Il Far West – Quando la storia è scolpita nella montagna

Il Far West – Nelle terre degli indiani d’America
Il Far West – A Yellowstone nel parco delle meraviglie
Il Far West – Nelle terre dell’emarginazione degli indiani del nord America
Il Far West – Nella cittadina di Buffalo Bill si rivive il grande sogno Usa

Le “sacre” Black Hills, luogo simbolo dello scontro tra indiani e visi pallidi. Il Badlands National Park, con i suoi bizzarri pinnacoli, è una meraviglia della natura e forse la tappa più spettacolare del viaggio. I presidenti degli Stati Uniti e Cavallo Pazzo si affrontano, “immortalati” nella roccia.

Prosegue il nostro itinerario attraverso il mitico Far West, quello delle praterie sterminate, delle brulle pianure disseminate di bufali, dei territori abitati dalle tribù indiane minacciate dal progresso dell’uomo bianco, quello dei cercatori d’oro e delle loro squallide città, caratterizzate dai saloon e dai bordelli, quello dei giocatori d’azzardo, dei rodei e dei cow boy alla Buffalo Bill.
Ci inoltriamo nelle Black Hills, cuore autentico del Sud Dakota e luogo simbolo dello scontro tra pellerossa e visi pallidi. Questa terra, considerata luogo sacro e centro del mondo dai nativi americani, fu loro assegnata dal trattato di Laramie del 1868 con la garanzia che nessun uomo bianco l’avrebbe mai profanata. Ma solo 6 anni dopo, nel 1874, il governo di Washington non mantenne quella promessa e organizzò una spedizione condotta dal generale Custer, per esplorare le Black Hills. “Mi aspetto di visitare – scriveva Custer prima della partenza – una regione del paese non ancora vista da occhi umani ad eccezione degli indiani, che la descrivono come straboccante di selvaggina di ogni genere, ricca di interessi scientifici e di una bellezza insuperabile come scenario naturale”. Durante il suo viaggio il generale, oltre a tutto questo, scoprì anche la presenza di oro e la notizia rimbalzò immediatamente sulla stampa. Un giornale di Chicago scrisse: “Tutta la terra delle Black Hills è impregnata d’oro dalle radici d’erba in giù”. Questa informazione scatenò le brame dei cercatori del prezioso metallo, che si precipitarono in quelle terre tanto care agli indiani invadendone le dolci colline. Il governo americano dapprima cercò di scoraggiarli, ma nel 1875 rinunciò a far rispettare quanto promesso ai pellerossa nel trattato di Laramie. La vigorosa reazione indiana culminò nella battaglia di Little Big Horn, dove venne decimato il Settimo Cavalleggeri.
La parte più bella della regione è quella compresa nel “Custer State Park”, attraversato da due spettacolari strade panoramiche: Wild Loop Road (29 km) e Needles High Way Scenic Drive (23 km). Il paesaggio è caratterizzato da un altipiano intervallato da armoniose colline, dove pascolano placidamente numerosi bisonti, e da montagne rocciose composte di spettacolari guglie e pinnacoli. Oltre il Parco, le Black Hills giustificano il loro nome di “Colline nere” con una fitta vegetazione di boschi scuri. Uno dei panorami più idilliaci è certamente quello del Sylvan Lake situato nei pressi dell’ingresso nord del Parco.
Il nostro itinerario prosegue verso Badlands National Park, un’altra meraviglia paesaggistica: forse la più spettacolare di tutto il viaggio. Partendo dalla località Scenic si percorre dapprima la Sage Creek Road e quindi la Badlands Loop Road, dove le praterie lasciano spazio a scenografiche colline rocciose, che a seconda delle ore del giorno assumono i colori pastello di una variopinta tavolozza: varie tonalità di rosa e rosso, azzurrognolo, verderame, sabbie color castano, ossido di ferro arancione e cenere vulcanica bianca. Le forme di queste montagnette sono bizzarre: pinnacoli, guglie che sembrano spuntare come cactus dall’arido terreno, creste seghettate. E lo spettacolo si protrae per una sessantina di chilometri con numerosi View Points, dai quali partono passeggiate di ogni genere.
Il giorno seguente ci rituffiamo nella storia. Iniziamo da “Mount Rushmore National Park”, nelle Black Hills, dove batte il cuore dei patrioti a stelle e strisce. Dal 1927 al 1941 l’artista americano Gutzon Borglum, con l’aiuto di 400 minatori ed esperti di esplosivo, ha scolpito nella montagna i visi di quattro storici presidenti americani: George Washington, il primo inquilino della Casa Bianca, Thomas Jefferson, autore della Dichiarazione di indipendenza, Abraham Lincoln, che pose fine alla schiavitù e Theodore Roosevelt, promulgatore di riforme chiave di politica ambientale ed economica. Il luogo scelto per realizzare questa monumentale opera per celebrare lo stato americano non è davvero dei più appropriati se si pensa alla storia delle Black Hills e ai torti commessi da quello stesso stato nei confronti dei nativi americani. Per sottolinearlo, a mezz’ora di strada, “per far sapere all’uomo bianco che anche i pellerossa hanno i loro eroi”, nel 1948 i Sioux hanno incaricato l’artista di origine polacca Korczak Ziolkowski di scolpire, in un’altra montagna delle Black Hills, Cavallo Pazzo (il condottiero di Little Big Horn) in sella al suo cavallo con il dito puntato verso “la mia terra, dove sono sepolti i miei morti”. Ma se a Mount Rushmore la ‘scultura’ è stata realizzata in 14 anni, il “Crazy Horse Memorial” dei Sioux dopo 65 anni è riuscito a scolpire appena il volto del capo indiano, anche perché orgogliosamente non vengono accettati aiuti statali. Un chiaro segnale che il passato non è ancora stato dimenticato!
Nella vicina città di Rapid City, fondata come luogo base di approvvigionamento per i cercatori d’oro, si può visitare il modernissimo e molto didattico “Journey Museum”, dedicato alla vita delle tribù indiane delle Blck Hills e alla conquista del West, con una sezione sulla spedizione del generale Custer ed una sulla costruzione della ferrovia.
Proseguiamo verso il tipico villaggio di Deadwood, altra creazione del Gold Rush, ed alle sue porte, a Lead, ci fermiamo a un view point per osservare “Homestake Gold Mine”, una miniera d’oro aperta nel 1876 e rimasta in attività fino al 2001: impressionante il varco di 1300 metri di lunghezza, 400 di larghezza e 150 di profondità scavato dall’uomo alla ricerca del metallo prezioso. Sulla Main Street di Deadwood si allineavano ai tempi 53 saloon e 33 bordelli, dove i cercatori d’oro potevano spendere le loro fortune. Al numero 10 l’Old Style Saloon è rimasto intatto, sebbene restaurato. Fu in questo locale che avvenne l’assassinio di Wild Bill Hickok uno dei pistoleri più veloci di tutto il West. Sceriffo, scout dell’esercito e giocatore professionista si trasferì a Deadwood nel 1876. per spennare i cercatori d’oro. Solitamente non si sedeva mai con la schiena rivolta verso l’entrata, ma quella sera lo fece e venne freddato mentre giocava a poker e teneva in mano una doppia coppia nera di assi e di otto. Da allora quella venne definita “la mano del morto” e da alcuni anni nella cittadina ogni sera alle 20 l’assassinio viene rievocato con tanto di attori, che poi si trasferiscono nel luogo in cui fu processato il colpevole.
Circa quattro ore di automobile, su strade diritte come quelle che si vedono nei film “on the road” attraverso un paesaggio piano ma mai monotono, ci separano dal “Theodore Roosevelt National Park”, eremo di uno di quei quattro presidenti di cui abbiamo visto il viso scolpito nella roccia a Mount Rushmore. Il Parco è suddiviso in due parti, sud e nord, distanti un centinaio di chilometri l’una dall’altra ed entrambi attraversate da strade panoramiche. Il tormentato paesaggio è di una desolata bellezza. Altipiani verdi e praterie si alternano a dirupi scoscesi, gole vertiginose, trafori e merletti preziosi modellati nel corso dei secoli dal vento, dall’acqua e dal ghiaccio.
Proseguiamo e in cinque ore di viaggio raggiungiamo “Little Bighorn Battlefield National Monument”, il luogo in cui il generale Custer, alla testa del suo mitico Settimo Cavalleggeri, perse la vita in battaglia contro gli indiani riportando un’umiliante sconfitta: 272 militi rimasero sul campo. Sul luogo diversi pannelli illustrano le strategie militari delle casacche blu e dei pellerosse.
Proseguiamo per Cody, la città fondata nel 1895 da Buffalo Bill (la sua figura è illustrata nell’articolo in penultima pagina), l’uomo che creò ad arte il mito del Far West, con il suo spettacolo, che portò in giro per il mondo. La città, molto turistica, gli dedica uno splendido museo in cui si racconta come questo precursore delle più moderne teorie del marketing costruì il mito del lontano West. In un’altra parte del museo, immersi in un ambiente di luci soffuse con cantilene indiane in sottofondo, si viene invece sapientemente guidati nella realtà culturale dei Sioux e di altre tribù. Ma non solo, un’ampia sezione è dedicata alla presenza indiana nella cultura a stelle e strisce. A Cody si può anche visitare un tipico villaggio del West di fine Ottocento ricostruito con antichi edifici, provenienti da varie parti della regione, sul luogo in cui sorsero le prime abitazioni volute da Buffalo Bill. Last but non least, ogni sera in estate, a partire dalle 20 si può assistere a uno spettacolo di rodeo.

Itinerario
4° giorno (196 km) Pine Ridge – Red Cloud – Hot Springs e Visita Custer State Park
5° giorno Sylvan Lake – Crazy Horse Memorial (20 km) / Crazy Horse Memorial – Mount Rushmore (25 km) / Mount Rushmore – Rapid City (40 km) / Rapid City – Homestake Gold Mine (80 km) / Homestake Gold Mine – Deadwood (5 km)
6° giorno Deadwood – Badlands National Park (90 km)
e Visita Badlands National Park
7° giorno Cedar Pass – Medora (513 km) e Visita del parco
8° giorno Medora – North Unit Visitor Center (110 km) / Visita del parco / Nord Unit Visitor Center – Hardin (500 km)
9° giorno Hardin – Custer Battlefield (35 km) / Custer Battlefield – Cody (285 km)

Per saperne di più
North&South Dakota Edimar Editrice, Milano
Stati Uniti occidentali Lonely Planet, Torino

Il Far West – Nella cittadina di Buffalo Bill si rivive il grande sogno Usa

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Il Far West – Nelle terre dell’emarginazione degli indiani del nord America

A Cody, la città fondata nel 1895 dal colonnello William Frederick Cody, il mitico Buffalo Bill, si respira un’atmosfera particolare e molto caratteristica. Qui si coniugano perfettamente le tradizioni legate alla figura del cowboy con la modernità della gestione turistica, il rispetto del passato e dei suoi riti con il desiderio di proporsi come punto di riferimento culturale grazie al modernissimo museo dedicato a Bill e ai nativi americani. All’origine di tutto questo stanno proprio le idee del colonnello Cody, un visionario, un precursore del moderno marketing, che creò il mito del “selvaggio West” grazie al suo spettacolo. Una sorta di circo, che portò in giro per tutto il mondo, Europa compresa, con le storie incredibilmente affascinanti del Nuovo Mondo, con diligenze e fuorilegge, cowboy e cavalli imbizzarriti. E naturalmente c’era anche lui, Cody Buffalo Bill, accompagnato da Annie Oakley, la pistolera più veloce dell’Ovest, e più tardi anche da “Sitting Bull”, il leggendario Toro Seduto che sconfisse il generale Custer a Little Big Horn.
La maggior parte dei suoi lauti guadagni Cody la destinò generosamente alla costruzione della sua città, dove aprì anche The Irma Hotel – tuttora attivo ma purtroppo un po’ decadente – così chiamato in onore di una figlia. Ma questo eroe del West aveva un punto debole: non sapeva gestire il denaro. Morì così in povertà a Denver.
Nonostante questa fine ingloriosa, egli visse una vita intensa e avventurosa frequentando non solo mitici pionieri come Kit Carson o Jim Bridger, ma anche capi di Stato, tra cui il presidente Theodore Roosevelt e la regina d’Inghilterra, e uomini di cultura come Mark Twain.
La sua figura rappresenta il tipico personaggio della prateria e propone l’incarnazione di quell’intraprendenza che appartiene al cittadino americano: da mendicante a re, attraverso il coraggio e l’iniziativa. È questo il messaggio che Buffalo Bill ha cercato di trasmettere.
La sua biografia è intensissima e ispirò ben 800 libri. A otto anni salvò la vita al padre, pugnalato a un comizio contro la schiavitù, trasportandolo per 56 chilometri in sella a un cavallo. Il suo primo impiego lo ottenne a soli 11 anni come “pony express”, un precursore a cavallo del moderno Dhl. Lavorò quindi con le casacche blu del generale Custer come esploratore. Diventò in seguito cacciatore di bisonti – da qui il suo nome – e in soli otto mesi ne abbatté 4280. All’età di 26 anni iniziò la sua carriera nello spettacolo che lo portò alcuni anni più tardi a fondare il Wild West Show riscuotendo consensi e successi in tutto il mondo.
Il suo atteggiamento verso i pellerossa fu contradditorio. Dopo la morte di Custer a Little Big Horn uccise il capo Yellow Hand (Mano Gialla) e, si racconta, alzò il suo scalpo al grido: “Il primo scalpo per Custer!”. Ma prima di morire, grazie forse all’amicizia con Toro Seduto, dichiarò: “Nove volte su dieci, quando sorgono problemi tra uomini bianchi e indiani, la colpa è dell’uomo bianco…”.

Il Far West – A Yellowstone, nel Parco delle meraviglie

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La più alta concentrazione al mondo di geyser ed altri fenomeni geologici. L’Old Faithful erutta ogni 60-90 minuti con un getto d’acqua alto 40-50 metri. Verso l’affascinante Seattle, attraverso le sterminate pianure del Montana, il big sky country, passando per Glacier National Park.

Yellowstone, il parco delle meraviglie. Con i suoi laghi cristallini, i suoi quieti ruscelli, le bellissime cascate, con la più alta concentrazione al mondo di geyser ed altri fenomeni geologici, con la sua fauna selvaggia composta di bisonti, coyote, alci, renne e soprattutto orsi. Grand Teton National Park, dove la catena montuosa del Teton domina un paesaggio con praterie e laghetti di montagna circondati da fitti boschi di conifere. Glacier National Park con le sue cime ghiacciate, che si innalzano improvvisamente dalla pianura stagliandosi con forza contro il cielo turchese. Tra Yellowstone, il Glacier e Seattle, ultima tappa del nostro lungo viaggio nel nord ovest degli States, le sterminate pianure del Montana, il big sky country, dove si percorrono centinaia di chilometri senza mai annoiarsi grazie alla bellezza e all’armonia di quegli spazi sterminati a cui noi europei non siamo abituati. Molte miglia separano un ranch (dove si alleva il bestiame) dall’altro o da una farm (dedita invece alla coltivazione).

Grand Teton National Park
Ci dirigiamo verso il Grand Teton National Park attraversando dapprima la zona est dello Yellowstone National Park. Costeggiamo per alcuni chilometri il vastissimo Yellowstone Lake, definito dal primo esploratore bianco che visitò questo territorio, un inland sea, cioè un mare racchiuso dalla terra, date le sue notevoli dimensioni (177 km di sviluppo costiero). Ed abbiamo subito un primo spettacolare incontro con i fenomeni geologici di Yellowstone. A una ventina di chilometri da West Thumb incontriamo i primi geyser che si trovano sulla riva del lago. Qui si racconta una divertente storia con protagonista Jim Bridger, un leggendario “mountain man”, il quale si vantava di pescare le sue prede nella profondità del lago per poi metterle subito a bollire nelle pentole a pressione naturali – leggi geyser – che si trovavano alle sue spalle.
Ma proseguiamo verso il Grand Teton, a Yellowstone torneremo in seguito. La meraviglia del Grand Teton è costituita dalla catena montuosa che si estende per oltre 60 chilometri da sud a nord con picchi selvaggi, laghetti alpini, ruscelli, zone paludose ed ampi altipiani. I picchi più spettacolari, definiti “Teewindt” cioè “molti pinnacoli” dagli indiani, che in quel territorio andavano a cacciare in estate, sono poi stati ribattezzati “Les trois téton”, cioè “Le tre tettone” dai cacciatori di pellicce bianchi del primo Ottocento. Sono il risultato di un fenomeno di erosione che ha raschiato la tenera arenaria delle cime riempiendo gradualmente la valle sottostante di sedimenti. Ne è sortita una forma davvero spettacolare, che si può ammirare da diversi view points lungo le rive del lago, percorrendo la Jenny Lake Scenic Drive, oppure salendo al belvedere che si trova alla fine della Signal Mountain Summit Road.

I geyser a Yellowstone
Ripercorriamo la stessa strada che abbiamo fatto per arrivare al Grand Teton e torniamo allo Yellowstone, il primo parco nazionale realizzato al mondo nel 1872 e il più grande degli Stati Uniti. Si sviluppa su un’antica zona vulcanica con un’estensione di 75 chilometri di lunghezza e 45 di larghezza. Ci dirigiamo subito verso la sua attrazione principale: “Old Faithful”, ovvero il “vecchio fedele”, perché da 120 anni erutta con regolarità ogni 65-91 minuti con uno spruzzo alto 40-50 metri per un un minimo di 90 secondi fino a 5 minuti. Lo spettacolo è quindi garantito e in più posti è indicato l’orario della successiva sbuffata. Migliaia di turisti si siedono a semicerchio attorno al geyser per assistere alla ‘rappresentazione’. Attorno all’Old Faithful si trovano molti altri geyser collegati tra loro da una comoda passeggiata su passerelle in legno. Molti gorgogliano, altri sbuffano producendo uno spruzzo alto alcuni centimetri e se avete fortuna ne potete osservare di più imponenti in azione, ma nessuno conosce i tempi del loro spettacolo.
Ma come lavorano i geyser? Il loro sistema idraulico è molto vicino alla superficie terrestre, generalmente a 30-40 metri di profondità. È costituito da una specie di canale naturale che va verso la superficie e collega la “camera”, i canali laterali e le rocce porose. In queste cavità è presente una certa quantità di acqua che, per effetto del calore prodotto dalle rocce magmatiche circostanti, si infila nel canale centrale alla ricerca di uno sbocco. L’energia che si crea trasforma buona parte dell’acqua in vapore che fuoriesce con forza.
Per una ventina di chilometri a nord di Old Faithful, seguendo la Grand Loop Road che percorre tutto il parco disegnando un ampio 8, si possono visitare altri geyser. Alcuni sono inattivi ed hanno l’aspetto di un quadro moderno dipinto sul terreno dove si mescolano brillanti colori, creando spettacolari cromatismi. In realtà sono i minerali come il ferro, il solfato di idrogeno e il diossido di carbonio a colorare di rosso, giallo, rosa pallido e verde la superficie dei bacini d’acqua calda.
Uno spettacolo che si rinnova a Mammoth Hot Springs, dove si sono create una serie di spettacolari terrazze su cui scorre acqua, proveniente da fonti sotterranee, che venendo a contatto con l’atmosfera produce un magico gioco di forme e di colori. Un percorso di passerelle in legno permette di osservare da vicino queste straordinarie opere d’arte della natura.

Grand Canyon, bufali e orsi
Al Grand Canyon di Yellowstone ci attende un’altra sorpresa indimenticabile. “…Il posto dove riuscii a conquistare la più bella e terribile vista del canyon fu un punto stretto situato due o tre miglia sotto la Lower Fall. Restando là, prima in piedi, poi sdraiato per ottenere maggiore sicurezza, pensavo come sarebbe stato impossibile descrivere a qualcun altro la sensazione che si può provare in posti come questo. Guardavo intorno a me e capivo la mia piccolezza, la mia povertà umana, o meglio la mia impossibilità a comprendere i grandi disegni della natura…”. Queste parole scritte da Nathalien P. Langford, membro di una delle prime spedizioni nel territorio di Yellowstone, nel 1870, ci descrivono esattamente l’impressione che abbiamo provato ancora oggi osservando quello spettacolo dall’Artist’s Point, un comodo belvedere che si raggiunge in automobile, così come l’Inspiration Point Road da cui si godono splendidi panorami dall’alto sul paesaggio roccioso e sulle imponenti cascate.
Allontanandosi di poco dal canyon in direzione della Hayden Valley il paesaggio cambia completamente: foreste e prati con armoniosi laghetti rendono possibile la vita per molti animali che si incontrano percorrendo la Grand Loop Road: bisonti, coyote, alci, renne e orsi (a cui è caldamente sconsigliato avvicinarsi, ma si possono osservare da lontano).

Glacier National Park
Oltre 500 chilometri separano Yellowstone dal Glacier National Park. La strada attraversa diritta le immense pianure del Montana, il big sky country, intervallate da rare farm e ranch. Man mano che ci si avvicina al Parco si ammirano all’orizzonte le cime ghiacciate delle sue montagne che si innalzano sopra la sterminata pianura coltivata e adatta all’allevamento del bestiame. La Going-To-The-Sun-Road, costruita negli anni Trenta e ora monumento nazionale, attraversa il Parco da est a ovest su una lunghezza di 80 chilometri salendo per mille metri fino allo spartiacque continentale in corrispondenza con il passo Logan, dove in estate gli ampi prati sono ricoperti da graziosi fiori selvatici. La strada attraversa il territorio che la tribù dei Piedi Neri definiva “la terra delle montagne luccicanti”. Si tratta di un luogo di grande suggestione con ghiacciai incastonati sulle vette, cime frastagliate, creste affilate come coltelli, suggestivi laghi glaciali che si trovano alle due estremità della strada panoramica, valli selvagge ricoperte da una vegetazione di verde intenso dove bisonti, orsi, capre di montagna e altre centinaia di specie animali si aggirano indisturbati.
Il nostro lungo itinerario nel nord ovest degli Stati Uniti si conclude nella modernissima Seattle, che raggiungiamo attraversando, dopo il Colorado, gli stati di Idaho e Washington.

Seattle, tra cultura e industria
Una città ricca, moderna, dinamica, che alla fine del XX secolo divenne leader nel settore dell’high-tech, grazie alla presenza del colosso Microsoft. Da più lungo tempo è invece una delle capitali mondiali dell’aviazione perché ospita gli stabilimenti della Boeing. Queste presenze industriali ne determinano certamente la ricchezza, che favorisce anche una vita culturale tra le più vivaci degli Stati Uniti. La vastissima area del Seattle Center, collegata al centro città con una veloce monorotaia, ospitò negli anni Sessanta un’esposizione mondiale dedicata al futuro. Oggi propone una vasta offerta di teatri, musei, un parco divertimenti e un palazzetto dello sport, nonché la celebre Space Needle, la torre alta 190 metri da cui si gode una splendida vista sulla città e sullo splendido paesaggio in cui è inserita, con lo scenografico Monte Rainier ad est e le imponenti montagne dell’Olympic National Park a ovest. Da non perdere, accanto alla torre, il museo dedicato all’artista locale Dale Chiuly, che realizza straordinarie e monumentali opere in vetro soffiato. Il centro storico della città, con palazzi restaurati risalenti a fine Ottocento-inizio Novecento, si raccoglie attorno a Pioneer Square, ma il centro moderno si è invece sviluppato attorno a Pike Place Market, da cui si diramano pittoresche viuzze che ospitano un animato e variopinto mercato con annessi caffè, negozietti d’arte e d’artigianato.

Itinerario
10° giorno Cody – Grand Village (188 km) / Grand Village – Jenny Lake (75 km)
11° e 12° giorno Jenny Lake – Grand Village (44 km) / Visita a Yellowstone Park – Yellowstone – Bozeman (143 km)
13° giorno Bozeman – St. Mary (entrata Glacier National Park) (483 km) / Attraversamento Parco (80 km) / West Glacier – Kalispell (55 km)
14° giorno Kalispell – Seattle (516 km)
15° giorno Seattle
16° giorno Seattle – Milano Malpensa – Locarno

Per saperne di più
Stati Uniti occidentali Vallardi, Milano 2009
Yellowstone Country National Geographic 1997