Ungheria – In campagna tra chiese e castelli

Ungheria – Le città e i villaggi, la corona di Budapest
Slovacchia – Con Bratislava amore a prima vista

Prosegue il nostro itinerario nell’Ungheria meno nota, alla scoperta di castelli, di luoghi di culto e di alcuni paesaggi da cartolina. In quei territori tanto amati dall’imperatrice Sissi, come il Palazzo Reale di Gödöllö dove amava rifugiarsi lontano dai frastuoni della capitale dell’impero.

L’itinerario magiaro che vi proponiamo esclude la capitale, alla scoperta di quella che potremmo chiamare l’altra Ungheria. Si tratta solitamente di una destinazione poco gettonata e forse proprio per questo interessante. Il percorso qui descritto è facilmente praticabile partendo da casa con la propria vettura, perché per raggiungere la frontiera ungherese non occorrono più di sette ore passando per il Friuli. Nella prima parte vi abbiamo proposto la visita alle principali città (Sopron, Szentendre, Pecs ed Eger) e a due graziosissimi villaggi rurali (Kozeg e Hollokö). Di seguito vi proponiamo invece la scoperta di due splendidi castelli rivali, di due monumenti religiosi molto differenti tra loro in quanto uno rappresenta il potere della Chiesa, mentre l’altro la spiritualità e di alcuni luoghi noti per il loro paesaggio come il lago Ballaton e il punto in cui il Danubio, alle porte di Budapest, compie una vertiginosa svolta.

Due castelli rivali
I palazzi Gödöllö, situato 30 chilometri a nord-est della capitale, e Esterhazy, vicino al confine con l’Austria, si contendono il primato di più bel castello barocco del paese. Il primo è legato alla memoria dell’imperatore Francesco Giuseppe e dell’imperatrice Elisabetta, la celebre Sissi. Il secondo è famoso per aver ospitato per ben trent’anni Joseph Haydn quale direttore dell’orchestra di corte.
Soprannominato “piccola Versailles” o “Versailles ungherese” palazzo Esterhazy fu costruito dal principe Miklos “il Vanitoso” nella seconda metà del Settecento con la convinzione che “ogni cosa che può fare il Kaiser io posso farla meglio”. L’edificio, in stile rococò, conta 126 camere e si affaccia su un parco di 300 ettari con giardino alla francese. Era famoso per le meravigliose feste organizzate dal principe Miklos, in cui si mescolavano la musica, la danza, i giochi, la caccia, i balletti e i pasti abbondanti. I festeggiamenti proseguivano fino a notte inoltrata sotto il fragore dei fuochi d’artificio (mostrati in un video all’entrata). Miklos ricevette ospiti illustri come la regina Maria Teresa e lo scrittore tedesco Goethe e con lui lavorò per 30 anni Haydn, che così commenta quel periodo: “il mio principe era soddisfatto di tutti i miei lavori e ricevevo la sua approvazione; messo a capo di un’orchestra potevo dedicarmi a istruttive esperienze, osservare ciò che produce l’effetto o il calo d’interesse e, di conseguenza, correggere, aggiungere, in breve osare; isolato dal resto del mondo, nessuno poteva tormentarmi o farmi dubitare delle mie capacità ed ero quindi spinto a diventare orginale”.
Il Palazzo Reale di Gödöllö fu invece costruito nello stesso periodo dalla dinastia dei Grassalkowich, un’altra importante famiglia nobile ungherese, e acquistato nel 1867 dallo Stato per offrirlo all’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe e all’imperatrice Elisabetta in occasione della loro incoronazione come sovrani d’Ungheria. La famiglia reale, e Sissi in modo particolare, amavano molto il castello, lontano dal protocollo della corte di Vienna. La regina conquistò ben presto gli abitanti del posto. “In occasione dei suoi soggiorni a Gödöllö – scrive Jean Paul Bled nel libro Rodolfo e Mayerling (edizioni Fayard) – si forma attorno all’imperatrice una corte completamente diversa da quella di Vienna. Elisabetta non è sottomessa alle regole vincolanti che ormai detesta. Inoltre, dato che Francesco Giuseppe soggiorna solo per brevi periodi, Sissi è l’astro attorno al quale tutto gravita”. Nel castello, che dispone di uno splendido parco di 28 ettari, si possono visitare i saloni e gli appartamenti reali, comprese le stanze segrete che Sissi fece costruire per godere di qualche momento di privacy, lontano dalla frenetica vita pubblica.

Potenza e spiritualità della chiesa ungherese
Budapest esclusa, la cattedrale di Esztergom e il monastero benedettino di Pannonhalma sono i due luoghi più significativi del cattolicesimo ungherese. La cattedrale con la sua imponente mole e il suo ruolo storico simboleggia gli aspetti meno simpatici della Chiesa, quelli legati al potere. Nell’abbazia di Pannonhalma, che sorge in un luogo idilliaco, si respirano invece i valori della spiritualità religiosa.
L’enorme cupola blu – 33 metri di diametro, 71 di altezza, coronata da 24 colonne – della cattedrale di Esztergom è visibile da lontano, quasi a dimostrare che da oltre un millennio costituisce il fulcro del cattolicesimo ungherese. L’attuale struttura ottocentesca sostituisce la cattedrale di Sant’Adalberto del XII secolo, distrutta nel Settecento dai Turchi in ritirata. Costruita su una scarpata molto ripida che domina il Danubio, non ha grande valore architettonico, ma si impone per la sua enorme mole, mentre al suo interno custodisce un piccolo gioiello: la cinquecentesca cappella Bakòcz, risparmiata dai Turchi. Di puro ed elegante stile rinascimentale toscano in marmo rosso, fu smontata in 1600 pezzi per far posto alla cattedrale ottocentesca e quindi ricostruita al suo interno. Nella cripta della cattedrale sono sepolti i cardinali di mille anni di storia magiara.
Anche la storia dell’abbazia di Pannonhalma è antica quanto quella dell’Ungheria. La località è sede abbaziale dal 1002, anno in cui Santo Stefano, primo sovrano magiaro, convertì il suo popolo al cristianesimo. Il monarca fece appello ai monaci affinché l’aiutassero a cristianizzare il paese. I religiosi, venuti da Cluny, edificarono sulla collina un’abbazia retta dalla regola di San Benedetto.
Nel corso dei secoli la chiesa e gli edifici ad essa annessi furono rasi al suolo, ricostruiti e restaurati parecchie volte. Di conseguenza il complesso giunto a noi è caratterizzato da una commistione di stili architettonici estremamente eterogenei. Di particolare pregio un portale gotico che dalla chiesa si apre su uno splendido chiostro del XIII secolo. Il momento più suggestivo della visita è costituito dalla magnifica biblioteca in stile Impero, con 400 mila volumi, dove si può ammirare il più antico manoscritto ungherese. L’abbazia è circondata da splendidi vigneti, le cui uve vengono vinificate in una moderna cantina, dove si può degustare il nettare dei monaci.

La svolta verso Budapest del bel Danubio blu
Dal profilo naturalistico non ho francamente trovato l’Ungheria particolarmente interessante. Il lago Ballaton e le zone boschive dei Monti Matra e del Parco nazionale del Bükk, famose per le loro risorse termali, per chi abita una regione come la nostra sono piuttosto deludenti. Affascinante, per contro, la cosiddetta Dunakanyar, la curva compiuta dal Danubio prima di raggiungere Budapest.
Luogo privilegiato da cui ammirare il lago Balaton è il grazioso, ma molto turistico, villaggio di Tihany. In particolare dall’abbazia che sovrasta l’abitato la vista sulle acque del lago più grande d’Europa – ma non si direbbe – è davvero splendida. Sono rarissimi i borghi che si affacciano sulle rive, ma numerose le zone balneabili. Siccome la profondità media è di 2 metri e mezzo, in estate la temperatura dell’acqua è molto gradevole. È il luogo privilegiato di vacanza degli Ungheresi, assieme alle regioni boschive del nord-est del paese, dove si trova il Parco nazionale del Bükk, percorso da suggestive strade panoramiche, che attraversano fittissimi boschi di faggio (bükk), e da svariati trenini a scopo turistico.
I monti Matra, più collinosi e meno boschivi, ospitano la montagna più alta del paese: 1014 metri. Dall’alto della torre della televisione, nelle giornate di bel tempo, si gode una vista su tutta l’Ungheria.
È difficile non rimanere affascinati dalla vista del Danubio, splendida dallo storico castello reale di Visegrad, ridotto in rovine dai Turchi. Dall’alto di quella collina ricca di avvenimenti storici si osserva il bel Danubio blu – il fiume cosmopolita che parte dalla Foresta Nera e collega l’Occidente all’Asia – svoltare a novanta gradi verso Budapest in un suggestivo paesaggio. Quale modo migliore per concludere un itinerario in terra magiara?

Itinerario
Locarno – Kutas (921 km)
Kutas – Pecs – Kutas (200 km)
Kutas – Gödöllo – Eger /365 km)
Eger – Belapatfalva – Szilvasvarad – Lillafüred (50 km)
Lillafüred – Eger – Hollöko – Szentendre – Visegrad (245 km)
Visegrad – Esztergom – Pannonhalma – Bratislava (215 km)
Bratislava – Fertörakos – Sopron (85 km)
Sopron – Fertöd – Köszeg – Tatzmannsdorf (105 km)
Tatzmannsdorf – Locarno (Via Udine) (874 km)

Bibliografia
Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia Le Guide Routard, Milano 2008
Ungheria Touring Editore, Milano 2011
Ungheria Le Guide Mondadori, Milano 2009
Budapest e l’Ungheria La Guida verde Michelin, Milano 2009
Ungheria The Rough Guide, Vallardi, Milano 2007
Ungheria Lonely Planet, Torino 2009
Slovacchia Touring Editore, Milano 2010
Bratislava Morellini Editore, Milano 2009

Francia – Nelle terre dove si consumò la tragedia degli eretici catari

Francia – Nel Languedoc-Rouissilon vicino alla frontiera spagnola
Francia – L’armonia di Toulouse tra passato e presente

La magica Carcassonne risveglia il nostro immaginario del Medioevo. I suoi Cinque figli”, i castelli degli eretici, arroccati su speroni rocciosi, si mimetizzano nella natura. La pace dei conventi mal si concilia con le violenze perpetrate dalla Chiesa contro i catari.

Riprendiamo il nostro itinerario nella Francia del sud, nella regione del Languedoc-Roussillon. Lasciate alle spalle Costa Azzurra e Provenza, oltrepassato il Rodano, proseguiamo verso sud lungo la costa mediterranea fino al confine con la Spagna catalana per scoprire natura, storia, arte e cultura di questa splendida regione ancora risparmiata dai grandi flussi turistici. Nella prima parte ci siamo soffermati soprattutto sulla visita di alcune città di grande interesse artistico del Languedoc, che diedero i natali a illustri personaggi del mondo culturale francese come Toulouse Lautrec e Molière. Ci siamo però inoltrati anche nel Roussillon, sulla Côte Vermeille, per scoprire i meravigliosi paesaggi che hanno ispirato Henri Matisse e André Derein, fondatori del “Fauvisme”.
Questo itinerario ci porta invece nella selvaggia terra dei catari, in quel Roussillon che fu possedimento spagnolo fino al trattato dei Pirenei (1659). Questa terra appassionata, bruciata dal sole e ricca di tradizioni, ha fatto parte della Catalogna per secoli. Francese sulla carta resta ancora oggi profondamente catalana nell’animo, con la sua lingua, con le sue fiestas in cui la sangria scorre a fiumi e con la sua danza folcloristica chiamata sardana. Questa terra vide però anche consumarsi la tragedia dei catari, aderenti a un movimento di dissidenti cattolici che furono fisicamente eliminati da una “santa” alleanza tra la chiesa di Roma e la monarchia parigina interessata a mettere le mani sul sud della Francia. Visiteremo i principali castelli e monumenti che furono teatro di questa triste pagina di storia.

Gli eretici al rogo
“Là dove non vale la benedizione, prevarrà il bastone. Capi e prelati riuniranno la potenza delle nazioni contro questo paese, ne distruggeranno le torri, i muri e vi ridurranno alla servitù”: così tuonava San Domenico contro i religiosi catari e i regnanti che li tolleravano. Ne susseguì una carneficina al grido: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”.
Nel 1209 papa Innocenzo III proclamò la crociata contro gli eretici della Francia del sud. Il suo significato non era solo religioso, ma anche politico. Offriva ai signori del nord, fedeli al cattolicesimo, l’opportunità di espandere i propri territori alla regione molto prospera del Midi, dove la sua capitale Toulouse era considerata una delle città più importanti d’Europa dopo Roma e Venezia. La crociata non fu una guerra lampo, durò a lungo. Bisognerà infatti attendere fino al 1271 per la liquidazione della questione catara, anche se l’ultimo eretico fu eliminato dall’Inquisizione nel 1321. A mucchi furono giustiziati sulle pubbliche piazze: su cataste di legno, inginocchiati, legati mani e piedi a pali, dati in pasto alle fiamme in terrificanti olocausti collettivi.
Quale era la loro colpa? In che cosa consisteva la loro eresia? Erano convinti della santità dello spirito umano, opera di Dio, imprigionato nel corpo, opera di Satana così come tutta la materia. Aborrivano la Chiesa di Roma, credevano nella reincarnazione, ma non che Dio si fosse incarnato in Gesù, negavano i sacramenti. Una certa libertà di spirito, la mancanza di un potere centrale, una concezione egualitaria e l’anticlericalismo erano elementi tipici del Midi che costituivano un terreno fertile per il movimento cataro, tollerato se non condiviso da molti regnanti.

L’indimenticabile Carcassonne…
Carcassonne e i suoi “cinque figli”, i castelli di Peyrepertuse, Puilaurens, Termes, Aguilar e Quéribus, furono roccaforti albigesi. Carcassonne cadde nelle mani dei crociati nel 1209 dopo un lungo assedio. I suoi “cinque figli”, su cui si estende il nostro itinerario, situati nella campagna, costituirono l’ultimo ritiro degli eretici e vennero conquistati molti anni dopo.
Ai tempi dell’assedio la città di Carcassonne non possedeva ancora tutte le fortificazioni costruite in seguito dai re di Francia e giunte nel loro splendore fino a noi. La sua cittadella è la più grande fortezza d’Europa. Si compone di un nucleo fortificato, del castello dei conti, e di una doppia cerchia di mura: la cinta esterna, dotata di 14 torri e separata da quella interna composta di 24.
Carcassonne è una città magica. Già da lontano risveglia il nostro immaginario del Medioevo: è la concretizzazione delle fortezze che ci immaginavamo quando da ragazzini giocavamo ai soldatini. Anche una volta superate le mura non ne rimarrete delusi. Invasione dei turisti a parte: è il terzo luogo più visitato di Francia, dopo Parigi e Mont Saint Michel. Vale la pena di pernottare dentro la cinta – ci sono diversi alberghi – perché verso sera le strette viuzze si svuotano, i negozi di souvenir abbassano le saracinesche, così che passeggiando si può lasciar cavalcare la propria fantasia e fermare il tempo. Fare il giro delle mura esterne, splendidamente illuminate di notte, è quasi commovente. Il castello è bene visitarlo il mattino presto, prima che sia troppo affollato. Un’audioguida, molto valida, vi propone il commento dell’architetto che nell’Ottocento iniziò i restauri di questo luogo indimenticabile. Di fronte alle vetrate della basilica di St-Nazaire, considerate tra le più importanti di Francia, rimanete incantati come davanti a un caleidoscopio.
Avevo visitato Carcassonne cinquant’anni fa da ragazzino e poi non ci ero più tornato. Temevo di rimanere deluso, ma non è stato così: è stata una piacevole conferma!

…e i suoi “cinque figli”
Quando ormai tutto il Midi era conquistato dai crociati, i cosiddetti “cinque figli di Carcassonne”, i formidabili castelli di Peyrepertuse, Puilaurens, Termes, Aguilar e Quéribus, situati su impressionanti speroni rocciosi, diedero rifugio ai predicatori catari. Per anni i pellegrini affluivano a migliaia per ascoltare i loro sermoni. Per lungo tempo questa situazione fu tollerata perché considerata non minacciosa dalla chiesa di Roma. La repressione giunse però anche qui e dopo assedi drammatici ed estenuanti anche queste fortezze, ritenute per secoli inespugnabili, caddero nelle mani dei crociati e gli eretici furono bruciati vivi. L’ultimo ad arrendersi fu il castello di Quéribus, che assomiglia a una protuberanza della roccia e si erge sopra il pittoresco villaggio di Cucugnan proponendo una vista incredibile sulla pianura sottostante fino al Mediterraneo e ai Pirenei.
Una visita di una giornata permette di visitarli tutti, salvo Puilaurens, che rimane un po’ fuori mano rispetto al nostro itinerario. La strada scorre suggestiva in una regione agreste tra colline, vigneti, piccoli passi e gole profonde. In questa zona selvaggia e montagnosa, qua e là si scorgono all’ultimo momento in cima a speroni rocciosi le rovine dei castelli. A Peyrepertuse se non sapeste che lassù si annida una fortezza, architettonicamente la più interessante, da lontano non la notereste, tanto bene è mimetizzata nella natura, che sembra appartenerle. Solitamente si compie l’ultimo tratto a piedi prima di raggiungere le rovine dei manieri, che lasciano bene immaginare come si potesse svolgere la vita all’interno della cinta muraria.
Le cinque fortezze, che subirono varie trasformazione nel corso dei secoli, ebbero un importante valore strategico di protezione della frontiera francese con l’Aragona, fino al 1659 quando il trattato dei Pirenei attribuì il Roussillon alla Francia.

Luoghi di pace e di silenzio
L’armonia architettonica, la serenità, il silenzio, gli splendidi e solitari paesaggi che contraddistinguono i monasteri del Roussillon mal si conciliano con le violenze commesse dai crociati cattolici contro i catari. Eppure alcuni di questi monasteri costituirono delle vere roccaforti della chiesa di Roma contro i catari. È il caso della sobria ed elegante abbazia cistercense di Fontfroide. Si annida nella ridente gola di un vallone, che ricorda la dolcezza della Toscana. Nel 1203 Papa Innocenzo III diede a due monaci di questo monastero l’incarico di combattere l’eresia catara che dilagava nei dintorni. Fu proprio l’assassinio di uno di loro a fornire nel 1209 il pretesto per scatenare la crociata contro gli Albigesi. Poco distante, nella cittadina di Lagrasse, un’altra importante abbazia, poco distante dai castelli dove si rifugiarono i predicatori catari, ricorda la potenza della chiesa di Roma nella zona.
A sud dei castelli di Quéribus e di Peyrepertuse una strettissima strada di montagna, che corre a ridosso delle rocce, attraversa le profonde e impressionanti gole di Galamus. A metà del tragitto, arroccato sulla roccia sotto la strada sorge un suggestivo eremo, che si può raggiungere in pochi minuti a piedi.
Proseguendo verso sud in direzione dei Pirenei, appollaiato su una collina dove il mondo sembra finire, sorge il priorato di Serrabone, una delle meraviglie dell’arte romanica nel Roussillon. Dirigendosi verso sud ovest, in una cornice magnifica e selvaggia, si può salire a piedi verso St-Martin-du-Canigou: un altro gioiello del romanico, essenziale, austero, quasi lugubre all’interno della chiesa. Un altro luogo da finis terrae: la solitudine e la maestosità del paesaggio spiegano di per sé il motivo per cui dei monaci siano venuti fin quassù a ricercare la serenità.

Itinerario

1° giorno
Locarno-Castillon du Gard (646 km)

2° giorno
Castillon du Gard-Albi

3° giorno
Albi-Tolosa-Carcassone (135 km)

4° giorno
Carcassone-Fontfroide-St. André de Roquelongue (70 km)

5° giorno (Castelli Catari)
St. André de Roquelongue-Termes- Ch. Aguilar-Ch. Queribus-Ch. Peyrepertuse-Cucugnan (130 km)

6° giorno (Conventi)
Cucugnan-St. Antoine-Serratone-St. Michel-Moltig (135 km)

7° giorno (La Côte Vermeille)
Moltig-Collioure (150 km)

8° giorno
Collioure-Pézenas-Salon de Provence (326 km)

9° giorno
Salon de Provence-Locarno (635 km)

Tra medioevo e rinascimento

Dopo la proposta imperniata sulla regione del Chianti , rimaniamo in Toscana, ma ci spostiamo a sud di Siena. La gita dura unagiornata in partenza da Firenze.
Prendete la superstrada che collega Firenze a Siena e uscite a Monteriggioni, prima tappa del nostro itinerario. E’ uno dei borghi medievali più affascinanti della Toscana. Adagiata su una dolce collina della campagna senese, Monteriggioni appare già da lontano con le sue mura che si stagliano nel cielo e che racchiudono un minuscolo villaggio costruito attorno a un’unica via, a cui si accede da due porte.
Raggiungete, a una trentina di chilometri a sud di Siena, l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, immersa in un raro bosco di cipressi. Il monastero benedettino in mattoni rosa fu fondato nel Trecento. E’ famoso per i magnifici stalli cinquecenteschi del coro e per lo straordinario ciclo di affreschi di fine Quattrocento, dipinti da Luca Signorelli e da Sodoma, che narrano la vita di san Benedetto. Passando per il piccolo borgo agricolo di Buonconvento, situato sull’antica via Cassia, a una ventina di chilometri scorgerete da lontano Montalcino con la sua cinta muraria del Duecento e la rocca trecentesca, famoso in tutto il mondo per il suo straordinario vino, considerato uno dei più prestigiosi d’Italia. Ogni autunno, in occasione della Sagra del tordo, i quattro quartieri del borgo si sfidano in una gara di tiro con l’arco in piazza del Popolo, davanti all’austero Palazzo Comunale del ‘200.
A una decina di chilometri a sud di Montalcino si trova la suggestiva abbazia benedettina di Sant’Antimo, che sorge nei campi tra gli ulivi e i cipressi in un tipico angolo di campagna toscana. Costruita nel XII secolo, costituisce un bell’esempio di stile romanico. Risaliamo circa 35 chilometri in direzione nord ovest per raggiungere l’incantevole Pienza, adagiata anch’essa su una collina che si erge sull’armoniosa campagna. E’ famosa soprattutto per la sua piazza centrale, considerata un esempio perfetto di unità stilistico-urbanistica del Rinascimento. Quando Enea Silvio Piccolomini, nativo di Pienza, uomo di lettere e di grande cultura umanistica, venne eletto pontefice nel 1458 affidò all’architetto fiorentino Bernardo Rossellino, allievo dell’Alberti, il progetto utopico di creare una “città ideale” dell’Umanesimo. Capolavoro del Rossellino è considerato il Palazzo Piccolomini, che si affaccia sulla piazza e propone uno dei primi giardini pensili, da cui si gode una splendida vista sul vasto scenario della valle dell’Orcia.
Il nostro itinerario si conclude a Montepulciano, un’altra incantevole cittadina tipicamente rinascimentale, che diede i natali a uno dei più squisiti poeti del tempo: Angelo Poliziano, grande amico di Lorenzo il Magnifico. Passeggiando per le vie del centro storico rimarrete affascinati dagli splendidi palazzi, opera del Michelozzo e del Sangallo. Giunti in Piazza Grande non mancate di salire sulla torre per godere un panorama indimenticabile sulla città e i suoi dintorni. Terminata la visita, prima di dirigervi verso l’autostrada del sole per rientrare a Firenze, visitate ai piedi della collina la chiesa della Madonna di San Biagio, capolavoro di Antonio da Sangallo.

Sulle strade del Chianti

La Toscana è una regione che conosco molto bene, perché ho studiato a Firenze e da allora vi torno una o più volte ogni anno. Vi propongo un itinerario circolare di una giornata nei suoi dintorni. Prevede la visita della regione del Chianti, con una brevissima puntata a Siena, da raggiungere il mattino come prima tappa. Seguendo la veloce superstrada ci impiegherete meno di un’ora. Quando arrivate parcheggiate nei pressi dello stadio (è indicato), dove troverete certamente posto. Seguendo il corso principale arriverete in Piazza del Campo, sostando magari per un caffé alla pasticceria Nannini, quella della famiglia della cantante, dove potrete acquistare il famoso panforte. Rimarrete incantati da questa piazza del Trecento, una delle più suggestive d’Italia e del mondo, dove ogni anno si svolge il palio. Proseguite fino alla cattedrale, dove si ammira l’incredibile pavimento del XV e XVI secolo, recentemente restaurato e unico al mondo: presenta 56 riquadri di marmo che raffigurano personaggi mitici, eseguiti a graffito o a intarsio. Apprezzerete anche il pulpito di Nicola Pisano del Duecento e la Libreria Piccolomini affrescata dal Pinturicchio nel Cinquecento. Di Siena avrete avuto solo un assaggio, quanto basta per avere voglia di tornare a visitare meglio questa splendida città.
Lasciamo Siena in direzione di Castelnuovo Berardenga, dove avremo un primo assaggio della splendida regione del Chianti. L’armonia delle dolci colline, la miscela dei verdi scuri dei cipressi, di quelli vivaci della vigna e argentei degli ulivi, il fascino dei borghi medievali, dei castelli, delle abbazie vi stregheranno e nelle giornate buie dell’inverno vi torneranno alla mente questi paesaggi incantati, che non esistono solo in cartolina. Passando per San Gusme, un villaggio agricolo costruito interamente in pietra, giungerete al castello di Brolio, che dall’XI secolo appartiene alla famiglia Ricasoli, noti produttori di vino. Dalle mura, opera di Sangallo, godrete di una vista straordinaria. Proseguendo verso nord, passando per il suggestivo Castello di Meleto (proprietà privata), giungerete a Badia a Coltibuono, un’abbazia dell’XI secolo situata in un paesaggio isolato e montano, dove si produce ottimo olio e vino. Il nostro itinerario prosegue lungo la cosiddetta Via Chiantigiana e attraversa tre incantevoli borghi medievali: Radda in Chianti, Castellina in Chianti (famosa la Via delle Volte: quasi interamente ricoperta, addossata alle mura, permetteva di fare il giro della roccaforte a cavallo) e Greve in Chianti con la sua graziosa piazza a forma di imbuto. Proseguite in direzione ovest per Montefioralle, un piccolo gioiello, dove vi consiglio di percorrere la via principale a ferro di cavallo. Il nostro itinerario si conclude nella splendida abbazia romanica di Badia a Passignano, passando dalle zone di produzione del vino toscano più prestigioso: il Solaia di Antinori.