Il fascino discreto del Lago d’Orta

Le muse stanno appollaiate / sulla balaustra / appena un filo di brezza sull’acqua / c’è qualche albero illustre / la magnolia il cipresso l’ippocastano…” Sono i versi di una lirica di Eugenio Montale intitolata “Sul lago d’Orta”. Anche lui, come molti altri letterati, rimase ammaliato dal fascino misterioso che rapisce chi si affaccia su questo lago, meta dell’itinerario di oggi, che si può effettuare in una giornata, ma meglio in due, con pernottamento a Orta San Giulio. Per giungervi si percorre la sponda piemontese del Lago Maggiore fino a Fondo Toce. Arrivati a Verbania vale la pena di fare una piccola deviazione di pochi chilometri per visitare il romantico villaggio di Mergozzo, che si affaccia su un minuscolo lago omonimo. Pochi chilometri più avanti possiamo vedere le cave di Candoglia, dalle quali è stato estratto il marmo rosa donato, nel 1390, da Gian Galeazzo Visconti alla Fabbrica del Duomo di Milano.
Un delizioso piccolo lago ai piedi del Monte Rosa, un’isola adagiata in acque calme, civettuola e semplice, naturale eppure adorna, solitaria e ben accompagnata: eleganti boschetti, statue d’un bell’effetto. Intorno, rive allo stesso tempo silvestri e coltivate: il grandioso e i suoi tumulti al di fuori, dentro le proporzioni umane”. Ci appaiono così, come descritte da Honoré de Balzac, le quiete rive del lago d’Orta.
Per visitare Orta San Giulio bisogna contare una mezza giornata abbondante, ma è piacevole trattenersi anche più a lungo. È un incantevole villaggio formato da un dedalo di stradine, che dalla collina scendono al lago. Le pittoresche piazzette, le case in pietra, gli eleganti palazzi barocchi, valorizzati dall’assoluta assenza di traffico motorizzato, non mancano di affascinarci. Mentre beviamo un aperitivo nella piazza principale Mario Motta, dove ogni mercoledì si tiene un animato mercato, davanti a noi si erge il piccolo e grazioso palazzo della Comunità, costruito nel 1582. Dall’approdo raggiungiamo, in cinque minuti di motoscafo, l’isola di San Giulio, considerata il gioiello più prezioso. Secondo la leggenda fu fondata nel 390 da San Giulio, di cui si conservano le spoglie, che l’avrebbe liberata dai serpenti fondandovi una chiesa. A forma ellittica, è molto piccola (lunga 275 metri e larga140) e interamente occupata dalla bella basilica romanica, dall’ex seminario, ora convento, e dalle discrete ville con i loro giardini. Se la si visita all’infuori degli orari di punta, affascina per l’intimità e il mistico silenzio.
Torniamo al villaggio e dalla piazza saliamo verso la scenografica chiesa settecentesca di S. Maria Assunta. Lungo via Corinna Caire Albertoletti si allinea una suggestiva serie di antichi edifici. Proseguiamo la salita che ci porta in pochi minuti al Sacro Monte. Si tratta di un luogo idilliaco, che domina il borgo e il lago dall’altezza di 400 metri. In un bosco di pini e faggi con piante secolari ventuno cappelle, sapientemente distribuite a spirale sulla collina, raccontano la vita di San Francesco, con statue in cotto dipinto e affreschi. Il luogo, con splendidi panorami sul lago, ispira pace e meditazione, soprattutto in autunno.
Se decidete di fermarvi per una notte vi consiglio di trascorrerla all’albergo San Rocco (tel. 00390322 911977), situato in riva al lago con una splendida vista sull’isola di San Giulio, e di cenare al Villa Crespi (tel. 00390322 911902): due stelle della prestigiosa guida Michelin.

Turchia – Ai confini dell’Europa tra luoghi della Bibbia e popoli in fuga

Questo itinerario, che si articola nel centro e nel sud-est della Turchia, presenta due centri di interesse particolare: la suggestiva montagna di Nemrut, simbolo della Turchia orientale, con le sue enigmatiche statue giganti risalenti a duemila anni fa e la Cappadocia con i suoi spettacolari paesaggi unici al mondo. Non presenta solo questo, ma anche le città bibliche (Harran e Sanliurfa) in cui visse Abramo, la capitale dei curdi Diyarbakir, la città di Konya, dove nel 1200, Mevlâna Gialâl Ud-Din Rûmi fondò l’ordine monastico dei Mevlevi, conosciuti in Occidente come Dervisci danzanti.

Il nostro viaggio inizia da Sanliurfa. La città è costituita da antiche case in calcare, costruite una a ridosso dell’altra per proteggere nella stagione calda i passanti dal sole cocente. Ne nasce un dedalo di viuzze particolarmente affascinanti nei pressi dell’animato bazar, che occupa buona parte del centro storico. Dalla fortezza (Kale), da cui si gode una splendida vista sulla tranquilla città, secondo la leggenda, precipitò Abramo, nativo di Urfa. Per la religione islamica Abramo è infatti un grande profeta. Secondo la leggenda distrusse alcune divinità pagane nell’antica Urfa provocando l’ira di Nimrod, il re assiro locale, il quale ordinò che fosse immolato su una pira funeraria. Dio però intervenne e trasformò il fuoco in acqua e i carboni ardenti in pesci. Abramo precipitò nel vuoto dalla collina su cui sorge la fortezza e fu accolto sano e salvo su un letto di rose. In quel luogo sacro si trovano un magnifico roseto e due vasche rettangolari “abitate” da carpe satolle e intoccabili. Attorno alcuni edifici religiosi.
La città è davvero accogliente. I suoi abitanti sono ospitali e cercano il dialogo. Ci si sente a proprio agio nello splendido e curatissimo giardino situato sotto la fortezza. Per chi ama i bazar arabi sarà poi piacevolissimo perdersi per le pacifiche viuzze di questo immenso mercato voluto da Solimano il magnifico nel Cinquecento.
A una trentina di chilometri da Sanliurfa, poco distante dal confine con la Siria, si trova Harran, la città di Abramo. Ciò che maggiormente affascina sono le cosiddette case ad alveare, il cui modello risale al III secolo a.C. Si tratta di una sorta di trulli in terra e paglia, dove la gente viveva fino a pochi anni fa. Oggi fungono da ripostigli o da bar e negozi per i turisti.
Gli abitanti si sono trasferiti in anonime, ma più comode abitazioni moderne. Particolarmente suggestive sono le rovine della fortezza (Kale), costruita sul culmine di una collina e della moschea (Ulucami) dell’VIII secolo.

Nella Turchia dei Curdi
La seconda giornata del nostro itinerario è piuttosto impegnativa. Se ne avete la possibilità sarebbe meglio suddividerla in due tappe, fermandosi a Diyarbakir per la notte. Si parte il mattino presto per Mardin (175 km). Questa antica città, sovrastata da un castello, domina le vaste pianure assolate della Mesopotamia, che si estendono fino alla Siria. Le sue vie fiancheggiate da
case in pietra dal colore del miele, che digradano lungo il fianco della collina, come fa notare la guida Lonely Planet, ricordano vagamente gli antichi quartieri della città di Gerusalemme. La parte antica della città si estende su una lunghezza di circa 1 km. Una delle attrattive principali di Mardin è costituita dall’ampio e disordinato bazar, che purtroppo però di domenica, quando noi siamo arrivati, è chiuso. Interessante la visita delle moschee, delle scuole coraniche e dell’ufficio
postale ricavato da un caravanserraglio. Si prosegue per Diyarbakir, costruita sulle sponde del fiume Tigri, che dista circa 100 chilometri. Con le sue mura in basalto offre un’atmosfera tipicamente orientale. La città è nota in Turchia soprattutto per
essere stata il centro del movimento di resistenza curdo, attivo soprattutto tra il 1980 e il 1990, ma recentemente di nuovo rivendicativo. La città nel corso degli ultimi decenni si è sviluppata a dismisura diventando una metropoli popolata da diverse etnie e tribù.
La principale attrattiva di Dyarbakir è costituita dalla sua grande muraglia in basalto, eretta probabilmente in epoca romana. Le mura oggi visibili, lunghe quasi 6 chilometri, risalgono però all’inizio dell’era bizantina (330 – 500 d.C) e sono straordinarie, sia viste dal basso, sia ammirate dall’alto dei bastioni. Si dice siano seconde solo alla Grande Muraglia cinese. Il massiccio
perimetro murario di basalto nero è intervallato da numerosi bastioni. L’atmosfera che si respira qui è ben diversa da quella
della tranquilla Sanliurfa. Nel breve tempo di una visita abbiamo assistito a vari episodi di violenza, che riguardavano però gli abitanti del luogo, non i turisti. Due giovani si sono presi a sassate, un adulto – forse derubato – ha estratto una rivoltella per minacciare un ragazzo, alcuni bimbi a cui abbiamo dato delle monete, si sono azzuffati per appropriarsene. Purtroppo, essendo domenica, anche qui il bazar era chiuso, ma le guide assicurano che passeggiandovi “si captano immagini, suoni, fragranze e corpi in movimento, che sembrano preludere all’universo brulicante del continente asiatico”.
Si prosegue quindi per Katha (170 km). La strada indicata su molte carte geografiche ancora in circolazione non esiste più. È stata inondata dopo la costruzione della diga Hataturk, che ha permesso di irrigare vastissime zone della pianura mesopotamica. Si deve quindi attraversare in traghetto (che parte circa ogni ora) il fiume Eufrate per raggiungere la sponda opposta e proseguire per Katha.

Alba indimenticabile sul Monte Nemrut
Durante la notte si sale con piccoli autobus e poi a piedi sul Monte Nemrut, per assistere all’alba, con il sole nascente che illumina le imponenti statue di pietra. Si tratta di uno dei momenti più suggestivi del viaggio. Questo luogo costituisce la principale attrattiva della Turchia orientale. Le enigmatiche statue che campeggiano sulla cima del monte sono diventate un simbolo di questo paese. Lo straordinario paesaggio circostante, i reperti storici e l’innegabile aura di misticismo che
aleggia sul sito fanno di questo parco archeologico un luogo imperdibile. Con il piccolo bus, in un’ora circa, si arriva a 600 metri dalla vetta, che si raggiunge poi in 20 minuti a piedi. “La cima – spiega la guida Lonely Planet – assunse la sua forma attuale quando un re megalomane dell’età pre romana commissionò la costruzione di due ampie terrazze artificiali e vi fece costruire diverse statue monumentali che lo raffiguravano insieme alle divinità (sue ‘parenti’) ed in mezzo un tumulo di massi di roccia alti 50 metri. È ipotizzabile che sotto queste tonnellate di pietra si trovino le tombe del re e di tre membri femminili della sua famiglia, ma nessuno può dirlo con certezza. I terremoti hanno decapitato gran parte delle statue e oggi molti di questi busti colossali siedono davanti alle loro teste, alte 2 metri, che si trovano in basso”. Si tratta di un’esperienza davvero emozionante. Quando arrivate sulla cima è ancora notte e vi trovate di fronte massi di pietra assolutamente insignificanti. Man mano che passano i minuti quelle pietre si animano. Emergono dal buio della notte per presentarsi con tutto il loro fascino assorbendo i colori dell’alba.
Terminato questo spettacolo si scende per riprendere la strada verso Katha. Ma le sorprese non sono finite. Dopo pochi chilometri si visita Eski Kale (Arsamela). Un sentiero porta ad alcune stele, di cui una perfettamente conservata raffigurante Mitra (o Apollo), dio del sole, con un copricapo dal quale si irradiano i raggi. Raggiunta la cima piatta della collina, da cui si gode una magnifica vista, si scorgono i resti delle fondamenta della capitale di Mitridate. Proseguendo in direzione di Katha a Yeni Kale si ammirano da lontano le rovine di un misterioso castello dei mamelucchi del XII secolo, costruito sulla cresta di una roccia con la quale si è perfettamente mimetizzato. Dopo pochi chilometri la strada attraversa il fiume Cendere su un moderno ponte. Sulla sinistra si ammira invece un imponente ponte romano a schiena d’asino, risalente al II secolo a.C., costruito in onore dell’imperatore Settimo Severo. Raggiunta Katha vi attende ancora una lunga trasferta (circa 7-8 ore) prima di arrivare in Cappadocia, altra meta spettacolare del nostro viaggio. Le strade sono scorrevoli, i paesaggi montagnosi affascinanti.

In Cappadocia tra i “camini delle fate”
Alla visita della Cappadocia, meta principale del nostro viaggio, dedichiamo tre giorni: il tempo appena necessario per visitare in torpedone i luoghi principali di questo spettacolare angolo di terra. Dopo questa visita avrete voglia di ritornare per percorrere a piedi queste valli incantate. I tour “mordi e fuggi” normalmente si trattengono in Cappadocia un solo giorno.
Nel cuore della Turchia si estende questo paesaggio lunare, uno scenario surreale di antiche chiese e case ricavate nella roccia, villaggi pittoreschi ricchi di tradizioni. Lo splendido paesaggio è costituito da friabile tufo vulcanico scolpito dall’acqua e dall’erosione nel corso dei millenni. Anche la luce è spettacolare e regala struggenti sfumature dal bianco abbagliante al senape, passando per il rosso mattone, con la cima innevata del Monte Argeo, che si staglia sullo sfondo.
La Cappadocia, un tempo cuore dell’impero ittita, divenne un regno indipendente e infine una vasta provincia romana citata più volte nell’Antico Testamento.
Un’occasione da non perdere è l’escursione in mongolfiera, sebbene il costo sia piuttosto elevato: 150 euro per persona, per un’ora di volo. Si parte all’alba per ammirare i cosiddetti “camini delle fate” assorbire i colori del primo sole. L’abilità del conduttore di nazionalità inglese è davvero eccezionale: scende tra le rocce per sfiorarle e poi riprendere quota. Lo spettacolo è indescrivibile. Un’altra interessante proposta durante il soggiorno in Cappadocia consiste nella danza dei dervisci, che si tiene ogni sera nelle suggestive sale interne del carravanservaglio di Avanos. L’esibizione è interessante, composta e non eccessivamente turistica.

L’itinerario classico
Nel museo all’aperto di Göreme, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, potete ammirare un gruppo imperdibile di chiese, cappelle e monasteri bizantini scavati nella roccia. La visita richiede dalle due alle tre ore. Il villaggio di Uchisor è da manifesto turistico. Salendo verso la piazza principale si scopre un paesaggio entusiasmante. Dal castello la vista sulla valle, come scrive la Guide Bleu “vous coupera le peu de souffle qui vous restera après l’ascension”. Altra tappa imperdibile è Zelve, che dal IX al XIII secolo fu ritiro monastico. Venne quindi abitato dalla gente del luogo fino al 1952, data in cui la stabilità geologica della valle fu giudicata inadeguata per consentire l’insediamento umano. Oggi, con le sue abitazioni rupestri, le cappelle, le piccionaie e una spartana moschea provvista di minareto a colonnette, è un paesino museo, dal quale avete l’impressione che gli abitanti siano partiti il giorno prima.
Ma il luogo forse più suggestivo di questa prima giornata è la cosiddetta Valle delle Fate, dove potete passeggiare a lungo, perdendovi tra le rocce forgiate dall’acqua e dal vento, che costituiscono un incredibile museo di sculture naturali. Ne rimarrete incantati e vi pentirete di non avere più tempo da trascorrere in quel luogo fatato.

Città sotterranee di 4’000 anni fa
La seconda e la terza giornata sono invece dedicate alla scoperta di una Cappadocia meno turistica. Il secondo giorno inizia con la visita delle due città sotterranee di Kaymakli e di Derinkuyu. In Cappadocia sembra che siano state scoperte a tutt’oggi un’ottantina di città sotterranee. Le più antiche risalgano all’epoca ittita, ossia a 4000 anni fa. Sembra comunque sicuro che fossero occupate già nel VII secolo a.C. Ne parla anche lo storico greco Senofonte. In tempo di pace gli abitanti di questa regione vivevano in superficie coltivando la terra, ma quando correvano il pericolo di un’invasione si rifugiavano nelle loro abitazioni trogloditiche, dove potevano vivere in tutta sicurezza anche per sei mesi consecutivi. Kaymakli è scavata su otto livelli, di cui cinque accessibili, Derinkuyu è invece costruita su sette livelli. Proseguiamo in direzione di Nigde per raggiungere il monastero di Eski Gümüsler. È scavato nella roccia e vanta alcuni affreschi bizantini, realizzati tra il VII e l’XI secolo, tra i meglio conservati della Cappadocia.
Si continua verso Yesilhisar, dove si svolta a destra per Soganli, un luogo di grande suggestione, ma discosto dai più frequentati itinerari turistici. La visita delle due vallate, con le loro antiche chiese rupestri, che in epoca romana ospitarono alcune necropoli e in epoca bizantina furono abitate da monaci, richiederà un paio d’ore. Si prosegue quindi fino a Damsa, passando per Kocali e Suves. Sul tragitto si incontrano alcuni “camini delle fate” e alcune chiese rupestri. A Damsa, in una bella oasi, si ammirano la moschea e un edificio diroccato dell’epoca selgiuchide, probabilmente una medersa (scuola coranica). A Cemil si visita la chiesa di St. Etienne. Si giunge infine a Mustafapasa. Fino alla prima guerra mondiale fu un insediamento greco-ottomano. Si tratta di una località piacevolmente tranquilla con belle dimore scavate nella pietra e diverse chiesette rupestri. Di particolare interesse la chiesa di San Basilio del XII secolo, arroccata sulla cima di un dirupo.

I caravanserragli alberghi d’altri tempi
Ultima giornata in Cappadocia. Partiamo in direzione di Konya, ma giunti ad Aksaray raggiungiamo, a 45 chilometri, la valle di Ihlara: una zona remota, che un tempo si chiamava Peristrema e rappresentava uno dei luoghi di ritiro preferiti dai monaci bizantini. Di quell’epoca sono sopravvissute decine di chiese rupestri decorate con dipinti. Percorriamo solo la parte centrale della valle che collega i villaggi di Ihlara e di Belisirma. Ci vogliono circa tre ore a piedi. Informatevi sullo stato della strada prima di partire. Proseguiamo in direzione di Konya, che si trova a circa 150 chilometri. A 42 chilometri da Aksaray, nel desolato villaggio di Sultanhani, si visita l’omonimo caravanserraglio selgiuchide. Fu costruito nel 1229, durante il regno del sultano selgiuchide Alaettin Keykubad I, e dopo i restauri, effettuati nel 1278 in seguito a un incendio, divenne il più grande caravanserraglio della Turchia. Di caravanserragli è cosparso il paese. Si trattava di una sorta di albergo, dove i commercianti che trasportavano merci dall’Europa all’Oriente e viceversa potevano sostare gratuitamente e al sicuro per la notte con i loro animali da trasporto (cammelli, muli, asini e cavalli).

Konya, la capitale dei Dervisci danzanti
Ed eccoci giunti a Konya, storica capitale dei Selgiuchidi e città del Mevlâna. Agli inizi del 1200 la dinastia selgiuchida contenne definitivamente i crociati sulle coste. Raggiunse un accordo con i bizantini, egemonizzò i propri concorrenti e fondò un sultanato autonomo scegliendo Konya – città esistente all’epoca romana – come propria capitale. Nel 1200 il mistico persiano Mevlâna Gialâl Ud-Din Rûmi scelse di fermarsi a Konya, dove fondò l’ordine monastico dei Mevlevi, conosciuti in occidente come Dervisci danzanti, sciolti da Atatürk nel 1925. Figura di rilievo del mondo islamico Mevlâna fu il portatore di una corrente mistica che conseguiva la sublimazione dell’anima con una danza rituale resa frenetica dal ritmo delle percussioni. Punto cruciale della visita il Museo Mevlâna, che ospitava un tempo il convento dei Dervisci rotanti, che è visibile da una certa distanza per la sua inconfondible cupola ricoperta di splendide maioliche turchesi. Di particolare interesse anche la tomba di Mevlâna, che risale all’epoca Selgiuchide. Konya offre anche altri interessanti monumenti, come la moschea Alaettin di origine selgiuchida, il museo Karatay (attualmente in restauro) con la sua straordinaria collezione di ceramiche, la scuola di ceramica Sircali con le sue splendide maioliche turchesi e il museo archeologico con il suo particolare sarcofago romano di Sidamara (250 d.C.), che presenta straordinari rilievi raffiguranti le fatiche di Ercole. Interessante anche la visita del bazar, che mantiene un certo fascino, malgrado la modernizzazione della città.

Guide consigliate
– Le Guide Mondadori, Turchia, Milano 2004
– Touring Club Italiano, Guide d’Europa, Turchia, Milano 2003
– Touring Club Italiano, L’Europa e i paesi del Mediterraneo, Turchia, Cipro, Malta, Milano 2006
– Qui Touring Speciale Mondo, Turchia, Milano 2005
– Lonely Planet, Turchia, Torino 2005
– Les Guides Bleus, Turquie, Paris 1978
– Clup. Guide, Turchia, Milano 1994

Itinerario
1° giorno: Volo Milano-Istanbul-Gaziantep. Trasferta a Sanliurfa in torpedone.
2° giorno: Sanliurfa e Harran.
3° giorno: Spostamento in torpedone a Mardin (175 km da Sanliurfa), quindi a Diyarbaki. Si prosegue per Katha.
4° giorno: Visita del monte Nemrut. Si prosegue per la Cappadocia.
5° giorno: Visita della Cappadocia.
6° giorno: Visita della Cappadocia.
7° giorno: Visita della Cappadocia.
8° giorno: Konya.
9° giorno: Konya-Istanbul-Milano.

Un tuffo nel passato dell’antica Ragusa

Vi suggerisco oggi un vero gioiello architettonico, forse il più prezioso dell’Adriatico dopo Venezia: Dubrovnik, l’antica Ragusa. È una meta scomoda da raggiungere in automobile, ma da giugno a fine settembre Darwin Airline offre collegamenti settimanali da Lugano, Ginevra e Zurigo. Clima dolcissimo, città molto tranquilla anche di sera, Dubrovnik è la meta ideale per un fine settimana, soprattutto in settembre. Quando cala la notte e se ne vanno i turisti che visitano la città in giornata, l’atmosfera diventa magica: le pietre quasi bianche, lucidate dai secoli, con cui sono pavimentate le strade riflettono la luce dei discreti lampioni. Vi sembrerà di tornare indietro nel tempo, perché la notte cancella ogni segno della modernità. Percorriamo allora assieme il suggestivo centro storico immergendoci nel passato e immaginando come scorreva la vita quando Ragusa era un’importante Repubblica marinara (1358-1806).
Entriamo dalla Porta Pile. Anticamente, quando arrivava il buio si sollevava il ponte levatoio e si chiudevano le porte della città. Di fronte alla porta si innalza la rotonda fontana di Onofrio, coronata da una cupola che sembra ricordare la vicinanza dei turchi e dove i ragusei venivano per approvvigionarsi di acqua. In faccia sorge il monastero francescano, di stile tardo romanico, che ospita una delle farmacie più antiche del mondo, dove, si dice, venivano distribuiti medicamenti a tutta la popolazione: indipendentemente dal ceto sociale. Incamminiamoci ora lungo la romanticissima Placa, denominata anche Stradun, l’asse che collega le due principali porte della città. Sulla via si affacciano numerose botteghe: immaginiamo esposte le merci di un tempo, a testimonianza dell’importanza che il commercio rivestiva per l’antica Repubblica. In una viuzza laterale una ruota incastrata in una finestra, oggi murata, ci ricorda il drammatico problema dei figli illegittimi. La ruota permetteva di far passare il neonato all’interno dell’edificio, dove veniva accolto dalle religiose. Proseguiamo il nostro percorso nel tempo e arriviamo in Piazza della Loggia, dove si teneva un affollato e rumoroso mercato. Sulla piazza si affacciano anche il Palazzo Sponza, dove venivano svolte le pratiche doganali, e la chiesa di San Biagio, patrono e protettore della Repubblica.
Poco distante si trova il palazzo del Rettore: residenza del personaggio chiave della Repubblica. A pochi passi sorge la cattedrale, sede del potere ecclesiastico, con il suo prezioso tesoro, che custodisce i famosi reliquiari di San Biagio. Raggiungiamo ora il porto antico, luogo eletto di una Repubblica marinara, protetto dal quattrocentesco “Forte San Giovanni”. La Repubblica giunse ad avere una flotta mercantile di 250 navi. Prima di giungere all’altra porta della Città (Porta Ploce) passerete davanti al monastero dei frati domenicani: dall’esterno sembra una fortezza integrata nel sistema difensivo delle mura, mentre all’interno propone un leggero ed elegante chiostro. Non lasciate la città senza averla visitata dall’alto percorrendo gli oltre due chilometri di mura, con incredibili panorami sul centro storico e sulla splendida costa.

Tra medioevo e rinascimento

Dopo la proposta imperniata sulla regione del Chianti , rimaniamo in Toscana, ma ci spostiamo a sud di Siena. La gita dura unagiornata in partenza da Firenze.
Prendete la superstrada che collega Firenze a Siena e uscite a Monteriggioni, prima tappa del nostro itinerario. E’ uno dei borghi medievali più affascinanti della Toscana. Adagiata su una dolce collina della campagna senese, Monteriggioni appare già da lontano con le sue mura che si stagliano nel cielo e che racchiudono un minuscolo villaggio costruito attorno a un’unica via, a cui si accede da due porte.
Raggiungete, a una trentina di chilometri a sud di Siena, l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, immersa in un raro bosco di cipressi. Il monastero benedettino in mattoni rosa fu fondato nel Trecento. E’ famoso per i magnifici stalli cinquecenteschi del coro e per lo straordinario ciclo di affreschi di fine Quattrocento, dipinti da Luca Signorelli e da Sodoma, che narrano la vita di san Benedetto. Passando per il piccolo borgo agricolo di Buonconvento, situato sull’antica via Cassia, a una ventina di chilometri scorgerete da lontano Montalcino con la sua cinta muraria del Duecento e la rocca trecentesca, famoso in tutto il mondo per il suo straordinario vino, considerato uno dei più prestigiosi d’Italia. Ogni autunno, in occasione della Sagra del tordo, i quattro quartieri del borgo si sfidano in una gara di tiro con l’arco in piazza del Popolo, davanti all’austero Palazzo Comunale del ‘200.
A una decina di chilometri a sud di Montalcino si trova la suggestiva abbazia benedettina di Sant’Antimo, che sorge nei campi tra gli ulivi e i cipressi in un tipico angolo di campagna toscana. Costruita nel XII secolo, costituisce un bell’esempio di stile romanico. Risaliamo circa 35 chilometri in direzione nord ovest per raggiungere l’incantevole Pienza, adagiata anch’essa su una collina che si erge sull’armoniosa campagna. E’ famosa soprattutto per la sua piazza centrale, considerata un esempio perfetto di unità stilistico-urbanistica del Rinascimento. Quando Enea Silvio Piccolomini, nativo di Pienza, uomo di lettere e di grande cultura umanistica, venne eletto pontefice nel 1458 affidò all’architetto fiorentino Bernardo Rossellino, allievo dell’Alberti, il progetto utopico di creare una “città ideale” dell’Umanesimo. Capolavoro del Rossellino è considerato il Palazzo Piccolomini, che si affaccia sulla piazza e propone uno dei primi giardini pensili, da cui si gode una splendida vista sul vasto scenario della valle dell’Orcia.
Il nostro itinerario si conclude a Montepulciano, un’altra incantevole cittadina tipicamente rinascimentale, che diede i natali a uno dei più squisiti poeti del tempo: Angelo Poliziano, grande amico di Lorenzo il Magnifico. Passeggiando per le vie del centro storico rimarrete affascinati dagli splendidi palazzi, opera del Michelozzo e del Sangallo. Giunti in Piazza Grande non mancate di salire sulla torre per godere un panorama indimenticabile sulla città e i suoi dintorni. Terminata la visita, prima di dirigervi verso l’autostrada del sole per rientrare a Firenze, visitate ai piedi della collina la chiesa della Madonna di San Biagio, capolavoro di Antonio da Sangallo.

Sulle strade del Chianti

La Toscana è una regione che conosco molto bene, perché ho studiato a Firenze e da allora vi torno una o più volte ogni anno. Vi propongo un itinerario circolare di una giornata nei suoi dintorni. Prevede la visita della regione del Chianti, con una brevissima puntata a Siena, da raggiungere il mattino come prima tappa. Seguendo la veloce superstrada ci impiegherete meno di un’ora. Quando arrivate parcheggiate nei pressi dello stadio (è indicato), dove troverete certamente posto. Seguendo il corso principale arriverete in Piazza del Campo, sostando magari per un caffé alla pasticceria Nannini, quella della famiglia della cantante, dove potrete acquistare il famoso panforte. Rimarrete incantati da questa piazza del Trecento, una delle più suggestive d’Italia e del mondo, dove ogni anno si svolge il palio. Proseguite fino alla cattedrale, dove si ammira l’incredibile pavimento del XV e XVI secolo, recentemente restaurato e unico al mondo: presenta 56 riquadri di marmo che raffigurano personaggi mitici, eseguiti a graffito o a intarsio. Apprezzerete anche il pulpito di Nicola Pisano del Duecento e la Libreria Piccolomini affrescata dal Pinturicchio nel Cinquecento. Di Siena avrete avuto solo un assaggio, quanto basta per avere voglia di tornare a visitare meglio questa splendida città.
Lasciamo Siena in direzione di Castelnuovo Berardenga, dove avremo un primo assaggio della splendida regione del Chianti. L’armonia delle dolci colline, la miscela dei verdi scuri dei cipressi, di quelli vivaci della vigna e argentei degli ulivi, il fascino dei borghi medievali, dei castelli, delle abbazie vi stregheranno e nelle giornate buie dell’inverno vi torneranno alla mente questi paesaggi incantati, che non esistono solo in cartolina. Passando per San Gusme, un villaggio agricolo costruito interamente in pietra, giungerete al castello di Brolio, che dall’XI secolo appartiene alla famiglia Ricasoli, noti produttori di vino. Dalle mura, opera di Sangallo, godrete di una vista straordinaria. Proseguendo verso nord, passando per il suggestivo Castello di Meleto (proprietà privata), giungerete a Badia a Coltibuono, un’abbazia dell’XI secolo situata in un paesaggio isolato e montano, dove si produce ottimo olio e vino. Il nostro itinerario prosegue lungo la cosiddetta Via Chiantigiana e attraversa tre incantevoli borghi medievali: Radda in Chianti, Castellina in Chianti (famosa la Via delle Volte: quasi interamente ricoperta, addossata alle mura, permetteva di fare il giro della roccaforte a cavallo) e Greve in Chianti con la sua graziosa piazza a forma di imbuto. Proseguite in direzione ovest per Montefioralle, un piccolo gioiello, dove vi consiglio di percorrere la via principale a ferro di cavallo. Il nostro itinerario si conclude nella splendida abbazia romanica di Badia a Passignano, passando dalle zone di produzione del vino toscano più prestigioso: il Solaia di Antinori.