Namibia – Sulle dune più alte al mondo

Namibia – Un vero paradiso naturalistico
Namibia – Passato coloniale e apartheid, pesante eredità della Namibia

Al tramonto lo straordinario color albicocca della sabbia si colora di rosso. In crociera sulla costa oceanica in compagnia di foche che saltano a bordo e delfini che sfrecciano tra le chiglie dei catamarani. E, per finire, il fotosafari all’Etosha National Park, uno dei più grandi e suggestivi dell’Africa

Tra dune spettacolari, paesaggi lunari e incontaminati, deserti rossi, distese di lava e canyon maestosi prosegue il nostro itinerario in Namibia. Dal deserto del Kalahari, che delimita il paese ad est, ci spostiamo verso ovest per visitare il deserto del Namib, che dà il nome al paese e si estende per oltre 2 mila chilometri lungo la costa oceanica. La strada che collega i due deserti attraversa un paesaggio lunare: le montagne hanno riflessi rossi e verdi e la terra del fondo della pista è violacea.

Le dune sabbiose più alte al mondo
Le dune di Sussusvlei, le più alte al mondo, nel Namib Naukluft Park sono uno spettacolo indimenticabile. Si ergono attorno ai letti bianchissimi di antichi laghi prosciugati, che mettono in risalto lo straordinario color albicocca della sabbia del deserto. Le tonalità di colore mutano a seconda della posizione del sole, ma al tramonto la tavolozza dei rossi è indescrivibile. Anche le forme delle dune, forgiate dal vento, sono in perenne mutamento. Il luogo più magico del Parco è certamente Dead Vlei, un lago prosciugato circondato da una corona di dune. Sulla distesa bianca dell’antico bacino si profilano spettrali gli scheletri di alcune piante morte 500 anni fa. Sculture e colori di cui è artefice la natura, il più grande artista al mondo!
Gli studiosi ritengono che il deserto del Namib risalga a 80 milioni di anni fa e sia uno dei più antichi al mondo. Pare sia stato forgiato dalle sabbie del Kalahari, dello stesso colore, trasportate dal fiume Orange fino al mare, da lì spinte a nord dalle fredde correnti artiche del Benguela e infine trasportate lungo la costa dalle onde del mare.
Le dune di Sussusvlei – la più alta raggiunge i 350 metri – si possono scalare con grande fatica, perché i piedi sprofondano nella sabbia e si avanza molto lentamente, come camminando nella neve fresca.
Un altro luogo magico della regione è il Sesriem Canyon, profondo 30 metri e lungo 1 chilometro, scavato dal fiume Tsauchab. Lo si può percorrere a piedi lungo il letto del fiume ormai prosciugato, perché qui non piove da ben tre anni.

Verso la nebbiosa costa oceanica
Il deserto del Namib si addentra per 70-150 chilometri nell’entroterra ed è delimitato a ovest dall’Oceano e ad est da una catena montuosa, che dà accesso all’altipiano centrale: una sorta di spina dorsale molto abitata, che ospita anche la capitale della Nambia. Una strada sterrata corre ai limiti del deserto e lungo le montagne. Si attraversa dapprima un paesaggio spettrale di dune pietrificate, quindi un profondo canyon. A Solitaire, uno dei rari villaggi che si incontrano lungo il tragitto, uno svizzero gestisce una pasticceria nota per produrre il miglior strudel di mele della Namibia. La tratta più spettacolare la si percorre però, prima di raggiungere la costa, fiancheggiando la Valle della Luna: come lo indica bene il nome, il paesaggio è davvero lunare e ricorda quello della celebre Dead Valley nel sud ovest degli Stati Uniti. Avvicinandosi al mare il clima cambia, diventa inaspettatamente fresco, a causa delle fredde correnti antartiche, e spesso anche nebbioso, soprattutto in mattinata. È un fenomeno che si verifica lungo tutta la costa oceanica della Namibia e non senza conseguenze per il deserto del Namib, definito dagli studiosi “un deserto che vive”.

Un deserto che vive
La costante presenza di nebbia, che si inoltra per una trentina di chilometri nell’entroterra desertico lungo la fascia costiera, favorisce la presenza di specie animali e vegetali che hanno saputo adattarsi alle esigenze dell’ambiente, ricavando da questo particolarissimo ecosistema l’acqua necessaria per sopravvivere. L’esempio più eclatante è quello della Weltschia, una delle piante più antiche al mondo. Nei pressi della Valle della Luna se ne possono ammirare vari esemplari, ma in particolare una pianta, che secondo gli studiosi ha addirittura 1600 anni di vita. Questo vegetale, con oltre 2 metri di diametro, non spicca per bellezza ed è curiosamente imparentato con le conifere. Trae i liquidi, di cui necessita per sopravvivere, soprattutto dalla condensazione della nebbia e solo in quantità limitata dal sottosuolo.

Tra otarie e delfini
La località più nota della costa è Swakopmund, una cittadina che ospita ancora diverse famiglie di origine tedesca, i cui antenati si erano stabiliti in Namibia quando il paese era una colonia dell’Impero germanico. La presenza di numerosi edifici di fine Ottocento e d’inizio Novecento, risalenti all’epoca coloniale, da l’impressione al turista di trovarsi in una cittadina tedesca sulle rive del Mare del Nord o del Mar Baltico.
La costa ed il suo mare ospitano numerosi animali: soprattutto fenicotteri rosa, che si radunano in grandi stormi attorno alle pozze, otarie (una specie di foca), presenti con una colonia di 100 mila esemplari, pellicani e delfini. In partenza da Swakopmund o dalla vicina e più moderna Walvis Bay, che come molte altre cittadine attraversate durante il nostro viaggio ricorda l’edilizia dei villaggi americani, vengono organizzate crociere per fare l’incontro con questi simpatici animali. Le goffe foche, che raggiungono un peso medio di 200 chilogrammi, salgono a bordo dei catamarani come animali addomesticati e si lasciano carezzare mentre il capitano offre loro freschi pesciolini di cui sono golosissime: ne mangiano in medie 15 chilogrammi al giorno. I pellicani atterrano con eleganza sugli scafi ed introducono il loro lungo becco arancione all’interno dei finestrini per ricevere pure loro i pesciolini. I delfini giocano con l’imbarcazione a due chiglie collocandosi nel bel mezzo del catamarano ed esibendosi in tuffi vertiginosi.
Un’altra esperienza indimenticabile è la gita di 60 chilometri in fuoristrada 4×4 lungo un paesaggio incontaminato e incantevole, che si snoda sulla sabbia in riva al mare da Walvis Bay a Sandwich Harbour per poi inoltrarsi nelle dune. I piloti delle vetture 4×4 si sbizzarriscono in acrobazie che lasciano i turisti senza fiato. Ma poi, per farsi perdonare, apparecchiano una tavola imbandita in riva al mare con ostriche e champagne.

Incisioni rupestri ed elefanti del deserto
Il nostro itinerario prosegue verso il Damaraland, la terra del popolo damara, una regione arida e ricca di arenaria che colora le montagne di rosso. Ma prima di abbandonare la costa incontriamo uno dei tanti relitti di navi vittime dei fondali marini in perenne mutamento di questa insidiosa costa oceanica. A questo proposito si racconta la storia di una nave inglese, che nel 1942 trasportava militari e passeggeri. Dopo essersi arenata chiamò in soccorso un’altra imbarcazione della flotta britannica, ma pure essa si insabbiò. Venne allora inviato un aeroplano, che sprofondò nella sabbia e non riuscì più a decollare. Infine, per mettere in salvo i naufraghi fu necessario inviare un convoglio di camion via terra.
La spettacolare terra del Damaraland è famosa per le incisioni rupestri e per i safari alla ricerca degli elefanti del deserto (una specie di dimensioni ridotte), che è possibile incontrare con un po’ di fortuna effettuando un’escursione in fuoristrada 4×4 attraverso un paesaggio sensazionale.
A Twyfelfontein, invece, si possono ammirare incisioni rupestri realizzate alcuni millenni fa. Si tratta di 2500 immagini rilevate su circa 200 lastre di arenaria rossa, che rappresentano leoni, elefanti, rinoceronti, zebre, antilopi, giraffe e struzzi presentati in forma stilizzata, ma con precisione di dettagli. La datazione di queste opere d’arte, cha appartengono al Patrimonio mondiale dell’Unesco, è alquanto incerta, ma gli studiosi ritengono si possa collocare tra 3 e 5 mila anni fa.

Uno dei parchi africani più famosi
Il nostro viaggio si conclude, prima di tornare nella capitale per il rientro in aereo, con la visita dell’Etosha National Park, uno dei parchi più grandi e più famosi di tutta l’Africa. Aree di savana, immense distese di cespugli spinosi, zone di fitta foresta, pianure sconfinate, un grande lago salato (per il momento prosciugato perché non piove da tre anni), e numerose pozze, costituiscono l’ambiente ideale per una moltitudine di animali selvatici. Il metodo più sicuro per avvistarli e fotografarli consiste nell’appostarsi nelle vicinanze di una pozza ed osservare il loro avvicendarsi nel rispetto della gerarchia che regola il mondo animale. In ordine di importanza ogni specie aspetta pazientemente il suo turno: dapprima gli elefanti, poi i predatori, quindi gli erbivori e infine i volatili. In una sola giornata abbiamo avuto l’opportunità di vedere diversi gruppi di elefanti giocare con il fango nell’acqua, un leone che dormiva satollo davanti alla carcassa di una giraffa che aveva appena assalito e in parte divorato, una famiglia di leoni che si avventava sua una sventurata preda. Più da lontano abbiamo avvistato anche due ippopotami. Ma abbiamo avuto l’opportunità di ammirare anche molti altri animali: giraffe, zebre, gazzelle di ogni specie, gnu, sciacalli, una iena e due aquile. Una giornata davvero proficua se confrontata con quanto avviene in altri parchi, dove è difficile avvistare gli animali.

Itinerario
1° giorno Ticino – Windhoek (via Johannesburg con pernottamento a bordo)
2° giorno Arrivo a Windhoek nel pomeriggio e tempo libero per scoprire il centro cittadino o per il relax
3° giorno Il deserto del Kalahari
4° e 5° giorno (320 km) I San, il Namib e le dune di Sossusvlei
6° giorno (380 km) Il deserto del Namib e Swakopmund
7° giorno Escursione a Walvis Bay e Sandwich Harbour e rientro a Swakopmund
8° giorno (350 km) Cape Cross e la Costa degli Scheletri
9° giorno (320 km) Damaraland, Twyfelfontein e Etosha
10° giorno (300 km) Etosha e il safari
11° giorno (410 km) Etosha, Okahandja (mercato del legno) e Windhoek
12° giorno Partenza per il Ticino (via Johannesburg)

Per saperne di più
Namibia Polaris, Firenze 2011
Namibia Dumont, Milano 2013
Namibia Lonely Planet, Torino 2010

Informazioni e consigli
– Per raggiungere la Namibia sono necessarie circa 13-14 ore di volo effettivo dall’Europa, ma bisogna calcolarne una ventina, perché non ci sono voli diretti e si devono effettuare uno o due scali.
– Il modo più semplice e comodo per organizzare il viaggio è aggregarsi a un piccolo gruppo o creare un proprio gruppo per visitare il paese accompagnati da una guida. Kel 12, l’agenzia italiana con cui viaggia sovente l’autore di questo diario, è specializzata per itinerari in Africa.
– È anche possibile visitare il paese da soli noleggiando un’automobile, meglio se 4×4. Kel 12 organizza anche viaggi di questo genere prenotando gli alberghi per la sera. Alcune vetture sono dotate di tenda per dormire sopra il tetto in campeggi solitamente bene attrezzati e situati in luoghi splendidi.
– I nomi delle località in Namibia sono scritti in inglese e le case di autonoleggio mettono a disposizione navigatori stradali.
– Le strade sono in ottimo stato. Su quelle asfaltate si tiene facilmente una media di percorrenza di 100 km/h, mentre sulle piste in terra battuta si circola a una media di 70 km/h.
– L’itinerario descritto comporta una tragitto di circa 4’000 km.
– L’infrastruttura alberghiera in Namibia è di ottimo livello.
– Per quanto concerne la sicurezza non ci sono problemi. È comunque sempre preferibile viaggiare di giorno.
– Sulla costa oceanica il mattino c’è quasi sempre la nebbia e la temperatura scende notevolmente.
– Le escursioni termiche, costa a parte, tra il giorno e la notte sono notevoli. Bisogna prevedere che può fare anche molto freddo.
– Attenzione al sole, che scotta anche quando c’è la nebbia.
– La cucina è buona e l’igiene, nelle infrastrutture turistiche, è garantita. La birra è ottima. Il vino importato dal Sud Africa è solitamente di qualità.
– Il periodo migliore per visitare la Namibia è settembre-ottobre, cioè durante la loro primavera.

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