una piccolissima tenuta nel villaggio di Vosne-Romanée. Sulla carta dei vini di un rinomato ristorante di Beaune veniva offerto a 10’500 euro la bottiglia (annata 1999). Gli esperti concordano nell’asserire che a Vosne-Romanée non esistono vini mediocri, ma solamente di qualità superiore. Proseguendo in direzione Dijon si incontra Vougeot, da cui si raggiunge l’omonimo cinquecentesco Château (interessante la visita), circondato da vigneti che furono piantati nel XII dai monaci dell’abbazia cistercense di Citaux, a cui la tenuta appartenne fino alla rivoluzione francese. Qui si produce un altro rosso celebre in tutto il mondo. A pochi chilometri sorge il villaggio di Chambolle-Musigny, che pure dà il nome a un vino molto noto, e in seguito si raggiunge Gevrey-Chambertin, dove si produce un rosso molto delicato. Alexandre Dumas scrisse a proposito di questo vino preferito da Napoleone: “A nessuno il futuro appare tanto rosa come se lo si osserva attraverso un calice di Chambertin”.
A sud della città e attorno a Beuane si estende invece la “Côte-de-Beaune”, più lunga e larga della “Côte-de-Nuits”, dalla quale si distingue anche per la produzione di grandi vini bianchi, oltre che rossi. Alle porte di Beaune in direzione nord, ad Aloxe-Corton, Carlo Magno (742-814) possedeva alcuni vigneti su una collina molto isolata, a cui si ispira ancora oggi il Corton-Charlemagne, un bianco di gran classe. I rossi di questo villaggio sono invece stati definiti da Voltaire “i più sinceri della costa di Beaune”. Dalle vicine colline di Pernand-Vergelesses, si gode una splendida vista su tutta la regione. All’entrata sud di Beaune si trovano invece i vigneti di Pommard e di Volnay, tanto apprezzati dal re di Francia Luigi XI e considerati tra i migliori di tutta la Borgogna. Più a sud si raggiunge Meursault, considerato il centro dei vini bianchi della “Côte-d’or”, che vengono ottenuti dalla vinificazione di uve Chardonnay: i Mersault, i Pulugny-Montrachet e i Chassagne-Montrachet sono ritenuti i migliori al mondo.

Beaune, capitale del vino bourgogne
A Beaune, la simpatica capitale del vino bourgogne, tutto parla di vino: non solo le numerose cantine che offrono i propri prodotti in degustazione, o il museo del vino situato nella dimora dei duchi di Borgogna; ma persino quell’opera straordinaria, assolutamente da non perdere, che è l’Hôtel-Dieu. Si tratta di un ospedale che aprì i battenti nel 1452 e rimase in funzione fino al 1971. Fu fondato al termine della guerra dei Cent’anni da Nicolas Rolin, cancelliere del duca Filippo il Buono. Per garantire le spese di gestione dell’istituto il suo fondatore diede in dotazione all’Hôtel alcune tenute viticole, i cui proventi andavano a coprire i deficit dell’ospedale. A partire dal 1850, quando il commercio del Bourgogne si internazionalizzò, ogni anno la terza domenica di dicembre nella grande sala medievale dell’Hôtel si svolge un evento mondiale: un’asta (curata da Christie’s) dei vini provenienti dai 60 ettari delle tenute, che si estendono tra Gevrey-Chambertin e Puligny-Montrachet. I proventi vengono ancora oggi devoluti all’opera dell’Hôtel-Dieu e i valori acquisiti all’asta costituiscono per i commercianti la base dei prezzi dell’annata.
Al di là di questa curiosità, la visita all’ospedale, che funzionò per oltre cinque secoli, è di grande interesse. La struttura ha più le parvenze di “un alloggio del principe che di un ospedale per i poveri”, con l’imponente e magnifico tetto in tegole verniciate e la corte d’onore, da cui si accede alla “salle des pôvres”, un’immensa camerata dove sono ancora allineati lungo le pareti 28 letti che per secoli hanno accolto i malati della cittadina. Separata da un semplice tramezzo, si trova una cappella, che consentiva ai degenti di assistere alle funzioni senza doversi spostare e ospitava un capolavoro dell’arte fiamminga del Quattrocento: il Giudizio universale di Roger Van der Weyden (ora esposto in un’altra sala), che ricorda con minuzia di particolari ciò che ci attende dopo la morte. La visita prosegue visitando le stanze per i malati più abbienti, per quelli in pericolo di vita, la cucina e la farmacia. Tutto è rimasto intatto, perfettamente conservato, come se il tempo si fosse fermato.

Dijon, la città dei duchi
Il ducato di Borgogna nel XIV secolo e soprattutto nel XV, per la sua ricchezza di idee e di vita artistica, rappresentò l’apice della cultura e della politica europea. Nel corso di un secolo, i duchi furono tra i principi più potenti della cristianità, con una posizione pari a quella del papa o dell’imperatore. Il loro regno si estendeva dal mare del Nord fino al Mediterraneo. Furono anche grandi mecenati e trasformarono Digione, lontana dalle guerre, in una città di cultura e di commercio senza pari: il palazzo ducale faceva da sfondo a sontuosi ricevimenti e gli affari prosperavano, consentendo alla grande borghesia di costruire fastose dimore ancora oggi visibili in “rue des Forges”, “rue Vauban” e “rue Verrerie”. Il fasto dei duchi, dopo un periodo di declino, venne poi ripreso e incrementato dalla nobiltà del XVII e XVIII secolo, che recuperò il Palazzo Ducale in disuso dai tempi di Carlo il Temerario (1433-1477) e trasformò i suoi dintorni in “Place Royale”, l’attuale semicircolare “Place de la Libération”, progettata dall’architetto Jules Hardouin-Mansart, che disegnò Versailles. Recentemente questa splendida e animatissima piazza, dove è piacevole sedersi all’ora dell’aperitivo in uno dei suoi numerosi caffè per gustarsi un kir (specialità a base di liquore di cassis e vino bianco), è stata arredata con ingegnosi getti d’acqua che fanno la gioia dei bimbi.
Ma, oltre a passeggiare per le vie del piacevolissimo centro storico pedonalizzato, non si può mancare una visita al Palazzo dei Duchi, che ospita uno dei più importanti e vasti musei d’arte di Francia. Indimenticabili le tombe di due duchi che fecero la grandezza di questa terra: quelle di Filippo l’Ardito (1342-1404) e di Giovanni Senza Paura (1371-1419) sepolto assieme alla consorte Margherita di Baviera. Le statue funerarie in marmo bianco giacciono su una lastra di marmo nero sorretta da una sorta di chiostro sotto al quale veglia un gruppo di figure piangenti o in lutto. Assolutamente da non perdere anche i due polittici trecenteschi della Crocifissione e quello dei Santi e Martiri.

Itinerario
1° giorno (530 km) Locarno – Beaune
2° giorno (40 km) Beaune – Santenay – Beaune
3° giorno (50 km) Beaune – Dijon
4° giorno Dijon
5° giorno (200 km) Dijon – Fontenay – Ancy-le-Franc – Tanlay – Chablis – Auxerre
6° giorno (350 km) Auxerre – Vézelay – Pouilly-sur-Loire – Cluny
7° giorno (150 km) Cluny – Cormatin – Beaune
8° giorno (530 km) Beaune – Locarno

Per saperne di più
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Borgogna – Tra castelli e conventi la storia del Medioevo

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Attraversando i vigneti dello Chablis e del Poully-Fumé, l’itinerario propone la visita di alcuni castelli cinquecenteschi e di monasteri che diedero origine ai due massimi ordini monastici del Medioevo: i benedettini di Cluny e i cistercensi di Bernardo di Chiaravalle.

Prosegue il nostro viaggio nella Borgogna, terra del “bon vivre”, con le sue città a misura d’uomo, i paesaggi bucolici, la gastronomia gustosa e raffinata e i vini sopraffini. L’itinerario che vi proponiamo si sofferma su alcune delle testimonianze architettoniche più suggestive di questo territorio, ricco di presenze di ogni epoca artistica dal romanico in poi, con più di 2 mila siti protetti, di cui oltre 800 chiese, cappelle e strutture conventuali, nonché 400 castelli, palazzi e manieri. Visiteremo alcuni “châteaux” e i monasteri che diedero origine ai due massimi ordini monastici del Medioevo: i benedettini di Cluny ed i cistercensi che con San Bernardo di Chiaravalle si opposero al loro fasto. Naturalmente senza dimenticare zone viticole importanti come quella dei vigneti Chardonnay, da cui nascono i prestigiosi Chablis, e dei Cabernet Sauvignon che sulle rive della Loira danno origine a uno dei bianchi più originali della Borgogna: il Pouilly-Fumé.

L’abbazia di Cluny, ‘luce del mondo’
Una delle mete certamente più significative del nostro viaggio in Borgogna è il monastero cistercense di Cluny. Costruito nel XII secolo era il tempio di Dio più grande di tutta la cristianità (187 metri di lunghezza con 5 campanili e oltre 300 finestre). E lo rimase fino alla costruzione di San Pietro a Roma nel XVI secolo. Purtroppo la chiesa non è riuscita a salvarsi dalle distruzioni operate dalla Rivoluzione francese e le sue gloriose pietre sono state utilizzate per costruire scuderie e strade. Le vestigia dell’abbazia rimangono tuttavia impressionanti per le loro dimensioni, che permettono di intuire quali fossero i caratteri generali della sua opulenta architettura diffusasi in tutta la Borgogna e anche oltre. Coadiuvati da un’ottima audioguida e da vari supporti multimediali i visitatori, con un po’ di fantasia, riescono a immaginare come dovesse essere questo monastero che fece esclamare al papa Urbano II: “Siete la luce del mondo!”.
Cluny, all’inizio del X secolo, fu il centro della cosiddetta riforma cluniacense, che voleva recuperare i principi originali dell’ordine dei Benedettini fondato a Monte Cassino da Benedetto da Norcia (480-547). La regola della preghiera e del lavoro, al servizio di Dio e dell’uomo, costituiva il fondamento della dottrina di San Benedetto. “Ora et labora” era il suo motto. Con la preghiera e l’espiazione il monaco si assumeva l’alto compito di rappresentare l’umanità al cospetto di Dio. Allo stesso tempo, dissodava i boschi, arava i campi e nei suoi scritti raccoglieva i tesori culturali dell’umanità per tramandarli ai posteri. Con il passare degli anni, però, i monasteri benedettini divennero sempre più legati a interessi terreni ed i loro monaci si davano placidamente ai piaceri della vita. Ecco perché a Cluny si sentiva il bisogno di recuperare i principi originali dell’ordine. Ma questo avvenne con un’accentuazione esagerata della liturgia, a scapito dell’attività lavorativa. D’altra parte, grazie all’indipendenza dal potere politico e alla concessione di sottomettere altri conventi, l’abbazia di Cluny divenne ricchissima e molto potente: si dice che l’abate detenesse il potere di un papa. Da questa ricchezza traeva origine il fasto della sua architettura.

Da Cluny a Fontenay, si torna alla semplicità
Al fasto cluniacense si oppose nel XII secolo Bernardo da Clairvaux (1090-1153). Dall’abbazia di Chiaravalle in Borgogna criticava i cluniacensi, che “non possono allontanarsi quattro leghe da casa senza portare al loro seguito sessanta cavalli” e per i quali “la luce brilla solo in un candelabro d’oro o d’argento”. Nacque così la riforma cistercense, centrata sull’abbazia di Citeaux, che propugnava il ritorno alla povertà, all’ascesi più assoluta, alla semplicità e all’attività nei campi o nelle officine del convento. Grazie alla forte personalità di San Bernardo la riforma si espanse in tutta Europa. L’architettura cistercense, a differenza di quella cluniacense, era essenziale e ogni decorazione o sfarzo non solo erano considerati sconvenienti, ma proibiti. Tutti i conventi erano caratterizzati dagli stessi tratti fondamentali ispirati a una grande purezza architettonica. Tra gli esempi più belli di questa rigorosa interpretazione dello stile romanico figura il convento di Fontenay, a poco più di un’ora in automobile da Digione. Situato in un luogo incantevole, tra il bosco e i prati, perfettamente conservato nel corso dei secoli, il complesso architettonico, patrimonio mondiale dell’umanità, ispira al visitatore una grande serenità ritmata dal canto degli uccelli.

L’abbazia di Vezalay e le cripte di Auxerre
Fu dalla basilica di Vezalay che nel 1146 Bernardo di Chiaravalle alla presenza del re di Francia Luigi VII esortò i cavalieri ad intraprendere la seconda crociata. Vezalay era un’importante stazione dove sostavano i pellegrini che si recavano a Santiago di Compostela per pregare San Giacomo. Da una piccola altura, che sovrasta la valle, l’alto campanile della basilica salutava il corteo dei fedeli. La particolarità architettonica di questo luogo di culto è costituita da una specie di chiesa esterna rispetto a quella principale, che permetteva di seguire le celebrazioni liturgiche ai numerosi pellegrini rimasti senza posto all’interno. Gran parte di questo monumento è andato distrutto nel corso dei secoli ed è stato ampiamente restaurato per non dire ricostruito. Ma il timpano del portale centrale della chiesa, opera magistrale del romanico borgognone, si è ben conservato. Raffigura il Cristo che invia gli apostoli nel mondo a compiere miracoli.
Auxerre, capitale del vino bianco Chablis, è una graziosa cittadina affacciata sul fiume Yonne. Le sue colorate case a graticcio sono allineate in stradine che salgono alla cattedrale di Saint-Etienne e all’abbazia di St-Germain. Di particolare interesse, in questi due edifici religiosi, sono le due cripte. Quella della cattedrale romanica (1025-1035) ospita affreschi eccezionali dell’XI e XII secolo. È il solo esempio noto in Francia di un Cristo circondato da angeli che cavalca un cavallo bianco. Nel corridoio della cripta dell’antica abbazia, che ospita le spoglie di San Germano, si possono invece osservare alcuni tra gli affreschi più antichi di Francia, con la raffigurazione del Giudizio, della Lapidazione di S.Stefano e di due vescovi.

Castelli borgognoni del XVI e XVII secolo
Degli oltre 400 castelli, palazzi e manieri presenti in Borgogna il nostro itinerario prevede di visitarne tre, che per diversi motivi sono particolarmente significativi.
Iniziamo dal più antico: il castello di Ancy-le-Franc, costruito nel 1546 dall’architetto bolognese e allievo del Palladio, Sebastiano Serlio (1475-1554). Questo architetto, giunto alla corte del re francese Francesco I (1494-1547) portò i princìpi del Rinascimento italiano in Francia, e il castello di Ancy-le-Franc ne è il primo modello. Le reminiscenze artistiche italiane si notano dall’eleganza sobria di questa costruzione, il cui mobilio è purtroppo stato recentemente venduto all’asta. Particolarmente suggestiva è la scena di battaglia monocroma color ocra di Niccolò dell’Abate, che si trova in una galleria del castello.
Risale a pochi anni dopo, al 1550, il Château de Tanlay situato in riva al canale di Borgogna, su cui si affaccia anche il suo parco con alberi centenari. Forse perché il suo architetto Pietro il Muto era un ex ingegnere militare, forse a causa dei curiosi obelischi a forma piramidale che si elevano all’ingresso del ponte levatoio, forse ancora per i suoi vasti fossati colmi d’acqua, questo edificio interpreta bene l’immaginario collettivo del castello classico.
Il castello di Cormatin, costruito tra il 1605 e il 1616, mezzo secolo dopo i due precedenti, risulta invece di particolare interesse per i suoi arredamenti interni, che sono stati conservati in modo eccezionale e permettono di immergersi nell’universo raffinato della nobiltà francese del XVII secolo. Mentre a Parigi e in molte altre importanti località di Francia gli arredi di quest’epoca sono scomparsi, a Cormatin, forse per la sua posizione discosta, soprattutto nell’appartamento della marchesa tutto è rimasto come se fosse stato abitato fino al giorno prima. Non mancate dunque la visita guidata che si protrae per oltre un’ora.

Un bicchiere di Chablis o di Pouilly-Fumé
Dulcis in fundo, anche in questa pagina dedicata alla Borgogna non poteva mancare un accenno ai suoi straordinari vini. Questa seconda parte del nostro itinerario in Borgogna attraversa altri due vigneti di prestigio: quelli da cui si ottengono i bianchi Chablis e Poully-Fumé.
Lo Chablis viene prodotto quasi esclusivamente con uva Chardonnay. I vigneti si estendono attorno al grazioso villaggio di Chablis, dove il terreno in prevalenza calcare favorisce la produzione di un vino perfettamente secco, dal colore paglierino, dal profumo delicatissimo, dal sapore gentile e adatto all’invecchiamento, come la maggior parte dei bianchi della Borgogna.
L’ultima tappa enologica del nostro itinerario si svolge lungo la Loira. La nostra meta è Poully-sur-Loire, una regione dove i due terzi dei vigneti sono costituiti dal vitigno Chasselas, da cui si ricava un vino semplice e genuino da consumarsi giovane. Nel rimanente terzo cresce invece la stupenda uva bianca Sauvignon, che in questi paraggi viene pure chiamata “Blanc-Fumé”, dalla quale si ricavano i favolosi bianchi Poully-Fumé, chiari, arzilli, saporiti e normalmente secchi, che vengono imbottigliati dopo un anno e che non vanno confusi con i Poully-Fuissé, prodotti nel Mâconnais con uva Chardonnay.

Itinerario
1° giorno (530 km) Locarno – Beaune
2° giorno (40 km) Beaune – Santenay – Beaune
3° giorno (50 km) Beaune – Dijon
4° giorno Dijon
5° giorno (200 km) Dijon – Fontenay – Ancy-le-Franc – Tanlay – Chablis – Auxerre
6° giorno (350 km) Auxerre – Vézelay – Pouilly-sur-Loire – Cluny
7° giorno (150 km) Cluny – Cormatin – Beaune
8° giorno (530 km) Beaune – Locarno

Per saperne di più
Bourgogne Geoguide, Paris 2014
Borgogna e Champagne-Ardenne La guida verde Michelin, Milano 2008
Bourgogne Petit Futé, Paris 2014