Bretagna – Là dove si credeva che la terra finisse
Oltre alla visita di alcune città medievali questo itinerario va alla scoperta dei più interessanti complessi parrocchiali, uno dei fenomeni artistici più singolari della regione con i suoi meravigliosi calvari scolpiti nel granito.
Prosegue il nostro viaggio nella cosiddetta Bassa Bretagna, cioè la regione più ad ovest della Francia, dove si parla ancora la lingua bretone e dove gli antichi usi e costumi sono tuttora molto diffusi. Ci soffermeremo sugli aspetti più culturali di questa affascinante regione, ricca di testimonianze storiche e artistiche. Oltre alla visita di alcune città medievali questo itinerario va alla scoperta dei principali complessi parrocchiali, uno dei fenomeni artistici più interessanti della Bretagna con i meravigliosi calvari scolpiti nel granito. Per scoprire queste meraviglie dell’arte locale si consiglia di percorrere l’itinerario circolare descritto dalla Guida Michelin Verde (vedi “per saperne di più”), che parte da Morlaix e tocca nell’ordine St-Thégonnec, Guimiliau, Lampul-Guimiliau, La Roche-Maurice, Pencran, La Martyre, Sizun. Per meglio capire ciò che vedremo è necessario spendere due parole sulla storia di questa regione, dove si riteneva finisse la terra (Finistère), e sulle sue tradizioni.
Asterix e Obelix
Chi non ha letto i fumetti di Asterix e Obelix, vicende che hanno come sfondo l’importante periodo di storia bretone? Le imprese dei due eroi raccontano infatti le battaglie dei Galli contro i Romani, che a partire dal 57 prima di Cristo invasero la regione, mantenendone il dominio fino al IV secolo dopo Cristo. Terminata l’epoca romana, tra il V e il VI secolo, la Bretagna fu invasa dai Celti provenienti dalla Britannia (cioè dall’Inghilterra) centro occidentale. Questa popolazione fu spinta ad attraversare il canale della Manica quando le sue terre furono a loro volta invase dai popoli germanici e danesi. La lingua bretone, che nel corso dei secoli ha subito numerosi mutamenti, fu introdotta da questi esuli inglesi, che per lungo tempo mantennero relazioni con la loro terra d’origine. È pure verosimile che le leggende riferite a re Artù, ai Cavalieri della tavola rotonda e a Mago Merlino, che in Bretagna fiorirono numerose, fossero state importate, insieme con la lingua e altre tradizioni, dall’immigrazione celtica di quel periodo. La Bretagna, e soprattutto la regione più ad ovest (Finistère), rimane fedele alle sue tradizioni e alla sua lingua, che viene ancora oggi parlata da oltre 300 mila persone. In questi ultimi vent’anni, dopo i profondi cambiamenti del dopoguerra, soprattutto nella Bassa Bretagna si è assistito a una valorizzazione delle proprie radici, nonostante l’abbandono dei villaggi rurali e l’inevitabile sviluppo del commercio, dell’industria e del turismo. Si sta per esempio recuperando la grande varietà e ricchezza dei costumi, trasmessi da una generazione all’altra, che ancora oggi vengono sfoggiati durante le grandi feste popolari, come per esempio le importanti processioni organizzate per celebrare il santo protettore dei villaggi. Gli abiti da cerimonia, generalmente neri, brillano soprattutto per la vivacità dei grembiuli ricamati. L’originalità del costume femminile è costituita anche dai copricapo: in ogni regione le cuffie hanno caratteristiche diverse, sempre austere, ma molto fantasiose.
Gli enclos paroisseaux
Anche il rapporto dei bretoni con la morte è profondamente influenzato dall’eredità celtica. Sugli ossari vediamo scolpito uno scheletro che tiene una falce, l’Ankou (il nome significa “angoscia”), che, narra la tradizione, la notte vaga su un carro che scricchiola. Chi sente il rumore o lo incontra morirà presto. La porta dell’inferno si troverebbe, si dice, nei monti d’Arrée, nel Finistère che stiamo visitando. Ed è proprio per permettere alla vita spirituale delle parrocchie di mantenere uno stretto legame con la comunità dei morti, che sono nati i cosiddetti “enclos paroisseaux”, cioè i recinti o complessi parrocchiali, i gruppi monumentali più caratteristici dei borghi bretoni. Un piccolo cimitero con pietre tombali uniformi è situato al centro del complesso. Attorno al camposanto, al quale si accede in generale da una porta trionfale, si trovano la chiesa con la piazzetta antistante, il calvario e l’ossario. Il complesso è solitamente racchiuso dentro un recinto in pietra. Queste architetture religiose, meraviglie spontanee che non hanno paragoni altrove, sono caratteristiche della devozione bretone ed espressione artistica della prosperità dei porti fluviali della regione tra il XV e il XVII secolo. La varietà architettonica di questi “recinti” si spiega con il forte spirito competitivo che regnava tra un villaggio e l’altro. L’ansia di primeggiare si tradusse in una specie di gara a chi faceva di più e meglio: a Guimilau si realizzarono raffinate decorazioni sul calvario, a La Martyre si puntò su un ornatissimo arco trionfale, a Pleyben si fece un ardito campanile e a Saint-Thégonnec l’attenzione fu messa nella varietà e nel numero di statue del calvario. Al cimitero si accedeva attraverso una porta monumentale riccamente decorata, una sorta di arco trionfale, denominato “porta dei morti”, che simboleggiava l’entrata del giusto nell’immortalità. Per far posto alle nuove salme nei minuscoli cimiteri si riesumavano i cadaveri. Le ossa venivano raccolte in piccoli contenitori traforati addossati al muro della chiesa o del cimitero. I crani venivano invece sistemati nelle cosiddette “scatole per capo” e conservate negli ossari. Ma l’elemento più suggestivo dei complessi parrocchiali è costituito dai cosiddetti calvari, piccoli monumenti in granito che rappresentano scene della Passione e culminano nel Cristo crocifisso. Si tratta di sculture semplici, ma l’espressione dei personaggi e l’energia che emanano sono davvero sorprendenti. Questi calvari erano concepiti come una sorta di fumetto e avevano una funzione didattica. Molti presentano una piattaforma su cui il sacerdote saliva per spiegare ai fedeli, con l’ausilio di una bacchetta, le scene rappresentate. Attorno al 1650, quando questa originale forma artistica raggiunse il suo apice, l’avventura si concluse: la Francia intraprese infatti una serie di interminabili guerre contro gli Inglesi e gli Olandesi, che interruppero i flussi mercantili nei porti bretoni facendo sprofondare la regione nella povertà.
Città medievali
Un salto nel passato. È quanto avete l’opportunità di fare visitando Locronan, un piccolo gioiello del Finistère, dove il tempo sembra essersi fermato e dove la vocazione turistica non ha compromesso l’architettura di questo bellissimo villaggio. Scelto da molti registi (tra cui Roman Polanski per “Tess”) come set cinematografico, il borgo si è sviluppato tra il XV e il XVII secolo grazie alla fabbricazione e alla commercializzazione di tele per velieri. La qualità di questi tessuti era tale da essere richiesti in tutta Europa per equipaggiare le navi della marina francese, di quella inglese e di quella spagnola. Si narra che le caravelle di Cristoforo Colombo veleggiassero grazie a tele tessute a Locronan. Il villaggio ha conservato una splendida piazza centrale con un antico pozzo, sulla quale si affacciano edifici rinascimentali in granito e l’ampia chiesa, che deve le sue origini a un vescovo eremita irlandese stabilitosi nel VII secolo in questa regione boschiva e autore, secondo la tradizione, di numerosi miracoli. Camminando lungo le strette viuzze del borgo, con un po’ di fantasia si può immaginare la vita nell’epoca medievale. A un’ora circa di automobile da Locronan sorge un’altra chicca del passato: l’incantevole cittadella (Ville close) di Concarneau circondata da imponenti mura medievali in granito. Si tratta di un’isoletta a forma irregolare lunga 350 metri e larga 100, con strette e pittoresche viuzze, collegata alla terra da un ponte. La si può scoprire sia passeggiando lungo le due animate arterie principali, sia percorrendo il panoramico giro delle mura, da cui si gode una bella vista sul porto peschereccio della cittadina, considerato tra i più importanti di Francia. Tra Locronan e Concarneau vale la pena di visitare anche Quimper, che si scorge da lontano grazie alle guglie della sua cattedrale, provvista di splendide vetrate, davanti alla quale si estende il centro storico caratterizzato da strette viuzze fiancheggiate da case a graticcio e battezzate con i nomi delle corporazioni medievali. Altre due piacevoli scoperte si trovano lungo l’itinerario costiero descritto settimana scorsa. Si tratta di Tréguier, antica cittadina annidata in fondo a un estuario con tipiche case a graticcio e un’imponente cattedrale, e di Roscoff, un villaggio costiero con signorili dimore in granito, edificate da ricchi mercanti, armatori e corsari che hanno costruito la loro fortuna sugli scambi commerciali con l’Inghilterra.
Itinerario
1° giorno (150 km) Brest – Tréguier – Côte Rose
2° giorno Visita della Côte Rose
3° giorno (200 km) Côte Rose – Morlaix (itinerario complessi parrocchiali) – Roscoff
4° giorno (130 km) Roscoff – Le Folgoët – Porspoder (Abers)
5° giorno (150 km) Porspoder – Ponte de St-Mathieu – Plougastel – Daoulas – Ménez – Horn-Ste-Anne – La Palud
6° giorno (130 km) Ste-Anne – Locronan – Quimper – Concarneau – Ste-Anne
7° giorno (200 km) Ste-Anne – Cornovaglia (costiera nord) – Ste-Anne
8° giorno (100 km) Ste-Anne – Penisola di Crozon – Ste-Anne
Per saperne di più
Bretagna Guida Michelin rossa, Nanterre 2016
Bretagne, carte routière et Touristique Michelin, Boulogne 2015
Bretagna Traveller, Milano 2005