Laos – La sua linfa vitale è il fiume Mekong

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Un itinerario sorprendente che permette la scoperta del Paese asiatico navigando il suo fiume storico da Huay Xai, al confine con la Thailandia, fino a Luang Prabang, la graziosa antica capitale protetta dall’Unesco e prediletta dai turisti.

Il fiume Mekong ha costituito per millenni la linfa vitale del Laos, uno dei paesi più poveri al mondo, dove l’80 per cento degli abitanti vive di agricoltura. Ancora oggi circa 60 milioni di persone dipendono dalle risorse delle sue acque e da quelle dei suoi affluenti. Questo fiume, che nasce in Tibet e attraversa Cina, Birmania, Thailandia, Cambogia e Vietnam, ha profondamente inciso sulla storia del Laos, al punto che quasi tutto il paese si è sviluppato lungo le sue rive. Per questo, il nostro itinerario realizzato da Kel 12, prevede la scoperta del Laos navigando il suo fiume storico, laddove è possibile: da Huay Xai, al confine con la Thailandia, fino a Luang Prabang, la graziosa cittadina protetta dall’Unesco e prediletta dai turisti. Oltre non si può navigare a causa di ripide e cascate. Proseguiremo pertanto verso la capitale Vientiane in aereo. Il nostro viaggio continuerà quindi in Cambogia alla scoperta degli affascinanti templi di Angkor, immersi nella foresta e abbracciati dalle magiche radici dei suoi alberi.

La grande madre
Il nostro viaggio inizia da Milano-Malpensa, dove un volo diretto Thai airways ci porta a Bangkok, da cui si riparte per Chiang Rai nel nord della Thailandia. Da qui in un’ora di pulmino si raggiunge Chieng Khong, un porto fluviale considerato “la porta dell’Indocina”. Il Mekong, la “Madre di tutti i fiumi”, che segna il confine tra l’antico impero siamese e il Laos, è davanti a noi. Il nostro viaggio entra nel vivo. Un’imbarcazione ci attende per attraversare il fiume. Prima di raggiungerla passiamo sotto un arco di dubbio gusto, considerato appunto “la porta dell’Indocina”. Giunti sull’altra sponda, a Huey Xai, espletiamo sul posto le pratiche per il visto e ci incamminiamo verso il modesto albergo dove passeremo la notte, ospitato in un’antica casa coloniale francese.
Prima di cena visitiamo un tranquillo villaggio di etnia Lenten, che si affaccia sul Mekong a una trentina di chilometri da dove alloggiamo. Le abitazioni sono plurifamiliari con tetti in foglie di palma e bambù, come tutti gli altri villaggi in cui sosteremo nei giorni seguenti lungo il Mekong. Siamo nel cosiddetto Triangolo d’oro, noto per la coltivazione del papavero da oppio. Nel villaggio in cui ci troviamo sembra che lo coltivino non per commerciarlo, ma solo per consumarlo. Le donne indossano vestiti blu e neri, non hanno sopracciglia (vengono depilate all’età di 15 anni) e nei capelli lisci portano una moneta d’argento. L’atmosfera è tranquilla. Gli uomini giocano alle pétanque: il gioco delle bocce che i Francesi hanno introdotto durante la loro dominazione (1893-1953).
Rientriamo a Huey Xai. La via principale è un susseguirsi di guesthouse, negozi e agenzie di viaggio. Anche qui l’atmosfera è rilassata e la passeggiata piacevole.
Il mattino seguente una lunghissima barca in legno ci aspetta per una crociera che durerà due giorni. La nostra meta è Luang Prabang, l’antica capitale del Laos, che dista circa 300 chilometri. Per la notte faremo tappa a Pakbeng in un grazioso resort che si affaccia sulle rive del Mekong.
La navigazione lungo il fiume è piacevole. Il nostro barcone scivola sull’acqua a una velocità media di 20 km/h aiutato dalla corrente del fiume che a tratti è intensa. Siamo nel mese di febbraio e l’acqua è bassa. Sulle rive si sono pertanto create improvvisate spiaggette di sabbia bianchissima, simile a quella del mare. La foresta incombe a pochi metri. Ma per lunghi tratti le sponde sono rocciose, con forme appuntite. Il fiume è molto selvaggio. I rari villaggi si affacciano sulle acque, a volte nascosti dalla folta vegetazione. Si intuisce la loro esistenza dalle barche ormeggiate lungo le rive, coltivate a patate, e dall’animazione: bimbi che giocano, donne che lavano i panni, altre che setacciano la sabbia cercando povere pagliuzze d’oro, uomini che pescano pesci o alghe, animali che si abbeverano, buoi di fiume che si immergono. Il Mekong per tutta questa gente è una fonte di vita: fornisce cibo e acqua per irrigare i terreni e rappresenta la via di comunicazione principale. In alcuni villaggi, dove si fermano i barconi dei turisti, le donne tessono la seta per arrotondare le scarse entrate.
A un paio d’ore da Luang Prabang un’imponente parete rocciosa si erge sulla riva destra del fiume. Qui, nelle grotte di Pak Ou, che si aprono in alto, si trova un commovente e suggestivo luogo di culto, caratterizzato dalla semplicità della fede popolare. Sotto la volta, nelle sacre caverne, è ospitata un’innumerevole quantità di statuette, alcune povere e grezze, offerte dalle popolazioni che risiedono lungo il fiume e nelle aspre montagne che lo costeggiano.

Un magico equilibrio
Il colpo d’occhio che ci offriva – scriveva all’inizio del secolo scorso l’esploratore Francis Garnier – era fra i più pittoreschi e animati … I tetti, l’uno accanto all’altro, si allineavano in file parallele lungo il fiume e serravano da ogni lato una montagna che si elevava come una cupola coperta di verde. Alla sommità della montagna un that o dagoba (monumenti religiosi ndr) slanciava la sua acuta cuspide sulla vegetazione, formando il tratto dominante del paesaggio”.
La città laotiana prediletta dai Francesi durante il protettorato e oggi la più amata dai turisti, dopo oltre un secolo da quando furono scritte queste parole, appare ancora così.
Una vera gioia per gli occhi, scriveva più o meno nello stesso periodo il diplomatico parigino Auguste Pavie. Con i suoi fiumi, la città e le montagne intorno, questo è indiscutibilmente il più bel posto del Laos”.
Le ville del periodo coloniale francese oggi sono state trasformate in alberghi o in eleganti negozi, ma lo spirito di questa cittadina, inserita nel 1995 dall’Unesco sulla lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità, non è stato alterato. Sorge a 700 metri di quota, racchiusa da una cerchia di montagne, e propone un magico equilibrio tra il suo stupendo quadro ambientale e le opere d’arte che l’uomo ha creato per celebrare la profonda fede buddista, di cui si ha una testimonianza ogni mattina all’alba se ci si apposta su una delle vie principali. I monaci passano con la loro ciotola protesa a ricevere il cibo per la giornata e lunghe file di persone li attendono inginocchiate sui bordi della strada per protendere i loro doni. Al tramonto rimbombano invece i suoni dei tamburi che rammentano l’insegnamento del Budda e richiamano alla meditazione.
Luang Prabang ospita più di trenta monasteri. Ognuno con la sua particolarità. Sarebbe ingiusto e difficile stilarne una graduatoria, ma il più solenne è certamente Vat Xieng Thong, perché qui un tempo risiedeva il grande Venerabile, la guida spirituale di tutti i monaci. È anche uno dei più antichi della città – risale al XVI secolo – ed è stato risparmiato dal saccheggio avvenuto nel 1887 ad opera delle Bandiere Nere thailandesi, che distrussero tutti gli altri luoghi di culto.
Nel Palazzo reale adibito a museo si può ammirare il Pha Bang, una statua che rappresenta il simbolo di legittimazione buddista della monarchia laotiana e che ha dato il nome alla città. Curiosa celebrazione in uno stato in cui sopravvive una delle ultime dittature comuniste e dove la monarchia ha abdicato da ormai oltre 35 anni.
Prima di lasciare Luang Prabang vale la pena di visitare il variopinto mercato artigianale serale, che si svolge ogni giorno in centro città.

Vientiane, la capitale
Secondo gli autori della guida Lonely Planet dedicata al Laos, Vientiane “può fregiarsi del titolo di capitale più tranquilla di tutto il pianeta”. Percorrendola si incontrano numerosi stili architettonici che rammentano la sua animata storia: dal laotiano al thailandese, dal cinese all’americano, dal sovietico al francese. Ma lungo i larghi viali alberati spiccano soprattutto gli eleganti edifici coloniali francesi. Per non parlare di una goffa imitazione dell’Arco del trionfo parigino, che in città viene ironicamente chiamato “la pista verticale”, perché fu costruito con i soldi concessi dagli Americani per costruire un nuovo aeroporto. Nessun grattacielo sovrasta le pagode, più numerose degli edifici pubblici. Ci si può rendere conto dell’elevata devozione popolare entrando a caso in uno dei tanti monasteri per assistere a semplici e sincere cerimonie religiose, celebrate ad hoc per piccoli gruppi di fedeli, da giovani monaci.
La sera la gioventù si riversa sull’ombreggiata passeggiata lungo il Mekong e nelle piazzette esegue esercizi di ginnastica al ritmo di musica moderna. I turisti possono passeggiare senza timori per le vie della città e sul lungofiume, dove viene proposto un simpatico mercatino dell’artigianato.
Anche Vientiane, come Luang Prabang, è stata rasa al suolo dalla furia dei Siamesi (attuali Thailandesi) nel 1828. Tra i monasteri solo il Wat Si Saket è stato risparmiato dagli invasori, sembra per l’affinità architettonica con gli edifici del loro paese. La particolarità di questo monumento consiste nelle mura interne punteggiate da piccole nicchie che contengono migliaia di statuette del Budda.
Ma il monumento più importante della città e dell’intero Laos, simbolo della religione buddista e della sovranità del paese, è il Pha That Luang, le cui guglie dorate sono visibili da lontano e rappresentano l’orgoglio della nazione. Raffigura la metafora dell’elevazione umana, che passa dall’ignoranza all’illuminazione del buddismo, realizzata proponendo piattaforme quadrate sovrapposte e degradanti: la prima simboleggia la terra, le successive i petali di loto per giungere all’apice con il bocciolo del fiore sacro in forma allungata.

Itinerario
1° giorno
Milano-Bangkok
2° giorno
Bangkok-Chiang Rai-Chieng Khong-Huey Xai
3° giorno
Navigazione da Huey Xai a Pakbeng
4° giorno
Navigazione da Pakbeng a Luang Prabang
5° giorno
Luang Prabang
6° giorno
Luang Prabang-Vientiane
7° giorno
Vientiane-Phnom Penh
8° giorno
Phnom Penh-Sambor Prei Kuk-Siem Reap (Angkor)
9° giorno
Siem Reap (Angkor)
10° giorno
Siem Reap (Angkor)-Bangkok-Milano

Bibliografia
Laos Lonely Planet, Torino 2007
Laos Polaris, Firenze 2009

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