Assisi – Ripercorrendo strade e valli di un soldato diventato santo

Assisi – A lezione di umiltà e gioia lungo la strada del silenzio

In compagnia di Padre Callisto sulle tracce di San Francesco, lungo conventi, simboli sacri e preziose chiese che si sono miracolosamente salvati dal terribile terremoto di qualche anno fa.

Chiunque salga sul colle della città serafica non può sfuggire a una suggestione indescrivibile, misteriosa, impalpabile, del tutto diversa dalla bellezza della valle umbra”. Così Lina Duff-Gordon, compagna di viaggio del critico d’arte Bernard Berenson, descriveva nel 1900 la sua emozione davanti ad Assisi. Un’emozione che prova anche il viaggiatore contemporaneo di fronte a questa città così unitaria e ricca di significati legati alla straordinaria figura di San Francesco il cui messaggio rimane sempre di grande attualità. La visitiamo con padre Callisto Caldelari, frate ticinese molto amato dalla gente, perché cerca ogni giorno, e con successo, di interpretare in chiave moderna il messaggio di Francesco. La nostra visita sarà cronologica e seguirà le tappe principali della vita del santo.
Giunti ai piedi della collina su cui sorge questa incantevole cittadina umbra, ci fermiamo per ammirarne l’unità architettonica. “Il villaggio – ci spiega la nostra guida d’eccezione – è costruito in pietra rosa proveniente dai monti del Subasio, le montagne retrostanti dove Francesco si ritirava a meditare. Le case moderne in cemento sono colorate di rosa per non compromettere il colpo d’occhio da lontano”.

La casa natale di San Francesco
Il nostro itinerario inizia davanti alla Chiesa Nuova eretta nel 1615, a spese di re Filippo III di Spagna, sui resti della supposta casa paterna di San Francesco. Davanti alla chiesa un monumento è dedicato ai genitori del santo. Il padre, Pietro Bernardone, era un commerciante di stoffe che acquistava il materiale in Provenza e aveva laboratorio ad Assisi. Durante un viaggio d’affari conobbe donna Pica, che diventò sua moglie. Per questa ragione Francesco parlava bene la lingua provenzale. Dalla madre ereditò anche il suo spirito allegro.
Nella seconda metà del XIII secolo, al tempo di Francesco, si stava profilando una nuova classe sociale, quella dei ricchi commercianti, a cui apparteneva anche la sua famiglia. Pietro Bernardone aveva però l’ambizione di far acquistare al suo casato il titolo nobiliare. Per ottenerlo esisteva una sola strada: distinguersi in guerra. Francesco venne destinato a questo compito. Giovane brillante e vivace, combatté dapprima una battaglia contro i Perugini e quindi decise di partire per le crociate. Ma giunto a Spoleto, distante pochi chilometri da Assisi, secondo la tradizione un sogno gli rivelò che stava compiendo una scelta sbagliata. Tornò allora nella sua città natale e decise di cambiar vita, deludendo le aspettative del padre. Fece voto di povertà, curò i lebbrosi, vendette le stoffe dell’azienda di famiglia per distribuire il ricavato ai poveri. Per queste sue scelte venne rifiutato dal suo ceto sociale e Pietro Bernardone lo denunciò e lo imprigionò per furto (secondo il diritto romano il padre aveva diritto di vita e di morte sui figli e sulla moglie). Sotto le fondamenta della Chiesa Nuova sono ancora conservate la prigione che ospitò il santo, la sua abitazione e il negozio di Pietro Bernardone. È giunta fino ai nostri giorni anche la cosiddetta “porta dei morti”. Nel Medioevo i defunti lasciavano la casa da una porta speciale che veniva aperta solo per il passaggio delle bare. Utilizzarla da vivi portava male, ma Francesco abbandonò la sua casa natale passando simbolicamente proprio da questa porta per abbracciare una nuova vita.
La sua prima dimora fu la graziosa chiesetta di San Damiano, che si trovava fuori dalle mura della città.

Chiara segue Francesco
Prima di lasciare il centro storico per scendere a San Damiano, padre Callisto ci conduce alla basilica di Santa Chiara e racconta la storia di Chiara, una giovinetta che si era probabilmente innamorata di Francesco e che all’età di diciotto anni lasciò pure lei la propria casa (fu poi seguita da due sorelle e dalla madre), fece voto di povertà e come Francesco dedicò la sua vita ai poveri nel convento di San Damiano, la prima dimora di Francesco che poi l’abbandonò per cederla a Chiara e alle sue compagne. Quando Chiara morì a San Damiano nel 1252, il papa invitò le suore a lasciare quella chiesetta fuori dalle mura, perché ritenuta poco sicura, per trasferirsi nella chiesa di San Giorgio in attesa che venisse costruito il convento di Santa Chiara, che avrebbe ospitato l’ordine della clarisse. Si narra che il papa riconobbe l’ordine proprio il giorno prima della morte di Chiara. Le suore lasciarono San Damiano per trasferirsi in città, ma portarono con loro il crocefisso che secondo la tradizione aveva parlato a Francesco, confermandolo nella sua vocazione (“Francesco, va e ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina”). Si tratta di un crocefisso bizantineggiante con il Cristo vivo attorniato dai santi. Lo si può ammirare nella chiesa di Santa Chiara, che ospita anche la suggestiva tomba della santa.

La prima dimora di Francesco
Ma torniamo a Francesco, che dopo aver rotto con il padre (“Non dirò più padre mio Pietro di Bernardone, ma unicamente Padre nostro che sei nei cieli”) ed aver lasciato la sua casa si ritirò a San Damiano. La chiesetta si trova ancora oggi immersa nella splendida campagna umbra. Il sentiero che in un quarto d’ora circa porta dal convento di Santa Chiara a San Damiano scorre tra ulivi e cipressi in un paesaggio di pace. Quando Francesco giunse in questo luogo la chiesetta esisteva già, era amministrata da un sacerdote e molto mal ridotta. Assieme a un gruppo di compagni, che lo seguirono nonostante fosse stato ripudiato dalla sua famiglia e dal suo ceto sociale, Francesco sistemò per bene San Damiano prima di cederlo a Chiara, dove la santa trascorse la sua vita con le compagne. Mentre era ancora a San Damiano Francesco chiese al suo vescovo l’autorizzazione di predicare. Questi non si assunse la responsabilità di quella decisione e lo mandò dal papa, che gli concesse il permesso.
Questa idilliaca chiesetta immersa nel verde si presenta in ottime condizioni. Si possono visitare i luoghi in cui visse Chiara con le sue monache: il refettorio, il dormitorio, l’infermeria in cui la santa, morta a 59 anni, venne curata e la cappella da cui ascoltava la messa.

Verso la chiesetta della Porziuncola
Lasciato San Damiano a Chiara, Francesco si trasferì nel piccolo “tugurio” detto Rivotorto, che dista non molti chilometri. Francesco non vi rimase a lungo perché un contadino rivendicò quel luogo per ospitare i suoi asinelli. Da lì Francesco, che era spesso assente da Assisi perché viaggiava moltissimo (in Italia, Francia, Spagna e persino in Egitto e in Palestina), si trasferì verso la sua ultima dimora: la chiesetta della Porziuncola. Prima di raggiungerla si passa davanti al luogo in cui vivevano i lebbrosi, emarginati dai sani e segnalati con un campanello al collo.
Da lontano si scorge l’imponente chiesa di Santa Maria degli Angeli, dentro la quale è conservata la chiesetta della Porziuncola, dove il santo morì. “Frate Francesco – scrisse Giosuè Carducci – quanto d’aere abbraccia/ questa cupola bella del Vignola, / dove incrociando a l’agonia le braccia / nudo giacesti sulla terra sola!” (Rime Nuove, XV, 1861-67). Il maestoso edificio, costruito attorno alla chiesetta, nascose agli occhi del poeta la sede autentica di Francesco, la cappella annerita e minuscola miracolosamente salva dal terremoto del 1832: è questa la miglior metafora di un personaggio tradito dalla ricezione della storia.
Francesco e i suoi seguaci vivevano in capanne sparse attorno alla graziosa chiesetta, molto ben conservata. Quando Francesco sentì che la morte si avvicinava si fece trasferire in una capanna vicino alla Porziuncola e posare nudo sulla terra. Spirò cantando “Laudato sii mi Signore per sora nostra morte corporale…”.

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