Puglia – Nel magico Salento

Puglia – Dall’incanto dei Trulli sconfinando in Basilicata sino alla misteriosa Matera

Da Lecce e poi lungo la costa, un viaggio attraverso regioni dove si parla ancora un dialetto greco, per approdare a Otranto, “la bianca”. Le tappe sulla spettacolare litoranea che percorre il tacco dello “stivale” d’Italia per raggiungere Gallipoli, l’isola fortezza collegata alla terraferma da un antico ponte.

Occorre almeno una settimana per visitare i luoghi più significativi della Puglia, dal Salento al Gargano, con un breve sconfinamento in Basilicata per ammirare Matera, che da sola vale il viaggio. Il nostro affascinante itinerario circolare permette di scoprire le meraviglie del Barocco pugliese soprattutto a Lecce, Nardò e Martina Franca, le magnifiche e austere chiese romaniche sparse su tutto il territorio, borghi orientaleggianti rimasti intatti per secoli con case basse e bianchissime, spettacolari litorali, campagne armoniose popolate da uliveti millenari e vastissimi vigneti, paesaggi di fata come quelli dei trulli di Alberobello. Ma si fanno anche incontri speciali, come quello con Federico II, nipote del Barbarossa, che tanto amò queste terre, dove lasciò numerose testimonianze della sua poliedrica cultura. In particolare quel Castel del Monte, che potrebbe aver progettato lui stesso, ma che avrebbe potuto essere disegnato da un grande architetto del nostro tempo, tanto è essenziale la sua struttura. Se a tutto questo si aggiunge una cucina straordinaria, un’interessante produzione enologica, strutture ricettive di qualità, ci sono tutti gli ingredienti per una vacanza perfetta.
L’itinerario descritto si articola su circa 1.300 chilometri. Bari, da cui prende avvio il nostro viaggio in Puglia, è facilmente raggiungibile in aereo da Bergamo. Giunti sul posto è però indispensabile noleggiare un’auto.

Capitale del barocco
La più bella città italiana si trova in un lontano angolo del tacco: si ha l’impressione che architetti e scultori abbiano ereditato lo spirito e l’ingegno delicato dei greci, che anticamente hanno abitato queste zone”. Così scriveva nel 1717 il teologo irlandese George Berkeley nel suo diario di viaggio del Grand Tour. Sono passati tre secoli, ma lo stupore del turista davanti alle meraviglie del Barocco leccese rimane lo stesso. La città ha mantenuto inalterato il suo stile; si passeggia per una giornata intera nel centro storico, in gran parte pedonalizzato, senza vedere una costruzione moderna. I momenti più suggestivi per visitare Lecce sono il tramonto – quando gli edifici si tingono d’oro – e la notte, grazie a una splendida illuminazione.
La Firenze del Barocco”, come l’ha definita nell’Ottocento lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius, è un museo all’aperto. I luoghi di maggiore fascino sono senz’altro la chiesa di Santa Croce, massima espressione del Barocco leccese, e l’imponente e armoniosa piazza del Duomo, salotto della città che si apre tra via Libertini e via Vittorio Veneto. Il Barocco a Lecce rappresenta uno dei momenti più sorprendenti e coinvolgenti dell’arte italiana. È fiorito tra il Seicento e il Settecento per celebrare la potenza e la ricchezza dei nobili latifondisti locali. Palazzi, chiese e conventi sono stati costruiti e ristrutturati interpretando in modo esuberante e fantasioso questo stile. Ne sono scaturiti suggestivi portoni, finestre, altari e facciate eleganti, decorati con incredibili ceselli, colonne tortili, vasi, fiori, frutta e mostri ricavati dalla pietra locale tenera e docile allo scalpello.
Ma la città non si ferma al Barocco. Propone anche testimonianze di epoche più remote come il teatro e l’anfiteatro romani, che si trovano pure nel centro storico.
Uno dei piaceri di un viaggio in Puglia è rappresentato dalla gastronomia. A Lecce c’è solo l’imbarazzo della scelta: noi abbiamo gustato un eccellente pasto nella semplice ma ottima osteria “Semiserio”, situata alle spalle di piazza Sant’Oronzo.

Otranto, l’orientale
La seconda giornata del nostro itinerario è piuttosto impegnativa. Si concentra sulla costa del tacco. Prima di raggiungere il mare facciamo però tappa a Galatina per visitare gli splendidi affreschi nella chiesa di santa Caterina d’Alessandria, considerata uno dei più significativi monumenti dell’arte romanica in Puglia. I meravigliosi dipinti, che ricoprono interamente la basilica, furono realizzati nella prima metà del Quattrocento da pittori di scuola giottesca e raccontano storie del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Prima di raggiungere la costa si attraversa una regione dove si parla ancora un dialetto, il griko, che risale ai tempi della colonizzazione dell’antica Grecia. Siccome le rive elleniche distano appena una settantina di chilometri da quelle pugliesi, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 arrivarono in Puglia altri cittadini greci che rivitalizzarono l’influenza storica della loro patria importando anche riti ortodossi sopravvissuti per un paio di secoli. Il declino del griko ha coinciso con l’obbligo dell’insegnamento dell’italiano nelle scuole di tutto lo stivale a partire dal Novecento.
Poche decine di chilometri ci separano dalla candida e bianchissima Otranto, la città situata più a oriente d’Italia. Solare e mediterranea, dal cuore bizantino e dalla memoria saracena, circondata da possenti mura, i suoi stretti vicoli convergono verso la cattedrale. Per cinque secoli fu uno dei porti più importanti dell’impero bizantino, punto d’imbarco strategico verso l’Oriente. A testimonianza di quell’epoca rimane la chiesetta di San Pietro del IX-X secolo, officiata per lungo tempo dal clero greco che convisse con quello locale.
A ricordare il periodo saraceno rimane un triste episodio. Nel 1480 Otranto fu assediata da un esercito di 18mila musulmani. Dopo quindici giorni capitolò. Ottocento residenti, che si erano rifugiati nella cattedrale, vennero trucidati dopo essersi rifiutati di convertirsi all’Islam.
Lo splendido centro storico custodisce un’opera d’arte unica in Occidente: il mosaico della sua cattedrale romanica, risalente al 1163, sopravvissuto alla furia dei Turchi. Misura 54 metri di lunghezza e 28 di larghezza e si compone di 600mila piastrine. Il soggetto è un albero della vita, sorretto da due elefanti, attraverso il quale viene rappresentata la cultura del tempo, frutto di un’originalissima sintesi tra la tradizione locale e quella orientale. Presenta temi biblici, come quelli della torre di Babele o del diluvio universale; storici, come il trionfo di Alessandro Magno; e altri decisamente popolari, che raccontano la vita dei contadini, dei cacciatori, storie di animali e segni zodiacali. Per evitare spiacevoli disguidi meglio verificare gli orari di apertura, perché la chiesa fa una lunga pausa dalle 12 alle sino alle 15.

Lungo la costa del “tacco”
Riprendiamo il tragitto seguendo la litoranea che si snoda verso Marina di Leuca e propone uno dei più spettacolari paesaggi costieri della penisola. Là dove le acque dell’Adriatico s’incontrano con quelle del mar Ionio si ammirano bellissimi panorami sugli scogli. In particolare dal castello di Castro, un borgo medievale che offre anche una bella passeggiata lungo le mura.
All’estrema punta del Salento si raggiunge il santuario di Santa Maria di Leuca, che sorge a picco sul mare, in un luogo dove anticamente si pensava che finisse la terra (finis terrae). Secondo la tradizione, la basilica sarebbe stata fondata da San Pietro, che dopo aver convertito la popolazione trasformò un tempio pagano dedicato a Minerva in un luogo di culto cristiano. Meta di pellegrinaggio, distrutto a più riprese, si presenta oggi nella versione del 1720, quando fu ricostruito dopo le incursioni saracene.
Proseguiamo verso Gallipoli sulla strada nell’entroterra (S274), più veloce della poco spettacolare litoranea.

Gallipoli, la “città bella”
Il centro storico della bianchissima e orientaleggiante Gallipoli, caratterizzata come Otranto da case basse e vicoli stretti, si trova su un’isoletta collegata alla terraferma da un ponte edificato nel Seicento. La “Città bella”, dal greco kalé polis, circondata da possenti mura, acquista ancora maggiore fascino di notte, sia per la discreta illuminazione, sia perché ci sono meno turisti. È davvero piacevole perdersi nel labirinto di viuzze su cui si affacciano chiese e palazzi barocchi. Vale la pena pernottare nel centro storico, dove si trovano due affascinanti alberghi (Relais Corte Palmieri e Palazzo Mosco Inn) situati in antichi edifici.
Proseguendo in direzione di Matera, distante tre ore di automobile, è d’obbligo una tappa a Nardò, che si contende con Lecce il primato di perla del Barocco. Anch’essa conobbe il suo periodo di massimo splendore nel XVII e XVIII secolo con la presenza di un’università e di accademie letterarie. Colpita nel 1743 da un terribile terremoto venne in seguito in gran parte ricostruita. Per questa ragione conserva un insieme architettonico particolarmente omogeneo giunto fino ai giorni nostri.

Itinerario
1° giorno (150 km) Bari – Lecce
2° giorno (170 km) Lecce – Galatina – Solito – Otranto – Marina di Leuca – Marina di Pesculuse – Gallipoli
3° giorno (170 km) Gallipoli – Nardò – Massafra – Matera
4° giorno (100 km) Visita guidata dei Sassi di Matera – Matera – Altamura – Castel del Monte – Montegrosso
5° giorno (241 km) Montegrosso – Mattinata – Vieste – Peschici – Vico del Gargano – Monte Sant’Angelo – Mattinata
6° giorno (220 km) Mattinata – Trani – Polignano a Mare – Monopoli – Ostuni
7° giorno (80 km) Ostuni – Martina Franca – Locorotondo – Alberobello – Cisternino
8° giono (90 km) Ostuni – Bari

Per saperne di più
Puglia Carta geografica Michelin, Italia 363, Milano 2016
Puglia La guida verde Michelin, Milano 2009
Puglia Lonely Planet, Torino 2015
Puglia Le guide Mondadori, Milano 2015
Puglia Touring Club Italiano, Milano 2004
Puglia Meridiani Anno XXVIII n° 22s6, Milano agosto t2015
Italie du Sud Guides Bleus, Vannes 2015
Italia La guida Michelin 2016, Alberghi e Ristoranti, Milano 2016
Salento Touring Editore, Milano 2015
Basilicata Touring Club Italiano, Milano 2004
Salento Meridiani Anno XXIII n° 189, Milano giugno 2010

Puglia – Dall’incanto dei Trulli sconfinando in Basilicata sino alla misteriosa Matera

Puglia – Nel magico Salento

Visitare la città dei sassi è un’esperienza indimenticabile, che da sola vale un viaggio. Alla scoperta di Federico II e del suo Castel del Monte. Le spettacolari coste del Gargano, con la cattedrale di Trani a picco sul mare, per terminare ad Alberello, un autentico paesaggio di fate.

Prosegue il nostro viaggio in Puglia. Dopo aver visitato il Salento con Lecce, capitale del Barocco pugliese, i borghi orientaleggianti di Otranto e Gallipoli e lo splendido litorale del “tacco”, il nostro itinerario circolare in automobile sconfina in Basilicata per visitare Matera, proseguendo poi verso il Gargano e ritornando lungo la costa adriatica con tappa a Trani per terminare il viaggio nel paesaggio fatato di Alberobello.

Una inattesa rinascita
Ero stato assieme a mia moglie a Matera oltre trent’anni fa. Avevamo provato un sentimento di desolazione, quasi di angoscia, di fronte ai “Sassi”, le case-grotta allora abbandonate. Eravamo curiosi di vedere come era cambiata la città in questi decenni e siamo rimasti stupiti. Da vergogna nazionale, come era stata definita all’inizio degli anni Cinquanta, oggi è diventata patrimonio mondiale dell’Unesco. Nel corso degli ultimi decenni le sorti di Matera si sono ribaltate: come mai? Lo si può spiegare rileggendo la storia recente. A portare alla ribalta nazionale e internazionale il suo degrado, quando intere famiglie vivevano nelle case-grotta assieme ai loro animali, fu lo scrittore Carlo Levi con il suo romanzo “Cristo si è fermato a Eboli”, nel quale denunciava la condizione dei contadini del Mezzogiorno italiano. Matera assurse a simbolo della povertà nell’Italia del sud. Per rimediare a questa situazione, nel 1952 il governo democristiano di Alcide De Gasperi votò una legge che prevedeva il risanamento dei “Sassi” in due fasi: dapprima il trasferimento dei 16-20mila abitanti in nuovi quartieri e in seguito il recupero del patrimonio architettonico, nel frattempo abbandonato ed espropriato dallo Stato. Una nuova legge, varata nel 1986, decretò che i “Sassi” potevano essere concessi a costo zero per 99 anni a privati, a condizione che li ristrutturassero rispettando precise condizioni. Oggi circa il 60 per cento delle casegrotta ospita residenti, commerci, strutture ricettive e culturali. La città nel 2015 ha conosciuto un incremento turistico del 44 per cento. Il recupero in corso è attuato con estremo garbo e nel rispetto dei valori del passato, tanto che nel 1993 Matera è stata iscritta dall’Unesco nell’elenco dei beni culturali mondiali e nel 2019 sarà capitale europea della cultura. La visita ai “Sassi” è un’esperienza umana e spirituale unica, è come sfogliare un libro di storia dal vivo. Sì perché le colline delle Murge sono state abitate sin dalla preistoria e nel corso dei secoli hanno visto passare greci, romani, bizantini, normanni, francesi, spagnoli.
La regione dei “Sassi” è tappezzata di scale, porte, finestre, balconcini, case sovrapposte le une alle altre, dove le terrazze sono spesso in corrispondenza al tetto di abitazioni sottostanti. Un labirinto di dimore disposte a gruppi attorno a cortili dove si trova il pozzo comune per recuperare l’acqua piovana attraverso un ingegnoso sistema di canalizzazioni. Si potrebbe dire che si tratta di una città sotterranea, perché dietro alle facciate in mattoni si nascondono profonde grotte scavate nella tenera roccia calcarea.
Nella parte alta della città, sopra i “Sassi” si trovano chiese romaniche ed eleganti palazzi barocchi, costruiti soprattutto tra il Cinquecento e il Settecento, dove vivevano le classi abbienti.
Di fronte alla città, nel Parco della Murgia Materana, si possono visitare antichi villaggi di pastori o di comunità di monaci, pure scavati nella roccia, con romantiche chiesette rupestri (talune affrescate). Dal Parco si gode un panorama straordinario sui ”Sassi” e sulla città alta.
La bellezza di Matera è stata immortalata da grandi registi cinematografici come Pier Paolo Pasolini (Il Vangelo secondo Matteo), i fratelli Taviani (Allonsanfan), Francesco Rosi (Cristo si è fermato a Eboli), Giuseppe Tornatore (L’uomo delle stelle), Mel Gibson (La Passione di Cristo).
Matera merita un soggiorno di una, meglio due notti. Vale forse la pena di visitarla con una guida del posto, soprattutto il Parco della Murgia Materana. Luigi Mazzoccoli, per esempio, che ci ha fatto scoprire la sua terra come fosse un vecchio amico (tel. 0039347 0622542 e-mail info@guida-matera.it). Se ne avete la possibilità soggiornate inoltre all’hotel Sextantio che dispone di splendide camere ricavate da antiche case-grotta; ma anche molti altri alberghi e bed&breakfast offrono questa esperienza.

Castel del Monte
Tornando in Puglia, la prossima meta del nostro itinerario è Castel del Monte, designato dall’Unesco, come Matera, patrimonio dell’umanità. Di forma ottagonale, scandito agli angoli da otto torri anch’esse ottagonali, presenta una pianta essenziale, che avrebbe potuto essere disegnata da un grande architetto del nostro tempo. La struttura ottagonale si suppone che derivi da un compromesso tra il quadrato, che rappresenta l’uomo e la terra, e il cerchio, che corrisponde al cielo e a Dio. Il castello è stato edificato con l’utilizzo di tre pietre: una calcarea di colore beige, la breccia corallina del vicino Gargano ed eleganti marmi venati di grigio importati dall’Oriente. La costruzione durò vent’anni e sulla sua destinazione – a scopi difensivi o ritrovo di caccia? – gli storici discutono tuttora. Non si sa nemmeno chi sia stato il progettista, ma si pensa che avrebbe potuto essere lo stesso committente Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero e nipote del Barbarossa: un incontro davvero interessante. Personaggio poliedrico, considerato “grande cavaliere dell’intelletto”, fu importante statista e innovatore in campo legislativo. Innamorato del sud Italia – trascorse l’infanzia in Sicilia – e della Puglia, alla sua corte ospitò letterati, matematici, astronomi, musicisti e medici.

Sulla litoranea nel Gargano
Proseguiamo verso nord alla scoperta del Parco nazionale del Gargano, che ammiriamo in un primo approccio dalle torri del castello di Monte Sant’Angelo – un’altra creazione di Federico II – da cui il panorama è davvero eccezionale. Ma prima di raggiungere la costa percorrendo la spettacolare S89, che porta a Mattinata, visitiamo il santuario, uno dei più antichi della cristianità e anch’esso patrimonio dell’umanità. Secondo la tradizione, nell’anno 490 l’arcangelo San Michele, capo delle milizie celesti, sarebbe apparso al vescovo di Siponte. Per celebrare l’avvenimento fu edificata una chiesa, in parte scavata nella roccia, che all’epoca delle crociate divenne una tappa obbligatoria sulla via verso la Terrasanta.
Giunti a Mattinata, per ammirare i magnifici paesaggi costieri è necessario seguire le indicazioni “litoranea” che portano sulla statale P53. La tratta più spettacolare è quella tra Mattinata e Vieste, passando dalla Baia delle Zagare e deviando sulla P54 verso Pugnochiuso e le due torri a picco sul mare di Portogreco e Campi. Ritornati sulla P53 si ammirano splendidi panorami anche da Testa del Gargano. All’entrata di Vieste, a Pizzomunno, si viene accolti da un singolare scoglio isolato sulla spiaggia che sembra una scultura moderna. La bianca cittadina con pittoreschi vicoli offre belle vedute sul mare, in particolare dal castello di Federico II. A questo punto vale la pena tornare a Mattinata percorrendo un tratto di Foresta Umbra: boschi fittissimi di faggi, aceri, pini, tigli, querce e castagni.

La cattedrale in riva al mare
La tappa successiva del nostro itinerario è Trani, città particolarmente amata da Federico II, con il castello e la cattedrale in riva al mare, un pittoresco porto con un bel nucleo medievale alle spalle e alcune vie signorili con palazzi seicenteschi. L’Adriatico è splendido. Tanto che la principessa Diana nel 1981, durante il suo viaggio di nozze con Carlo d’Inghilterra, lo definì di seta. Ed è proprio sul blu di queste acque che si staglia la cattedrale, ambasciatrice del romanico pugliese con la sua sobria austerità. Solitaria, in riva al mare, è dedicata a san Nicola. Fondata nell’XI secolo è stata costruita sopra la precedente basilica di santa Maria, dietro al cui altare si apre la cripta di san Nicola. A sua volta Santa Maria poggia sull’Ipogeo di san Leucio del V secolo. Si tratta insomma di tre chiese sovrapposte.

Borghi incantati
Il nostro percorso circolare continua verso Polignano a mare, una delle località più fotografate dell’intera costa adriatica. Il suo candido e pittoresco centro storico, di origine greca, arroccato sulle scogliere a picco sul mare presenta uno splendido quadro d’insieme. Le case basse imbiancate a calce sono addossate l’una all’altra e si affacciano su una ragnatela di viottoli. Molte sono provviste di terrazze con vista sul mare azzurro tanto caro a Domenico Modugno, il cittadino più celebre del borgo. La falesia è caratterizzata alla sua base da numerose grotte erose dal mare. Il moto ondoso offre uno spettacolo spumeggiante con suoni impetuosi.
Ciò che sorprende di questo viaggio in Puglia è certamente la bellezza dei numerosi borghi e cittadine. Un’altra perla è Ostuni, che sorge su una collina a pochi chilometri dal mare, circondata da uliveti centenari che affondano le loro radici nella terra rossa. Il centro storico della cosiddetta “città presepe” è racchiuso da mura e torrioni cilindrici. Per sfruttare lo spazio all’interno della muraglia protettiva anche qui le case sono addossate le une alle altre e collegate tra loro da archi e scalinate in un tortuoso dedalo di vicoli, molti dei quali a fondo cieco. Splendida la quattrocentesca facciata della cattedrale che sorge sulla cima della collina, a cui si accede dalla via principale che si snoda fra palazzi signorili.
La Masseria Cervarolo, situata a 7 chilometri da Ostuni sulla strada per Martina Franca è un ottimo luogo dove pernottare. Si tratta di una struttura cinquecentesca convertita in elegante dimora di campagna con raffinati arredi di artigianato pugliese. Tre camere sono situate in altrettanti trulli, che facevano parte del complesso. Ottima anche la cucina e la selezione di vini locali.

La terra degli ulivi
Ed eccoci immersi allora nella magica zona dei trulli, che si estende tra Cisternino, Locorotondo, Alberobello e Martina Franca (Valle dell’Itria). Una campagna armoniosa e fertile, dalla terra rossa cosparsa di ulivi e di trulli che attribuiscono un tocco fiabesco al paesaggio intervallato da villaggi rupestri e borghi medievali. Tra questi ultimi spiccano Cisternino, spettacolare punto panoramico sulla valle dei trulli con il suo antico fascino un po’ orientale, e Locorotondo, con le basse case bianche raccolte in tondo (da qui il nome) attorno all’imponente chiesa matrice di san Giorgio.
Una svagatezza, una dolcezza del vivere che sembra impressa nei suoi lineamenti”. Così lo scrittore Carlo Castellaneta ha definito Martina Franca, unica città della Valle dell’Itria. Il centro storico, cinto da bastioni, conserva nelle vie centrali un pittoresco complesso barocco e rococò. Man mano che ci si allontana dalle vie “nobili” i palazzi signorili lasciano il posto alle piccole case bianche e basse tipiche della regione.

La capitale dei trulli
Il nostro viaggio in Puglia si conclude in un paesaggio incantato. Se nella valle dell’Itria si incontrano piccoli agglomerati di trulli dispersi nella campagna, ad Alberobello essi formano invece un vero e proprio villaggio protetto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Nella capitale dei trulli questi camini delle fate sono infatti addossati l’uno all’altro. Il bianco delle pareti cilindriche contrasta con il grigio dei tetti in pietra. Gli ambienti interni sono a pianta quadrata con nicchie e vani lungo le pareti. Tutte le stanze comunicano con quella del trullo centrale, come si può ben vedere nel Museo del Territorio, che racconta la storia di queste costruzioni. La città è disposta su due colline: quella di Aia Piccola, che ospita 590 trulli adibiti soprattutto ad abitazione, e quella del più vasto Rione Monti, una zona che mantiene il suo fascino nonostante quasi tutti i trulli siano stati destinati a scopi turistici.
Curiosa è l’origine di queste abitazioni. Si racconta che un ingegnoso conte di Acquaviva, soprannominato il Guercio di Puglia, non possedendo l’autorizzazione regia per fondare un nuovo villaggio, emanò un decreto con il quale impose ai suoi contadini di costruire abitazioni a secco, senza l’uso di malta, cosicché, in caso di ispezioni governative le case avrebbero potuto essere smontate e poi riedificate.

Itinerario
1° giorno (150 km) Bari – Lecce
2° giorno (170 km) Lecce – Galatina – Solito – Otranto – Marina di Leuca – Marina di Pesculuse – Gallipoli
3° giorno (170 km) Gallipoli – Nardò – Massafra – Matera
4° giorno (100 km) Visita guidata dei Sassi di Matera – Matera – Altamura – Castel del Monte – Montegrosso
5° giorno (241 km) Montegrosso – Mattinata – Vieste – Peschici – Vico del Gargano – Monte Sant’Angelo – Mattinata
6° giorno (220 km) Mattinata – Trani – Polignano a Mare – Monopoli – Ostuni
7° giorno (80 km) Ostuni – Martina Franca – Locorotondo – Alberobello – Cisternino
8° giono (90 km) Ostuni – Bari

Per saperne di più
Puglia Carta geografica Michelin, Italia 363, Milano 2016
Puglia La guida verde Michelin, Milano 2009
Puglia Lonely Planet, Torino 2015
Puglia Le guide Mondadori, Milano 2015
Puglia Touring Club Italiano, Milano 2004
Puglia Meridiani Anno XXVIII n° 22s6, Milano agosto t2015
Italie du Sud Guides Bleus, Vannes 2015
Italia La guida Michelin 2016, Alberghi e Ristoranti, Milano 2016
Salento Touring Editore, Milano 2015
Basilicata Touring Club Italiano, Milano 2004
Salento Meridiani Anno XXIII n° 189, Milano giugno 2010

Barolo – La terra del vino dei re e re dei vini

Da uno splendido paesaggio nasce il Barolo, “vino dei re”

Un itinerario nelle Langhe, a sud di Alba, tra armoniose colline su cui sorgono villaggi con graziose chiesette addossate a poderosi castelli. Dove la vigna è protagonista del paesaggio e della cultura.

Un itinerario nella terra del “vino dei re e del re dei vini”: il Barolo. Nelle Langhe a sud di Alba, il nostro percorso si snoda tra armoniose colline battute dal vento. Sul crinale sorgono villaggi con graziose chiesette addossate a poderosi castelli. Protagonista del paesaggio è la vigna “che sale sul dorso di un colle fino a incidersi nel cielo” con i suoi filari ordinati come “quinte di una scena favolosa, in attesa di un evento” (Cesare Pavese, “Feria d’agosto”). La stagione migliore per visitare questa incantevole regione è l’autunno, quando i vigneti si tingono di un tripudio di colori, che vanno dal giallo al rosso. Ma è affascinante anche in primavera, quando le nebbioline del mattino si alzano lentamente e le colline appaiono come “se si togliesse loro il vestito da sotto in su” (Beppe Fenoglio, “I ventitrè giorni della città di Alba”), così come in estate, quando il sole avvolge la vigna portandola a maturazione.
Già Plinio diciassette secoli fa scriveva che le argille attorno ad Alba erano adatte alla vite. Secondo gli storici, per trovare le origini del vino Barolo bisogna però risalire al XIII secolo, quando i membri della famiglia Falletti, acquistando un castello dal comune di Alba, divennero Marchesi di Barolo. A intuire l’enorme potenzialità viticola della regione fu agli inizi dell’Ottocento una nobildonna francese, Juliette Colbert di Maulévrier pronipote del famoso ministro delle finanze di Re Sole, che sposò nel 1807 il Marchese di Barolo Carlo Tancredi Falletti. Juliette comprese che per rivelare tutte le qualità tipiche del suolo e del vitigno era necessaria una lunga fermentazione e un prolungato affinamento in botti di legno.
La tradizione narra che re Carlo Alberto di Savoia (1798-1849) rimproverasse la marchesa “imperocché mai gli aveva fatto gustare quel famoso vino del quale tanto aveva sentito parlare”. Cosicché, secondo la leggenda, la marchesa caricò una lunga fila di carri trainati da buoi con 325 carrà, piccole botti, una per ogni giorno dell’anno, escluso il periodo della Quaresima. Ogni botte, di circa 500 litri ciascuna, conteneva vino proveniente dalle diverse tenute della proprietà. La soddisfazione di Carlo Alberto fu tale che decise di acquistare il castello di Verduno con gli annessi vigneti e affidò la vinificazione delle uve a un generale e famoso enologo, Paolo Francesco Staglieno, il quale introdusse nuovi metodi di vinificazione. Alcuni anni più tardi fu un altro sovrano, Vittorio Emanuele II, a dare lustro all’etichetta acquistando pure lui un’importante tenuta: quella di Fontanafredda a Serralunga d’Alba, nel cuore della regione, alla quale è legata la piccante storia di cronaca rosa che legò il re alla Bella Rosin.
Un’altra famosa figura della storia d’Italia lega il suo nome al Barolo: il conte Camillo Benso di Cavour, proprietario del castello di Grinzane e dei contigui vigneti, che a metà Ottocento modernizzò la produzione e commercializzò il Barolo rendendolo famoso nelle corti di tutta Europa.

Tra le colline del Barolo
Il Barolo viene vinificato in undici comuni: Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga (dove si produce esclusivamente questo vino), Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi. Per gli amanti del trekking esistono 250 chilometri di sentieri segnalati che attraversano tutta le regione collegando queste undici località. Anche l’itinerario in automobile che proponiamo in questa pagina tocca tutti i comuni, iniziando a percorrere il perimetro della zona per poi entrare nel cuore della regione e terminare al museo del vino di Barolo.
La nostra prima tappa prevede la visita di un altro interessante museo, dedicato alla storia e allo sviluppo del “vino dei re”, oltre che del tartufo. Il percorso inizia infatti dalla visita di Grinzane e del suo imponente castello, che fu abitato dal 1832 al 1849 dal grande statista Camillo Benso di Cavour, padre dell’unità d’Italia. L’ottima audioguida del museo racconta l’impegno del conte di Cavour per rinnovare la produzione del Barolo e per diffonderlo in tutto il continente. La maestosa costruzione, realizzata attorno alla torre centrale della prima metà dell’XI secolo, ospita ogni anno un prestigioso premio letterario e l’asta mondiale del tartufo, che si tiene a fine ottobre-inizio novembre e alla quale sono collegati via internet gourmet da tutto il mondo: l’anno scorso ha fruttato oltre 300 mila euro.
Si prosegue in direzione di Sinio, dove il locale castello ospita un interessante albergo gestito da una cittadina italo americana. Si prosegue, lungo una strada romantica, verso Serralunga, un piccolo borgo ad anelli concentrici, che si arrampica a spirale sulla collina fino al suo imponente e slanciato maniero duecentesco, che dal terzo piano offre un panorama straordinario sui dolci declivi della Langa, punteggiata da paeselli. La tappa successiva è Monforte d’Alba, dove una ragnatela di viuzze culmina in un’antica torre campanaria. Novello è caratterizzato dal castello in stile neogotico, dalla parrocchiale barocca e dalla Bottega del vino ospitata nella cripta di una chiesa sconsacrata. A Cherasco, capitale italiana delle lumache, il castello visconteo rievoca il passato di piazzaforte militare dei Savoia. La graziosa cittadina propone ampie strade porticate con nobili architetture, che vanno dal medioevo all’età barocca. Il nostro circuito perimetrale ad anello si conclude a Verduno e a Roddi, dove dai rispettivi manieri si aprono splendidi panorami su Langhe, Monferrato e Alpi.
A questo punto l’itinerario prosegue penetrando nel cuore della regione, dapprima a Castiglione Falletto, quindi all’antico borgo medioevale di La Morra, che si distende a ventaglio e offre panorami mozzafiato sul borgo di Barolo, ultima tappa del nostro percorso. Situato in una conca aperta, tra armoniose colline, le sue case sono addossate all’importante castello dei Falletti, Marchesi di Barolo, che diedero il nome al “vino dei re”. Un interessante e innovativo museo, con ottima audioguida, si sofferma sul vino nella storia e nell’arte, in cucina e nel cinema, nella musica e nella letteratura, nei miti universali e nelle tradizioni locali. L’esposizione è anche un omaggio alla storia del castello e ai personaggi illustri che lo hanno abitato: la nobildonna francese Juliette Colbert che divenne marchesa di Barolo e fu la prima, come abbiamo visto, a intuire nella prima metà dell’Ottocento le grandi potenzialità di questo vino e il patriota Silvio Pellico, uno dei grandi protagonisti del Risorgimento italiano, che qui fu bibliotecario dei Falletti e di cui sono conservate intatte la camera e lo studio.
L’itinerario si conclude nel modo più appagante negli scantinati del castello, che tennero a battesimo questo vino leggendario e che oggi ospitano l’Enoteca Regionale del Barolo, rappresentativa degli undici borghi della regione, con una vastissima scelta di etichette e di annate memorabili.

Soggiornare al Castello come a casa di amici
Quando arrivate al Castello di Sinio avete l’impressione di essere accolti a casa di amici. Suonate a un cancello che si affaccia sulla piazza del borgo, vi aprono, salite per un centinaio di metri in auto ed entrate nell’incantevole corte del maniero: ad attendervi c’è la proprietaria Denise Pardini con il suo staff, che vi spiega tutto della regione e dei suoi straordinari vini. L’albergo ha una ventina di camere, a prezzi accessibili per quanto offre, e dal mercoledì alla domenica sera la signora Denise vi delizia con la sua cucina tipica piemontese, ritoccata con un pizzico di modernità. “Conosco bene le ricette tailandesi, cajun e marocchine, ma in questa regione non mi permetterei mai – afferma – di allontanarmi dalla tradizione”. La carta dei vini è notevole e oltretutto la signora conosce tutte le bottiglie e le relative annate perché le ha acquistate lei stessa dai produttori, così come ogni piatto presentato in tavola esce dalle sue mani. Un posto davvero unico e particolare, come la storia della sua affascinante proprietaria.
Denise Pardini è nata a San Francisco da una famiglia lucchese di emigrati italiani. Le sue prime esperienze in cucina risalgono all’età di sette anni, quando talvolta preparava il pranzo ai suoi sei fratelli. La passione per l’enogastronomia la spinge verso la ristorazione e la induce ad aprire due ristoranti nella metropoli californiana: uno di cucina italiana. Dopo qualche anno cambia vita e si dedica al marketing nella vicina Silicon Valley. “A quei tempi – ricorda – era ancora possibile vivere nuove esperienze anche senza una formazione specifica”. Raggiunge posizioni al vertice in due aziende informatiche. Nel 1990 si prende un anno sabbatico, che decide di trascorrere in Italia approfondendo la lingua italiana parlata nell’infanzia in famiglia, ma ormai quasi dimenticata. Visita la Toscana, sua terra d’origine, le Marche, l’Umbria, il Lazio per poi approdare in Piemonte, dove viene a sapere che il castello di Sinio è in vendita. È amore a prima vista, “anche se si trovava in condizioni pietose”. Dedica quindici anni della sua vita e investe tutti i suoi averi nel progetto di trasformarlo in un elegante ma familiare albergo, che ha aperto i battenti nel 2005. Da dieci anni questo castello è un’oasi di accoglienza: provare per credere!

Itinerario
L’itinerario visita 11 comuni in cui viene prodotto il vino Barolo; ha una lunghezza di un centinaio di chilometri e richiede circa due giorni. Si incontrano nell’ordine: Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Serralunga (passando per Sinio), Monforte d’Alba, Novello, Cherasco, Verduno, Roddi, Castiglione Falletto, La Morra e Barolo.

Per saperne di più
Piemonte Guida d’Italia, Touring Club Italiano, Milano 1976
Piemonte, Valle d’Aosta Guide d’Italia, Touring Club Italiano, Milano 2001
Italia La Guida Michelin 2015 (alberghi e ristoranti)

Da uno splendido paesaggio nasce il Barolo, “vino dei re”

Barolo – La terra del vino dei re e re dei vini

Da oltre trent’anni frequento l’Enoteca Bava a Cannobio sul Lago Maggiore e dal suo titolare Giuseppe Bava ho imparato ad apprezzare il vino e a capire che i gusti evolvono. La grande passione dell’amico Giuseppe è sempre stata il Barolo, che io non ho mai saputo apprezzare più di tanto. Ogni volta che ci incontravamo per una degustazione mi diceva: “Vedrai che prima o poi arriverai a capire questo grande vino”. Non vi dico la sua soddisfazione quando ho iniziato a gradire il cosiddetto “vino dei re”. “Certo – mi dice Giuseppe – ci hai messo molti anni, ma il Barolo è un punto di arrivo, non di partenza. Comunque chi ama il vino prima o poi finisce per capirlo”. “A un cliente giovane – afferma Francesco, uno dei due figli che lavorano con Giuseppe – non offrirei mai un Barolo. Inizierei con altri vini, più facili”. Come i Chianti o i cosiddetti Supertuscan? “Sono vini che hanno un raggio di gradimento più vasto, mentre il Barolo è un po’ come il Bourgogne, difficile da vinificare e anche da gustare”. Ma, chiedo ancora a Giuseppe Bava, non è che i Baroli moderni siano più semplici rispetto a quelli classici? “Quelli di oggi sono pronti per essere bevuti, mentre quelli classici andavano invecchiati per dare il meglio. Sono però del parere che il vino vada acquistato per essere bevuto, non per finire in cantina, per cui credo che nella vinificazione del Barolo siano stati compiuti grandi progressi negli ultimi trent’anni. Anch’io preferisco ai classici i moderni, che per altro sopportano benissimo anche l’invecchiamento”.

Pure Paolo Basso, il campione del mondo dei sommelier, non ha dubbi in proposito: “In trent’anni – afferma – il Barolo ha fatto passi da gigante”. Come mai? “Fino agli anni Ottanta erano in pochi a vinificarlo. Tutto è cambiato quando alcuni giovani enologi, preparati, diplomati, con grande talento, hanno creato le loro cantine di produzione e hanno saputo andare oltre al cosiddetto Barolo classico – dietro al quale talvolta si nascondevano anche palesi difetti – pur rimanendo fedeli alla tradizione. Più che di vini moderni – aggiunge Basso – parlerei di prodotti più professionali che migliorano invecchiando”. Anche se lei consiglia di non conservare troppo a lungo i vini in cantina. “Diciamo che un Barolo entra nella sua pienezza dopo 10 anni. È come con le persone: si può essere simpatici da giovani, così come quando si raggiunge la maturità”. Non manca chi rimpiange i vecchi metodi di produzione… “Sa, è un po’ come chi preferisce alle auto moderne quelle d’epoca, che sono scomode, pericolose e inquinanti, ma magari ricordano loro gli anni spensierati della giovinezza”. Come considera il “vino dei re” a livello internazionale? “Come uno dei grandi al mondo, che oggi, grazie alla qualità e a un marketing intelligente, non può mancare sulla carta di un grande ristorante”. E quanto all’abbinamento con il cibo? “Certamente si accorda con i gusti della tradizione piemontese carni a lunga cottura e tartufi – o simili”. Qui vi presento un itinerario nella regione del Barolo