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I parchi nazionali del “Far West” negli Stati Uniti offrono certamente alcuni dei paesaggi più spettacolari e straordinari al mondo. L’itinerario che tocca gli stati della California, dell’Arizona, dello Utah e del Nevada richiede tra i 15 e i 20 giorni per visitare velocemente anche Los Angeles, San Francisco e la suggestiva costa atlantica che collega queste due metropoli molto particolari.
Un volo Swiss diretto collega Zurigo a Los Angeles in tredici ore all’andata e undici al ritorno. Si arriva nella metropoli californiana la sera e il mattino seguente si può iniziare subito l’itinerario, rimandando la visita di Los Angeles alla fine del viaggio, oppure si può fare il contrario.

Da Los Angeles a Palm Springs
Lasciata Los Angeles ci inoltriamo quasi subito nel deserto e in un paio d’ore – 200 chilometri circa – si raggiunge Palm Springs, una sorta di oasi di lusso assurta agli onori della cronaca negli anni Sessanta quando veniva scelta come meta di vacanza da artisti famosi come Frank Sinatra ed Elvis Presley. Da allora molte persone facoltose hanno costruito le loro ville in quartieri con strade perpendicolari che paiono tracciate con il righello. Prima dell’arrivo degli Yankee la zona era abitata dalle tribù indiane dei Cahuilla (oggi gestiscono le case da gioco della valle) attratte dalle acque che scendono dalle San Jacinto Mountains, che costituiscono il vero punto di interesse del luogo. In dieci minuti, con una funivia di fabbricazione svizzera e rotante su sé stessa – per garantire la splendida vista a tutti gli occupanti – si sale fino a 3 mila metri, passando dal deserto a una vegetazione alpina e compiendo un’escursione termica equivalente a quella che si registra spostandosi in automobile dal Messico al Canada. Il panorama spazia dal deserto all’oasi di Palm Springs punteggiata da campi da golf e da centri di villeggiatura d’élite, che contrastano con i pini caratteristici dei percorsi escursionistici che si diramano dalla vetta. Ma per noi è ora di proseguire verso la regione del Grand Canyon. Facciamo tappa per la notte a Kingman in Arizona, un anonimo agglomerato di stazioni di servizio e di motel, in uno dei quali ci fermiamo posteggiando la nostra automobile sotto la camera che ci ospiterà per la notte: proprio come si vede nei film americani.
Il mattino seguente partiamo per il Grand Canyon percorrendo un lungo tratto della mitica Route 66, quella che il romanziere John Steinbeck chiamò la “Mother Road”, la madre di tutte le strade, costruita nel 1926 per collegare Chicago con la lontana Los Angeles. Ricordate il film “On the road” in cui il protagonista percorre questa storica arteria a bordo di una Harley Davidson?
Città di riferimento del famoso parco è Grand Canyon Village, solito centro squadrato e senz’anima, ricco di motel e stazioni di servizio, che raggiungiamo in fine mattinata. Se si prenota con molto anticipo si ha forse la fortuna (che noi non abbiamo avuto) di trovare posto a El Tovar hotel, una struttura in legno d’inizio Novecento situata sui bordi del precipizio del Grand Canyon.

Grand Canyon l’arte della natura
Nessuna fotografia e nessuno testo può descrivere ciò che si vede e si prova di fronte al Grand Canyon. È un’esperienza che va vissuta di persona e che vi consiglio caldamente di fare. Ogni descrizione rischia di essere banale. Posso solo dire che mentre camminavamo per circa quattro ore lungo il precipizio e ci si presentavano visioni sempre diverse con colori continuamente differenti, esaltati dalle diverse posizioni del sole, pensavo che nessun essere umano riuscirà mai ad eguagliare la straordinaria potenzialità artistica della natura.
Ci sono voluti quasi due miliardi di anni per creare questa meraviglia, una fessura lunga 445 chilometri, larga 16 e profonda circa 1600 metri, con centinaia di canyon laterali. All’alba e al tramonto la luce colora in modo intenso e magico le pareti rocciose: strisce di verde, blu, porpora, rosa, arancione, oro, giallo e bianco definiscono una successione di antichi strati, che permettono di effettuare uno straordinario viaggio geologico a ritroso nel tempo.
Questo luogo affascina i visitatori sin dai primi anni della rivoluzione industriale, quando giungevano nel canyon alla ricerca dell’ideale romantico della natura selvaggia per abbracciare il concetto di bellezza sublime. Oggi è visitato annualmente da cinque milioni di turisti provenienti da ogni angolo del mondo. In automobile si giunge fino al Visitor center del versante sud (quello nord è raramente visitato), da cui si prosegue con un efficiente servizio gratuito di bus navetta che collega i vari punti panoramici. Una comoda passeggiata di circa 12 chilometri a picco sul precipizio collega i “view points” più spettacolari del lato sud-ovest. Vale la pena di percorrerla in 3-4 ore perché i panorami si modificano davanti a voi come in un caleidoscopio. Sul fondo si scorge dall’alto il tranquillo percorso del fiume Colorado, che ha scavato il canyon nel corso di milioni di anni. I più allenati possono anche scendere al fiume, ma l’escursione richiede due giorni, dato l’elevato dislivello (oltre 1600 metri) e le temperature del periodo estivo, che soprattutto in basso superano facilmente i 40 gradi.

Antelope Canyon e Monument Valley
Il mattino seguente percorriamo in automobile il lato sud-est, che propone altri belvedere con panorami spettacolari. In tre ore (220 km) raggiungiamo la cittadina di Page, da dove parte un’escursione organizzata (è necessario prenotare, anche via internet), per visitare l’Antelope Canyon, uno straordinario corridoio tra due pareti rocciose in arenaria considerato il paradiso dei fotografi e riprodotto in migliaia di immagini, ma stranamente trascurato dalle principali guide turistiche. L’escursione in fuoristrada attraversa alcuni chilometri di deserto in una riserva della tribù indiana Navajo prima di giungere al profondissimo e strettissimo canyon – in alcuni punti ci passa a malapena una persona – illuminato dalla luce che penetra dall’alto creando immagini molto particolari. La roccia è levigata e propone tutte le tonalità dal rosa al rosso porpora. Le fotografie che mostrano le sue venature e forme strane, esaltate dalla luce zenitale tenue, ricordano opere di scultura moderna. Lo spettacolo mi fa di nuovo riflettere sulle potenzialità artistiche della natura.
Usciti dal canyon, ci troviamo vicino al Lake Powell, un vastissimo lago artificiale navigabile. Ha sommerso una vallata e offre visioni surreali con spuntoni di roccia che emergono minacciosi e imponenti dalle acque tranquille. Lo si visita noleggiando imbarcazioni a bordo delle quali si possono trascorrere alcuni giorni. Il nostro programma di viaggio non prevede purtroppo questa opportunità, per cui proseguiamo verso la Monument Valley, che raggiungiamo nel tardo pomeriggio dopo altre due ore e mezzo di automobile (180 km). Si trova in una riserva indiana dei Navajo situata a cavallo tra gli stati dell’Arizona e dello Utah, dove cambia anche il fuso orario: è un’ora più avanti. Decidiamo di rimandare la visita del Parco nazionale all’indomani mattina anche perché alloggiamo al Goulding’s Lodge, un albergo storico che propone un piccolo museo sulla storia cinematografica del luogo, dove si può visitare la camera di John Wayne e assistere, in una piccola sala cinematografica, alle proiezioni di opere indimenticabili come “Il massacro di Fort Apache” del 1948 o “I cavalieri del Nord Ovest” dell’anno seguente che furono girati qui. Dal 1938, quando il celeberrimo regista John Ford girò in questi luoghi “Ombre rosse” con uno sconosciuto John Wayne nel ruolo di Ringo Kid, la Monument Valley divenne infatti il set prediletto dei film western. Il piccolo museo è un po’ trasandato e decadente, ma è forse proprio questo il suo fascino. Le fotografie ingiallite sono numerosissime e presentano gli attori che hanno alloggiato al Goulding’s. Molti anche i cartelloni di quei film che per me hanno rappresentato l’immagine dell’America del West.
La mattina alle 9 parte la nostra gita organizzata della durata di circa quattro ore in fuoristrada lungo le piste della Monument Valley guidati da un Navajo. Nudi contrafforti in arenaria e impervi pinnacoli di roccia si ergono fino a 300 metri di altezza da un terreno desertico relativamente piatto di sabbia rossa. Il sole basso del mattino esalta con una luce sorprendentemente intensa i colori della roccia. Con l’immaginazione vedo John Wayne cavalcare veloce in quel paesaggio da sogno, sicuramente tra i più spettacolari di tutta l’America.
Queste terre non vanno però purtroppo ricordate solo per i racconti epici dei film western, bensì anche in quanto teatro di una delle vicende più vergognose della storia statunitense: il trasferimento forzato di alcune migliaia di Navajo, noto come Long Walk (lunga marcia), per 500 chilometri verso il New Mexico. Dopo quattro anni di stenti fu infine concesso loro di tornare nelle loro terre. Oggi qui vivono ancora circa 100 mila nativi americani che parlano la propria lingua, un linguaggio così complesso che è stato usato come codice segreto dall’esercito statunitense durante la seconda guerra mondiale.

Itinerario

1° giorno
Zurigo-Los Angeles

2° giorno
Los Angeles

3° giorno
Los Angeles-Palm Springs (194 km)
Palm Springs-Kingman (386 km)

4° giorno
Route 66
Kingman-Seligman (140 km)
Seligman-Grand Canyon (160 km)

5° giorno
Grand Canyon-Page (220 km)
Page-Monument Valley (180 km)

6° giorno
Monument Valley-Arches Np (270 km)

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